Un nuovo studio evidenzia la relazione tra la pratica del cryptojacking e Monero.
Gli esperti di Palo Alto Networks ritengono che i token di Monero (XMR/USD) estratti illegalmente tramite cryptojacking rappresentino il 5% del circolante, ovvero circa 16.000 XMR. Secondo uno studio pubblicato due giorni fa, gli hacker hanno guadagnato 175 milioni di dollari minando illegalmente questa criptovaluta.
Dai risultati di questa indagine emerge inoltre che il 90% dei malware sfruttati dagli hacker sono specificamente destinati al mining di Monero, mentre solo l’8,5% si concentra sul bitcoin.
In genere si tratta comunque di quantitativi abbastanza contenuti, se si guarda ai singoli wallet con la “refurtiva”: solo il 10% dei portafogli hacker contiene almeno 100 XMR (l’equivalente di circa 12.000 dollari alle quotazioni attuali), e solo il 4% ha più di 1.000 XMR.
Il motivo principale è che questi programmi sono designati per minare criptovalute attraverso il dispositivo di un utente ignaro e quindi devono svolgere la loro attività nel modo più discreto possibile.
“Combattere i miner di criptovalute che agiscono per mezzo di malware non è facile. Molti sviluppatori riducono il consumo di CPU oppure progettano il malware in modo tale che il mining venga effettuato solo in certi momenti, come quando il proprietario del computer non è attivo”, dicono i ricercatori di Palo Alto Networks.
Complessivamente nel 2018 gli hacker hanno già guadagnato circa un miliardo di dollari grazie alle criptovalute. Oltre al mining illegale, il modo più diffuso è sequestrare i dati degli utenti di computer e chiedendo loro un riscatto in cambio (ransomware). La preferenza concessa a Monero per questo tipo di operazioni si spiega con la possibilità di minare e trasferire questa criptovaluta in modo totalmente anonimo.
A cura di Corrado Nizza