La direttrice del Fmi è preoccupata dall’impatto ambientale del mining.
L’estrazione di criptovalute è diventata troppo dispendiosa dal punto di vista energetico, secondo il capo del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde.
“Il mining di bitcoin, che è questo uso accelerato e aumentato di computer per determinare effettivamente il valore e incentivare il funzionamento del meccanismo, richiede un consumo di energia troppo intensivo”, ha detto oggi la Lagarde all’annuale World Economic Forum di Davos in un’intervista con Bloomberg.
E ha aggiunto:
“Riteniamo che nel 2018, se continuerà, quel sistema consumerà la stessa quantità di elettricità dell’Argentina”.
A quanto riportato da Bloomberg, i miner della criptovaluta consumano più di 37 gWh al giorno, una quantità di energia equivalente a 30 reattori nucleari da 1,2 gigawatt funzionanti a piena capacità.
Il capo del Fmi ha echeggiato in parte alcuni timori già espressi da Pechino, che sta pensando di approvare delle nuove norme che finirebbero col limitare il business delle mining farm.
“In tempi di cambiamenti climatici e quando guardiamo a quanto carbone viene usato in alcune province cinesi per estrarre il bitcoin, [il mining] è fonte di grande preoccupazione”, ha dichiarato Lagarde.
L’intervista si è fermata anche sul ruolo più preminente che, secondo la numero uno del Fmi, dovranno assumere governi e banche centrali nei confronti dell’uso del bitcoin, in modo da “proteggere la stabilità finanziaria”.