La piattaforma di cambio valuta è offline da alcuni giorni dopo l’arresto del suo proprietario.
Dal 2014 a oggi il 95% dei bitcoin ottenuti dal pagamento delle estorsioni condotte tramite Ransomware sono stati convertiti in valute tradizionali tramite la piattaforma BTC-e.
È quanto rivela uno studio nato da una collaborazione tra Google, Chainalysis, società di analisi specializzata nella tecnologia blockchain, e ricercatori delle Università di California, San Diego e New York.
I ricercatori hanno analizzato 34 famiglie di ransomware basandosi su un insieme iniziale di dati, corrispondente a 154.227 binari ransomware, poi espansi a 301.588. Questo progetto, chiamato “Tracking Ransomware End to End”, ha fornito un quadro complessivo dei pagamenti legati alle estorsioni condotte dal 2014 in avanti.
Il 2016 è stato l’anno più redditizio per i ricattatori: in questo periodo sono riusciti a mettersi in tasca ogni mese 2 milioni di dollari o più.
Due famiglie di ransomware in particolare, Locky e Cerber, hanno guadagnato rispettivamente 7,8 milioni di dollari e 6,9 milioni di dollari nel 2016.
Il co-proprietario di BTC-e, Alexander Vinnik, è stato arrestato con l’accusa di riciclaggio di denaro tramite bitcoin (Bitcoin). L’uomo è anche accusato di aver riciclato del denaro legato all’hack dell’exchange giapponese Mt. Gox, che nel 2014 costretto a chiudere dopo che un hacker rubò circa 475 milioni di dollari in bitcoin.