La Turchia ignora l’Occidente e continua a bombardare le milizie curde in Siria
REUTERS/Bassam Khabieh
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Domenica la Turchia ha bombardato i ribelli curdi sostenuti dagli Stati Uniti nel nord della Siria, nel tentativo di ottenere il controllo di una base aerea abbandonata in prossimità dei suoi confini e ignorando così le richieste di Washington, Parigi e Berlino.

Ankara sta attaccando le milizie dell’YPG, considerate come un’estensione del gruppo fuorilegge PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan che è anche la maggiore organizzazione politica e militare curda in Turchia.

Tra gli obiettivi colpiti dalla Turchia figura la base aerea di Menagh, che i membri dell’YPG hanno conquistato giovedì dagli estremisti islamici siriani. La maggior parte del confine settentrionale della Siria con Turchia è sotto il controllo dell’YPG.

La posizione degli Stati Uniti

Il Vice Presidente USA Joe Biden ha chiesto alla Turchia di cessare gli attacchi contro le forze curde nel nord della Siria, manifestando allo stesso tempo il suo supporto verso Ankara nel conflitto contro Partito dei Lavoratori del Kurdistan e Isis.

Un comunicato della Casa Bianca, a seguito di una conversazione telefonica tra Biden e il Primo Ministro turco Ahmet Davutoğlu, ha riferito:

“Il vice presidente [Biden] ha fatto notare gli sforzi degli USA per scoraggiare le forze dei curdi siriani dall’approfittare delle circostanze attuali per annettere altri territori al confine turco e ha chiesto alla Turchia di mostrare lo stesso equilibrio nel cessare gli attacchi nell’area”.

Secondo quanto detto nel comunicato, Biden e Davutoğlu hanno anche promesso di lavorare insieme per proteggere le persone disperse nel nord-ovest della Siria e si assicureranno che i corridori umanitari per Aleppo resteranno aperti.

Nei riguardi di PKK e Isis il vice presidente Biden ha poi “espresso supporto alla Turchia nel combattere il terrorismo del PKK e i due leader hanno riaffermato il loro obiettivo comune di sconfiggere l’Isis e di lavorare verso la fine delle ostilità, come deciso a Monaco (il 12 febbraio)”.

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