El Chapo: la prima intervista della sua vita
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Insider.Pro pubblica la traduzione della prima intervista al signore della droga messicano Joaquín Guzmán, conosciuto come El Chapo, avvenuta per la rivista Rolling Stone.

Il fondatore del cartella di Sinaloa, 58 anni, era stato catturato il febbraio dello scorso anno, dopo più di dieci anni di fuga dalla giustizia.

Ma poi accaddè l’impossibile. El Chapo, uno dei maggiori trafficanti di droga del mondo, è riuscita a scappare. Il leader del cartello di Sinaloa, è fuggito dalla prigione di massima sicurezza di El Altiplano attraverso un tunnel di 1.500 metri.

La sua fuga ha rappresentato un duro colpo per le autorità messicane e sono seguite diverse polemiche sulla corruzione della polizia.

Gli USA si sono uniti alla caccia del trafficante.

Dopo parecchi mesi di ricerche, la polizia è riuscita a trovarlo. A quanto pare l’intervista che il signore della droga ha tenuto con l’attore Sean Penn, pubblicata domenica da Rolling Stone, ha contribuito alla sua cattura.

Qui di seguito alcune domande e risposte tratte dall’intervista:

- Come è stata la tua infanzia?

- Ricordo tutto fin da quando avevo 6 anni. Eravamo una famiglia molto umile, molto povera, ricordo che mia madre faceva pane per mantenerci. Io lo vendevo, insieme ad arance, bibite e caramelle. Mia madre era una grande lavoratrice. Coltivavamo granoturco e fagioli. Io badavo al bestiame di mia nonna e tagliavo la legna.

- Come sei entrato nel business della droga?

- Be’, fin dall’età di 15 anni sono cresciuto in un ranch chiamato La Tuna, che si trova a Badiraguato. In quest’area non ci sono opportunità lavorative; l’unico modo per guadagnarsi da vivere è coltivare oppio e marijuana ed è a quell’età che ho cominciato a coltivarla e a venderla. Questo è quello che posso dirti.

- In che circostanze hai lasciato la tua città? Come hai esteso l’attività?

- Ho lasciato il ranch a 18 anni e sono andato a Culiacan, poi a Guadalajara, ma non ho mai smesso di visitare il ranch, ancora oggi, perché mia madre, grazie a Dio, è ancora viva ed abita ancora lì. È così che sono andate le cose.

- Come è cambiata da allora la vita della tua famiglia?

- I miei figli, i miei fratelli e i miei nipoti stanno tutti bene. Va tutto bene, è tutto normale.

- E come stai gestendo la tua nuova libertà?

- Be’, ne sono felice, la libertà è una gran bella cosa e la pressione, be’, per me è normale, perché è da tempo ormai che devo stare attento in alcune città e no, non credo che la mia salute o la mia mente ne stiano risentendo. Mi sento bene.

- È vera l’opinione comune secondo cui le droghe distruggono l’umanità e sono dannose?

- Be’, che le droghe siano distruttive è un dato di fatto. Sfortunatamente, come ho detto prima, il posto in cui sono cresciuto non offriva e ancora non offre altre possibilità di sopravvivenza, nessun altro modo di inserirsi nell’economia per guadagnarsi da vivere.

- Ti ritieni davvero responsabile dell’alto livello di tossicodipendenza nel mondo?

- No, questo è falso, perché il giorno in cui io non ci sarò più, la dipendenza da droghe non diminuirà. Il traffico di droga? No, è falso.

- La tua attività si è espansa mentre eri in prigione?

- Da quanto ne so, è rimasto tutto uguale. Non c’è stato né un aumento né un calo.

- Che mi dici della violenza legata a questo tipo di attività?

- In parte è dovuta al fatto che alcuni crescono già con dei problemi e c’è molta invidia e vengono sfruttate le informazioni contro altri. È questo che crea violenza.

- Ti consideri una persona violenta?

- No, signore.

- Sei incline alla violenza o la usa come ultima risorsa?

- Non faccio altro che difendermi, niente di più. Non sono mai io ad andare in cerca di guai.

- Cosa pensi della situazione in Messico? Quali sono le prospettive di questo paese?

- Be’, il traffico di droga fa già parte di una cultura ancestrale. E non solo in Messico, ma in tutto il mondo.

- Secondo te la tua attività, la tua organizzazione è considerabile un cartello?

- No, signore, niente affatto, perché la gente che dedica la sua vita a questa attività non dipende da me.

- Come si è evoluto questo business nel tempo da quando hai cominciato?

- Ci sono molte differenze. Oggi ci sono molte droghe, mentre allora conoscevamo soltanto la marijuana e l’oppio.

- E come sono cambiate le persone da allora?

- Sono cambiate molto, perché oggigiorno le città diventano sempre più grandi e il numero delle persone aumenta e ci sono diversi modi di pensare.

- Quali sono le prospettive di questo business? Pensa che finirà per scomparire? Oppure che crescerà?

- No, non finirà, perché siamo sempre di più e quindi non avrà mai fine.

- Pensi che le attività terroristiche in Medio Oriente influiranno in qualche modo sul futuro del traffico di droga?

- No, signore. Non faranno nessuna differenza.

- Tu sai come sono stati gli ultimi giorni di Escobar. Come pensi che saranno i tuoi?

- So che un giorno morirò. Spero che sarà per cause naturali.

- Il governo degli Stati Uniti ritiene che quello messicano non voglia arrestarti, ma ucciderti. Tu cosa pensi?

- No, ovviamente penso che se mi troveranno, mi arresteranno.

- Quale credi che sia l’impatto della tua attività sul Messico? Credi che ce ne sia uno?

- No, niente affatto.

- Perché?

- Perché il traffico di droga non dipende soltanto da una persona, ma da un mucchio di persone.

- A chi credi sia da imputare la colpa, a quelli che vendono droghe o a chi ne fa uso, creando quindi una domanda? Che rapporto c’è tra produzione, vendita e consumo?

- Se non ci fosse consumo, non ci sarebbero vendite. Il consumo cresce ogni giorno di più. E di conseguenza anche le vendite.

- Sentiamo sempre dire che l’avocado fa bene, che il lime fa bene o che il guanabana fa bene. Ma non sentiamo nessuno pubblicizzare le droghe. Hai fatto qualcosa per indurre il pubblico a consumare più droghe?

- Niente affatto. Attirerebbe l’attenzione. La gente vuole semplicemente sapere com’è.

- Tu hai dei sogni? Ti capita mai di sognare?

- Quelli normali, ma sogni a occhi aperti, no.

- Ma devi pur avere un sogno, qualche speranza nella vita.

- Voglio vivere con la mia famiglia i giorni che Dio vorrà concedermi.

- Se potessi cambiare il mondo, lo faresti?

- Mi sta bene così com’è.

- Che rapporto hai con tua madre?

- Con mia madre? Un rapporto perfetto.

- È basato sul rispetto?

- Sì, signore, sul rispetto, sull’affetto e sull’amore.

- Come immagini il futuro dei tuoi figli?

- Lo immagino benissimo. Staranno bene. Sono molto vicini.

- Che mi dici della tua vita? Come è cambiata da quando sei scappato?

- Sono molto felice, perché sono libero.

- Hai mai fatto uso di droghe?

- No, signore. Molti anni fa, sì, le ho provate. Ma non sono mai stato un tossicodipendente.

- Quanto tempo fa?

- Non tocco droghe da 20 anni.

- Non ti preoccupa che la tua fuga possa mettere in pericolo la tua famiglia?

- Sì, signore.

- Durante la tua ultima fuga, hai perseguito la libertà a ogni costo, a spese di chiunque altro?

- Non ho mai voluto far del male a nessuno. Non ho fatto altro che pregare Dio e le cose sono andate bene. È andato tutto nel migliore dei modi. Sono qui, grazie a Dio.

- Vale la pena di ricordare che, in occasione delle tue due fughe, non c’è stato alcun spargimento di sangue.

- Con me non si è arrivati a tanto. In altre situazioni le cose sono andate diversamente, ma qui non abbiamo fatto uso di violenza.

- Tenendo in mente quanto è stato scritto su di te, quanto si può vedere in TV e quello che dicono di te in Messico, che tipo di messaggio vorresti trasmettere al popolo messicano?

- Be’, posso dire che è normale avere sentimenti contrastanti, perché alcuni mi conoscono e altri no. È per questo che dico che è normale. Chi non mi conosce può avere dei dubbi sul fatto che io sia o meno una brava persona.

-Se ti chiedo di descriverti come persona, di fingere di non essere Joaquin, ma la persona che lo conosce meglio di chiunque altro al mondo, come ti descriveresti?

- Be’, se lo conoscessi davvero, direi che è una persona che non cerca guai in nessun modo. In nessun modo.

Fonte: Rolling Stone

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