I giganti di Internet non proteggono i dati come dovrebbero?
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Le più grandi compagnie tecnologiche del mondo ottengono valutazioni insoddisfacenti riguardo i diritti sui dati personali.

Società come Google e Facebook non offrono agli utenti le informazioni di base sulla privacy e sulla censura. “La compagnia migliore ha ottenuto una D”, dichiara un think tank.

Le più importanti compagnie tecnologiche del mondo falliscono quando si tratta di privacy e di libertà di espressione, secondo la valutazione finora più complessiva delle loro condizioni di accordo per gli utenti.

“Se questo fosse un esame, quasi tutti fallirebbero”: come i giganti tecnologici negano i vostri diritti digitali.

Compagnie tecnologiche tra cui i colossi americani Facebook, Google e Microsoft, le compagnie telefoniche più importanti in Europa, Vodafone e Orange, Tencent della Cina e Daum Kakao della Corea (produttore di Kakao Talk, forte di 140 milioni di utenti) sono tra le imprese pubbliche sottoposte a indagine in un progetto in corso chiamato Ranking Digital Rights.

Secondo l’indagine, condotta dal think tank New America Foundation, tutte le compagnie hanno fallito nell’offrire ai loro utenti le informazioni di base sulla privacy e sulla censura. Una non ha nemmeno fornito l’accordo per gli utenti nella giusta lingua.

“Non ci sono vincitori”, ha dichiarato il gruppo nella sua sintesi di valutazione. “Persino le compagnie in testa non sono all’altezza”.

Venendo dati dei gradi di percentuale riguardo alla privacy, alla libertà di espressione e sul proprio impegno verso quei valori basati su un’analisi esaustiva del proprio accordo per gli utenti, nessuna compagnia ha ottenuto una valutazione complessiva superiore al 65%.

Rebecca MacKinnon, che gestisce il progetto di classificazione ha affermato:

“Da una parte, non è che nessuno non ci stia provando, ma la compagnia con il miglior punteggio ha ottenuto soltanto una D”.

I punteggi più bassi, ognuno su un massimo possibile del 100%, evidenziano gravi mancanze in un tempo in cui violazioni di dati attribuite frequentemente alla disattenzione colpiscono entità a partire dal sito d’incontri per persone sposate Ashley Madison fino al direttore della CIA John Brennan. Questi mostrano inoltre quanto poco controllo abbiano gli utenti sui post e sui video che creano sulle piattaforme delle compagnie tecnologiche.

Google ha ottenuto il punteggio più alto dell’indice delle 16 società quotate – otto imprese basate sul web e otto sulle telecomunicazioni, con il 65%. Ad ottenere il punteggio più basso con un 13% è stato Mail.ru, un servizio di email russo spesso utilizzato per creare account spam.

E mentre gli utenti hanno bisogno delle compagnie tecnologiche, ha dichiarato la MacKinnon, allo stesso modo le compagnie tecnologiche hanno bisogno di utenti. Costei spera che il database possa offrire alle persone intorno al globo una nuova possibilità per fare scelte informate su quanto esattamente dei loro dati venga poi utilizzato. E che le compagnie vengano spinte a dare di più, se le conclusioni sono qualunque indicazione:

  • Solo sei compagnie delle sedici sotto studio hanno ottenuto un punteggio di almeno il 50% nel sondaggio.
  • Sette compagnie – quasi la metà del totale – hanno ottenuto un punteggio inferiore al 22%, dimostrando “una grave mancanza nel rispetto della libertà di espressione e della privacy degli utenti”, riporta lo studio.
  • Le aziende tecnologiche hanno universalmente fallito nell’informare a proposito della censura interna. Se Google decide di modificare o rimuovere il contenuto di qualcuno, riporta lo studio, non sente il bisogno di rendere noto pubblicamente né che lo abbia fatto né il perché.
  • Invece, per quel che riguarda se le compagnie basate sul web consentano il criptaggio di contenuti privati e il controllo degli accessi, il punteggio medio di tutte e otto si è aggirato attorno al 6%.
  • La trasparenza varia enormemente all’interno di una singola compagnia: Facebook possiede Whatsapp e Instagram, ma le informative del suo prodotto di punta e di Instagram sono di gran lunga migliori di quelle di Whatsapp, che a volte non pubblica nemmeno le informative sulla privacy nella giusta lingua.
  • Mentre le leggi locali frenano le compagnie dal divulgare richieste governative relative alla sicurezza nazionale in alcuni paesi, l’indagine ha trovato in tutti i casi alcune soluzioni che le compagnie potrebbero adottare per migliorare la loro reputazione anche senza cambiamenti alle normative vigenti.
  • Nonostante le rivelazioni sulle loro collaborazioni con la National Security Agency (NSA), le compagnie americane sono state ben lontane dal diventare le peggiori trasgreditrici. Anche le compagnie europee, soprattutto Orange, hanno avuto forti collaborazioni.

“Il quadro è piuttosto riparatore”, ha dichiarato la MacKinnon, “Parte del problema risiede nel fatto che questo sia un nuovo mondo con internet e noi siamo così dipendenti da queste compagnie al punto che abbiamo davvero bisogno che agiscano in maniera corretta. E hanno ancora molto lavoro da fare”. La MacKinnon ha affermato che la trasparenza sia vitale per gli utenti e che una mancanza di essa potrebbe avere gravi conseguenze.

“Circa un anno e mezzo fa, gruppi di opposizione siriani hanno iniziato ad avere l’accesso bloccato su Facebook e ad avere oscurate alcune foto perché ‘contrarie ai termini del servizio’”, ha dichiarato. “Non c’era chiarezza sul perché o sul come questi termini del servizio venissero applicati. E molti attivisti che dipendono da facebook ritengono che la mancanza di trasparenza, dato quanto le persone siano dipendenti dalla piattaforma, non sia socialmente responsabile”.

“Gli utenti vengono lasciati all’oscuro riguardo alle prassi di molte compagnie, che colpiscono la privacy e la libertà di espressione” hanno scritto i ricercatori. “L’informativa riguardante la raccolta, l’utilizzo, la condivisione e la memorizzazione delle informazioni dell’utente è scarsa”.

L’avvocato praticante Nate Cardozo della Electronic Frontier Foundation ha dichiarato che nonostante la tendenza verso delle migliori norme sulla privacy, subito dopo le rivelazioni di spionaggio interno, le compagnie tecnologiche abbiano preferito mantenere le cose poco chiare, persino quelle che si vantavano a proposito della libertà di parola e della privacy. “Sarebbe veramente difficile per chi si occupa delle normative e per gli avvocati all’interno di Twitter realizzare un business case che li penalizzi nei termini del servizio”, ha affermato Cardozo. “Gli imprenditori direbbero ‘Ehi, questo è magnifico, possiamo decidere caso per caso’”.

In generale, il gruppo ha determinato che mentre le informative stavano diventando sempre meno comuni – insieme agli astrusi rapporti sulla richiesta di dati da parte del governo, erano spesso nascoste in mezzo ai termini contrattuali a tal punto che soltanto i regolatori avrebbero potuto comprenderle. Raramente gli utenti avevano un qualche ricorso quando i loro dati venivano censurati o divulgati senza il loro consenso, ha dichiarato il gruppo.

La MacKinnon ha affermato che è necessario che gli indicatori migliorino, se le compagnie hanno intenzione di aver successo in diverse regioni.

“Se non guadagnano la fiducia dell’utente, sarà ben più difficile avere successo come una compagnia multinazionale e guadagnare la fiducia degli utenti oltre i confini. Un utente francese potrebbe fidarsi del governo francese, ma non della NSA. Queste compagnie devono dimostrare che stanno facendo tutto il possibile in questo mondo imperfetto in cui ovunque ci sono governi che alcuni ritengono stiano infrangendo i loro diritti”.

L’indice, creato in combinazione con la società di analisi dei dati Sustainalytics, ha richiesto più di due anni affinché venissero compilati e analizzati gli accordi per gli utenti, le norme sulla privacy, i termini del servizio e relazioni aziendali per dichiarazioni riguardanti i diritti degli utenti, poi utilizzati per rispondere alle 31 domande multiple e fatti ritornare presso ogni compagnia per diritto di replica e modifica degli indicatori qualora le normative fossero state aggiornate o cambiate. Le domande sono state redatte in base a norme sulla privacy e sulla libera espressione attraverso numerosi gruppi pubblici e privati, incluse le Nazioni Unite.

La MacKinnon si è dichiarata ottimista riguardo al fatto che l’industria possa migliorare con il tempo i propri sforzi riguardanti la privacy. “Questo è l’esame che si fa all’inizio dell’anno scolastico in cui tutti quanti ottengono brutti voti. Poi ci si mette a studiare e tutti iniziano a migliorare”, ha affermato.

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