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Per il maschio americano frustrato e stressato dai cambiamenti demografici del paese e convinto del fatto che i suoi giorni stiano arrivando alla fine, non ci può essere alcuna forma di pornografia più soddisfacente che guardare una partita di calcio con un gruppo di amici in pub, bevendo birra e intonando cori. La scena è quasi sempre la stessa: il canto degli uomini che giocano in casa, poi quello della squadra ospite.

Nel mese di giugno, gli hooligans russi e quelli inglesi si sono scontrati a Marsiglia, in Francia, prima di una partita di apertura del campionato Euro 2016. Un gruppo di tifosi inglesi ha affrontato alcuni dei cittadini musulmani della città cantando, "Isis, dove sei?"

Nel febbraio dello scorso anno, quando c'è stata la partita di Champions League tra Chelsea e Paris Saint-Germain a Parigi, i sostenitori del Chelsea spinsero un uomo nero fuori dalla metropolitana cantando “Siamo razzisti! Siamo razzisti! ! Ed è cosi che ci piace!”. Non c'è nulla di più divertente o anche interessante di queste manifestazioni di intolleranza: questo è il contesto che anima i video più popolari su YouTube sul calcio e sugli hooligan che lottano senza fine.

Questa estate ho assistito ad una partita di calcio del Seattle Sounders con un amico fan di questa squadra. Seattle è diventata uno dei principali centri per la cultura calcistica americana, che vanta i numeri delle presenze più alte nella Serie A di calcio e i tifosi della Emerald City (E.C.S), una delle più grandi squadre, è una delle più scalmanate organizzazioni di tifosi nel paese. Sono rimasto sorpreso dal vedere de cartelli in tribuna che dicevano che chi ha dice cose razziste sarebbe stato cacciato fuori dallo stadio. Molti stadi in Europa hanno tale segnaletica per ovvie ragioni, ma perché dovrebbero essere necessarie in una città apparentemente progressiva sulla costa occidentale degli Stati Uniti?

In un primo momento, la scena al CenturyLink Field sembrava un po' noiosa. Nel vicolo che ha portava allo stadio, centinaia di fan del Sounders, vestiti con tute verde-blu, facevano la fila davanti ai carrelli di hot-dog. Sembravano i tipi di persone che si potrebbero trovare in una festa di famiglia o aziendale, papà con berretti da baseball e scarpe comode impegnati in una conversazione tranquilla con accanto i loro figli modello.

Poi, circa una mezz'ora prima del calcio d'inizio, i tifosi dell’ E.C.S hanno iniziato ad agitarsi. Hanno marciato per poche centinaia di metri lungo il vicolo, tenendo le bandiere e le sciarpe sopra le loro teste. Alcuni indossavano bandane sui loro volti, altri reggevano fumogeni verdi; la stragrande maggioranza erano bianchi. All'unisono cantavano: "Prendeteli tutti, prendeteli tutti! Metteteli contro un muro e sparategli! Alti e bassi, guardiamoli cadere! Forza ragazzi, prendeteli tutti! "Ogni frase era cantata con una cadenza britannica disorientante.

L'inno dell'E.C.S è preso da tradizioni europee. Molte delle canzoni, che spesso hanno qualche riferimento al bere, provengono dall'Inghilterra. La parola "tifo", che qui indica una coreografia fatta di striscioni di stoffa giganteschi dipinti dai volontari e sostenitori dell'Emerald City che vengono spiegati prima di ogni partita in casa, proviene da Italia.

Il prestito selettivo non può essere una questione di semplice ingenuità da parte dei fan americani. Il brutto incidente a Marsiglia di questa estate è stato ampiamente riportato dai media internazionali, ed era solo l'ultima iterazione di una storia lunga e ben documentata del razzismo tra i tifosi di calcio europei. Nel suo libro del 1990 "Among the Thugs" Bill Buford aveva seguito in trasferta un gruppo di sostenitori del Manchester United, immergendosi completamente nei loro rituali. Aveva bevuto con loro e visto con loro le partite, cercando di scoprire le origini dei loro cori. In una scena memorabile, Buford era andato con un amico americano a vedere una partita. Quando i sostenitori cominciavano a grugnire ogni volta che un giocatore nero toccava la palla, l'amico aveva chiesto a Buford perchè facessero quegli strani versi. "E' perché un giocatore nero ha la palla", gli aveva spiegato Buford. "Stanno facendo il verso della scimmia perché un giocatore nero ha la palla." Più tardi nel libro, quando Buford aveva partecipato a una riunione del Fronte Nazionale, un partito di estrema destra formato da soli bianchi, in un bar nel sud-est dell'Inghilterra, si era trovato di fronte ad una cameriera che gli aveva detto che il bar aveva l'orgoglioso record di non servire nessun "Paki o nero".

"Non mi aspettavo di sentire tale razzismo espresso in un modo esplicito da persone che lavorano dietro il bancone di un pub", scrive Buford.

A Seattle ho visto echi della stessa situazione. Una marcia di uomini e donne bianchi per le strade di Seattle cantavano "metteteli tutti contro un muro e sparategli".

Ma c'è un altro tipo di divisione che si sta diffondendo in America, ed è altrettanto inquietante. La diffusione della cultura europea nel calcio americano si distingue dalla gran parte della popolazione di americani appassionati di calcio, gran parte dei quali sono immigrati latino-americani.

Quando la squadra nazionale messicana ha fatto un giro negli Stati Uniti lo scorso anno, ha attirato una media di 59.000 fan, circa i due terzi in più rispetto alle folle che guardano la squadra nazionale maschile degli Stati Uniti. Eppure la Federazione di calcio degli Stati Uniti e anche le aziende di abbigliamento e di bevande legate allo sport e al calcio americano hanno tracciato una linea di demarcazione, visibile a tutti e degna di particolare attenzione.

Ora ci sono infatti due distinte culture di calcio americane: una bianca, l'altra Latina.

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