Una Ue senza UK significa una Germania più forte, ma la Merkel non dispone di un piano di post Brexit
Francois Lenoir/Reuters
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L'uscita della Gran Bretagna dall' Ue ha reso la Germania molto più potente di quanto dovrebbe essere.

Nella conferenza stampa di lunedì pomeriggio a Berlino, il linguaggio del corpo del cancelliere tedesco Angela Merkel è stato diverso da quello del post Brexit subito dopo l'esito della votazione, quando il cancelliere sembrava scoraggiato e abbattuto come mai in passato. Affiancato dai suoi alleati, il presidente francese Francois Hollande e il primo ministro italiano Matteo Renzi, la Merkel era di nuovo tornata la vecchia sé stessa: monotona, priva di emozioni. La possibile uscita della Gran Bretagna dall'Ue sembrava solo un'altra crisi, passeggera, che Berlino e l'Ue nel suo avrebbero affrontato passo dopo passo, come avevano fatto nelle volte precedenti.

Ma il Brexit c'è stato davvero, il Regno Unito ha davvero scelto di lasciare l'Europa. Dalla faccia da poker della Merkel non diresti mai che il voto Brexit ha spinto la Germania in una posizione di guida dell'Unione europea. L'uscita della Gran Bretagna non solo ha eliminato un terzo del triumvirato Berlino-Parigi-Londra, ma ha portato fuori dai giochi il membro che spesso funzionava come contrappeso all'Ue sposata troppo verso la Germania. Dato che la Francia è interamente impegnata con i propri affari e problemi, come la recessione e la riforma economica, le agitazioni operaie, il terrorismo, la Germania sta uscendo dal voto Brexit con più peso e più responsabilità rispetto al passato. In effetti, l'Europa post-Brexit sarà ancora più tedesca, una situazione che non piace a nessuno, nemmeno ai tedeschi.

Tragicamente, sembra che la Merkel non abbia la minima idea di cosa fare con il nuovo, ancora più potente, stato del suo paese. Lei e la Germania nel suo complesso sono così profondamente intrecciate con i problemi che affliggono l'Unione che è quasi impossibile immaginare una Berlino evocare la grinta necessaria ad arrestare il declino del blocco europeo. Angela Merkel e gli altri membri della leadership europea, come il presidente dell'Unione Europea Jean-Claude Juncker, sono la vecchia guardia: l'esausta e monotona elite contro la quale le masse si ribellano. Non appaiono affatto come i salvatori dell'Europa agli occhi della gente.

La votazione sul Brexit, anche se stridente e sgradita, ha rivelato ad alta voce verità scomode sui leader europei, e la Merkel è in mezzo a loro. Il voto referendario ha gridato, attraverso gli altoparlanti dello stadio, che i cittadini dell'Ue sono infelici e insoddisfatti dell'attuale sgangherata e antidemocratica che Unione europea. Questo è anche l'essenza di quello che è successo nel 2005, quando gli elettori francesi e olandesi hanno rivolto il pollice verso il basso nei confronti della costituzione europea. Il popolo europeo, dagli inglesi agli olandesi e ai francesi, ha espresso disappunto con l'attuale incarnazione dell'Ue con l'unico mezzo a loro disposizione: il referendum, con un semplice “dentro” o “fuori”, “sì” o “no”.

Non è chiaro se al momento la Merkel abbia compreso la gravità di questo messaggio o la realtà della nuova posizione di Berlino. Le questioni che interessano la Merkel al momento sono, come al solito, di breve termine, come la roba di gestione delle crisi: dovrebbe il Brexit essere lento o veloce? Ruvido o liscio? La maggior parte dei membri dell'Ue, con la notevole eccezione di Merkel, stanno premendo affinchè il primo ministro britannico David Cameron faccia tutto nel modo più rapido possibile: informare ufficialmente Bruxelles, già questa settimana, se possibile, del suo desiderio ufficiale di secessione. Londra, per loro costernazione, ha avvisato che si può aspettare fino all'autunno per dare l'annuncio ufficiale. Dietro ciò vi è il desiderio di Cameron di non essere l'esecutore di un atto che fa uscire il Regno Unito da quel blocco che non egli non avrebbe mai voluto lasciare. Comprensibilmente, avrebbe preferito lasciare al suo successore tale disordine.

Le forze che chiedono un Brexit veloce, tra cui Juncker, i socialdemocratici della Germania, e i governi di Italia e Francia, sono in ansia per una serie di motivi. Uno di questi è che, fino a quando il Regno Unito non uscirà ufficialmente, continuerà ad avere diritto di voto in tutte le istituzioni comuni dell'Ue. Riguardo allo scambio delle merci potrebbe ad esempio votare tatticamente, o semplicemente ostacolare qualsiasi cosa, come ha sempre fatto. Ancora più critico è il fatto che l'attesa potrebbe creare un vuoto in cui infuria insicurezza e angoscia che potrebbero mandare i mercati finanziari in tilt. Oltre alla ricaduta economica, questa volta c'è anche la minaccia dei movimenti populisti anti-Ue che tramano tutti per avere adesso i propri referendum per "uscire" dal blocco.

La Gran Bretagna può restare all’interno dell’Unione europea?

Perché allora la Merkel è la sola a sostenere un approccio lento (a parte il fatto che la sua risposta a quasi ogni crisi è sempre lenta)? Una possibilità è che lei voglia far raffreddare gli animi, far calmare le cose in modo che il complicato e contenzioso Brexit possa avvenire in modo più ordinato, senza pericolose passioni. Inoltre, per lei, l'Ue è solo un aspetto di amichevole collaborazione del dopoguerra della Germania con la Gran Bretagna, e vuole perciò che tale rapporto rimanga il più congeniale possibile per il bene della sicurezza regionale e dell'armonia diplomatica.

Ma c'è un altro motivo di fondo che giustifica il cauto approccio della Merkel: il cancelliere tedesco non ha un piano per il dopo Brexit.

Una Ue senza UK significa una Germania più forte, ma la Merkel non dispone di un piano di post Brexit
AP Photo/Markus Schreiber8

Probabilmente, le azioni della Merkel per oltre un decennio hanno solo aggravato il malcontento dei popolo europeo, non da ultimo gli inglesi, soprattutto per le prescrizioni di austerità. In primo luogo c'è la politica sul denaro imposta in modo uniforme in tutta l'Eurozona che ha mantenuto quasi tutta l'Europa in recessione e la disoccupazione a livelli record. Le misure di salvataggio imposte ai paesi in difficoltà sono state progettate principalmente per beneficiare le banche tedesche e francesi, e le condizioni con cui sono state imposte ai governi beneficiari non sono riuscite a produrre né una crescita, né nuovi posti di lavoro, né salari più alti. La Grecia, il caso peggiore, è intrappolata in una spirale dalla quale non riesce ad uscire Nel frattempo, le esportazioni della Germania continuano ad espandersi, così come i suoi surplus commerciali, il che significa che gli altri paesi corrono il rischio del deficit. E' difficile guardare all'economia dell'Ue e non pensare che sia gestito dai tedeschi per far trarre profitto ai tedeschi.

Giuste o no, le politiche migratorie della Merkel hanno peggiorato i problemi dei suoi colleghi europei e hanno stimolato la nascita di partiti di estrema destra e euroscettici in Croazia e Danimarca. Il cancelliere, molto stranamente, ha sorpreso tutti infrangendo le regole di Dublino II e aprendo l'Ue a ondate di migranti in fuga dalle guerre la scorsa estate e dal disagio in Medio Oriente. Questa è stata la cosa giusta da fare per una serie di ragioni, anche perché il diritto internazionale prevede l'accettazione dei rifugiati. Ma ha inviato i paesi del centro Europa, gli austriaci, gli inglesi, e quasi ogni altro membro dell'Ue in tilt. Gli inglesi sembravano confondere le misure sui profughi della Merkel con le disposizioni interne dell'Ue sul mercato del lavoro che hanno permesso agli abitanti dell'Europa centrale di viaggiare nella loro Unione per lavorare. Le paure scatenate dalla decisione della Merkel sono state molto potenti e hanno reso la Germania e più nemica che amica dell'Unione Europea.

A questo bisogna aggiungere il deficit democratico di lunga durata dell'Ue che i leader dell'Unione europea hanno periodicamente provato a ricucire con dei cerotti. I vari sforzi di armeggiare intorno ai bordi, come dotare il Parlamento europeo di un pizzico di maggiore responsabilità, non sono stati per nulla sufficienti a placare i critici che chiedono, a ragione, che il processo decisionale dell'Ue sia più democratico, trasparente e responsabile.

Ci sono tante proposte per un'ampia riforma dell'Unione europea da parte di un gruppo di esperti di Bruxelles, Berlino e Londra. Alcuni invocano un Parlamento bicamerale europeo con il potere di redigere la legislazione, altri una repubblica europea, mentre ancora altri vogliono ridurre l'Europa a una zona di libero scambio gigante e basta. Pochi governi hanno messo i loro nomi accanto a uno di questi modelli. Molti politici di Berlino, e veterani dell'Ue, quali Juncker, vogliono una Ue più profondamente integrata, sia politicamente che economicamente, e quasi tutti gli esperti dicono che questo sia l'unico modo in cui un'unione monetaria (nella forma della zona euro) possa funzionare. La Merkel, in genere, si è allontana da dichiarazioni visionarie per l'Ue o da un processo di riforma radicale, preferendo parlare in generale di una sempre più stretta integrazione economica, con il controllo con sede a Bruxelles per i bilanci nazionali. Il problema è che la maggior parte delle nazioni europee sembrano voler che l'Unione circoli nella direzione opposta, cioè meno Europa, e non di più. Non c'è niente che somigli ad un consenso su come l'Ue dovrebbe essere riformata, e mettere il terzo incomodo, vale a dire la Germania, a capo di essa sembra una ricetta per il disastro.

L'Ue ha bisogno di una ristrutturazione e di una nuova fonte di ispirazione, qualcosa di simile al grido di battaglia per la pace e per la prosperità che ha ispirato l'allargamento e il processo di integrazione nel corso dei decenni del dopoguerra. Ma la pace la diamo ormai per scontata, e gli sforzi dell'Europa per la prosperità si concentrano sugli interessi dei tedeschi, credono molti europei. Durante il fine settimana, i ministri degli esteri dei membri della comunità,Germania, Francia, Italia e nei paesi del Benelux si sono incontrati per riflettere sul futuro dell'Ue. Si sono concentrati sulla sicurezza (all'interno dei confini dell'Ue e oltre) e sugli investimenti nelle regioni duramente colpite come possibili punti di rally.

Potrà questo brexit segnare un virata lontano dalle politiche di austerità-über-alles degli ultimi cinque anni? Renzi e Hollande stanno già da molto tempo spingendo per misure meno restrittive, approcci più keynesiane all'euro e alle crisi finanziarie. Secondo i telegiornali tedeschi, hanno esercitato pressioni al riguardo durante il loro ultimo incontro con la Merkel. Ma durante l'ultima conferenza stampa di Berlino la Merkel non ha fatto menzione di un cambiamento nella politica economica. Piuttosto, ha sottolineato la necessità di andare avanti con il duro e abituale lavoro, rimandando tutto, come sempre, alla prossima settimana.

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