La sgradevole verità sugli attacchi terroristici a Parigi
Charles Platiau/Reuters
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Peter Van Buren, per 24 anni nel Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America e ora autore di libri di politica internazionale, scrive della necessità di cercare un’alternativa alla risposta militare.

Non vorrete leggerlo e non è stato piacevole scriverlo, e nessuno certamente vuole sentirlo in questo momento. Ma ritengo che debba essere detto ugualmente.

Mi unisco al cordoglio del mondo che piange i morti di Parigi. Mi sono addolorato per tutti i morti dall’11 settembre a oggi – gli australiani uccisi negli attacchi terroristici di Bali del 2005, i londinesi morti per mano dei terroristi nel 2005, i cittadini francesi uccisi durante l’attacco a Charlie Hebdo nel gennaio di quest’anno, i russi il cui aereo è precipitato sul Sinai alla fine di ottobre. Piango anche per tutte le persone che hanno perso la vita in attacchi minori e che sono già scivolate nell’oblio delle nostre memorie.

Così, ci ritroviamo a twittare hashtag e frasi nel nostro francese scolastico e a postare GIF su Facebook. Sappiamo cosa fare; l’abbiamo già fatto in precedenti occasioni.

Tuttavia bisogna dire che, osservando soprattutto il cronico ripetersi della stessa storia, nonostante gli oltre quattordici anni di guerra al terrore, il terrore sembra essere tra noi oggi più che mai. È tempo di ripensare a cosa abbiamo fatto e a quello che stiamo facendo.

Da quel giorno del 2001, in cui i cieli di New York brillavano di quel terribile blu, abbiamo condotto azioni di spionaggio su scala globale, gli americani nel loro paese e gli stranieri all’estero, eppure nessuno ha avuto il sentore di nulla che potesse fermare gli attacchi di Parigi. Abbiamo rinunciato a molto per via dello spionaggio, senza ottenere in cambio alcunché.

Dal 2001 gli Stati Uniti hanno guidato paesi come la Gran Bretagna, la Francia, l’Australia e molti altri in guerra contro Iraq, Afghanistan, Libia e Siria, attaccando persone mediante droni dalle Filippine al Pakistan a molti paesi africani. Di tutto ciò abbiamo ben poco, per non dire nulla, di cui compiacerci.

Dal 2001 gli USA hanno compiuto sforzi enormi per uccidere una manciata di uomini – bin Laden, al-Zarqawi, al-Awlaki e, lo scorso weekend, Jihadi John. Altri, di cui molti rimangono senza nome, sono stati invece uccisi lontano dai riflettori, oppure sono stati torturati a morte, o ancora stanno marcendo nella prigione offshore di Guantanamo o nel buio inferno di Salt Pit in Afghanistan.

E tutto questo non ha funzionato: Parigi lo scorso weekend, e il prossimo luogo in un imminente futuro, ne sono la prova.

Negli Stati Uniti abbiamo rinunciato a molte delle nostre libertà per la lotta al terrorismo. Non è servito a nulla. Abbiamo sacrificato la vita di oltre 4000 uomini e donne americani in Iraq, e di altri migliaia in Afghanistan per sconfiggere i terroristi, rifiutando di chiederci per quale motivo siano morti. Abbiamo ucciso decine di migliaia di persone, forse più, in quei paesi. Non è servito a nulla. Ci siamo imbarcati in una nuova guerra contro l’Iraq, e ora in Siria, e prima di allora in Libia, col solo risultato di creare nuovi stati falliti e zone non governate che offrono un riparo sicuro per i terroristi e permettono di seminare il terrore oltreconfine a macchia d’olio. Tormentiamo e discriminiamo i nostri concittadini di fede musulmana e poi rimaniamo a bocca aperta quando si radicalizzano, dopodiché tutto ciò che siamo capaci di fare è incolpare l’Isis per i suoi tweet.

Da sottolineare è il fatto che la strategia del terrore di matrice islamista mira a provocare un giro di vite in Francia così da radicalizzare i musulmani che vivono nel paese. Centinaia di cittadini francesi sono già approdati in Siria per schierarsi con i gruppi combattenti locali, tra cui l’Isis.

Come ha dichiarato uno dei più acuti opinionisti in materia, Bill Johnson, il terrorismo consiste nell’uccidere i pedoni così da colpire il re. Gli attacchi di Parigi non riguardano solo la morte di 150 persone innocenti. Santo cielo, altrettanti ne muoiono quasi ogni giorno in Iraq e Siria. La vera prova che si trova ad affrontare la Francia è la reazione agli attacchi terroristici nel lungo periodo – la strategia del re, quindi. L’America ha fallito tale prova dopo l’11 settembre; tuttavia non sembra che la Francia abbia molto più comprendonio rispetto agli Stati Uniti. “Condurremo una guerra spietata,” ha dichiarato il presidente francese Hollande fuori dal Bataclan, la sala concerti nella quale è avvenuta la peggior carneficina.

Se fossi a conoscenza della strategia giusta, vi direi qual è, e cercherei di dirlo anche ai potenti di Washington, Parigi e altrove. Ma non so cosa sia opportuno fare, e dubito che in ogni caso starebbero ad ascoltarmi.

Ma ciò che posso affermare è: smettete di fare quello che avete fatto negli ultimi 14 anni. Non ha funzionato. Niente sta a suggerire che potrebbe mai funzionare. Acchiappa la talpa è un gioco, non un piano d’azione. Lasciate in pace il Medio Oriente. Smettetela di creare altri stati fallimentari. Smettetela di sacrificare le nostre libertà nazionali sulla base di menzogne. Smettetela di privare dei loro diritti i musulmani che vivono tra noi. Sforzatevi di comprendere che questa è una guerra contro un insieme di idee – religiose, anti-occidentali, anti-imperialiste – e che le idee non si possono bombardare. Schierare soldati occidentali sui campi di battaglia mediorientali, e farli sorvolare da aerei occidentali, non fa altro che gettare benzina sul fuoco. La vendetta non potrà mai annientare un’idea.

Iniziate da qui e provate a vedere, anche senza aspettare 14 anni, se le cose migliorano. Oltre a un ulteriore inasprimento delle perdite di vite umane, non riesco a immaginare che potremmo fare di peggio di quel che già stiamo facendo.

Fuente: WeMeantWell.com

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