C’è chi pensa che gli Stati e il proibizionismo non siano le vere minacce per il bitcoin e la marijuana.
L’entusiasmo fuori misura di investitori e l’avidità degli speculatori sono gli elementi più pericolosi per un mercato in espansione, dice l’editorialista di Bloomberg Lionel Laurent. Bitcoin (Bitcoin) e cannabis non fanno eccezione.
Tanto il bitcoin (e le criptovalute in generale) quanto la marijuana sono nel mirino delle autorità e non mancano i proclami di chi li considera due bolle pronte a scoppiare. Scrive Laurent:
“Una volta le valute virtuali e l’erba appartenevano al dark web; ora vengono esaltate come delle asset class destinate a una crescita enorme. E l’hype ha già fatto un po’ di strada: Bitcoin viene scambiato poco sotto i 4.000 dollari e le azioni della marijuana vengono scambiate a valutazioni degne delle startup biotech”.
A oggi, dicono i gestori di fondi su Bloomberg, l’operazione più diffusa sui mercati finanziari è andare long sul bitcoin. Eppure, nonostante il boom di bitcoin e cannabis, la paura di eventuali provvedimenti regolatori da parte delle autorità è una costante. E a ragione.
Il 4 settembre la Cina ha annunciato il ban delle initial coin offering (le offerte di valuta iniziali con cui le startup raccolgono fondi tramite la vendita di token) e questa decisione ha alimentato le incertezze del mercato in merito a una possibile stretta sulle criptovalute in generale, con relative discese in territorio negativo. Poche ore fa è stato reso noto che BTCC, il maggiore exchange del paese, cesserà il trading di criptovalute.
“Finora solo un piccolo numero di Paesi ha provato a bandire del tutto Bitcoin, ma sono bastati una serie di avvertimenti da parte delle autorità riguardo le Initial Coin Offering per incrinare il prezzo del bitcoin e di altre valute come Ethereum”, dice Laurent.
E anche se la marijuana è diventata legale in 25 stati Usa e nel Distretto della Columbia, resta ancora illegale a livello federale; senza contare l’incognita rappresentata dall’amministrazione Trump, che si appresta a votare il deputato conservatore Tom Marino a capo dell’antidroga. Marino è notoriamente vicino a posizioni proibizioniste e contro la legalizzazione della marijuana, ma è anche uno strenuo difensore dell’autonomia dei singoli States dal governo federale.
Eppure, secondo il giornalista di Bloomberg, il vero pericolo proviene dall’eccesso di offerta rispetto alla domanda effettiva e non dagli Stati che vogliono mettere un freno a questi due settori.
Si contano più di 800 criptovalute su CoinmarketCap e lo stesso bitcoin è stato protagonista di una scissione che dato vita a Bitcoin Cash (EXANTE: Bitcoin.Cash). Ma al contempo le criptovalute sembrano ancora confinate alla speculazione:
“La società di ricerche di mercato Jupiter Research mostra che dal 2014 non vi è stato alcun progresso sostanziale nell’adozione del bitcoin da parte degli consumatori, nonostante un balzo del 50% nel numero di transazioni”.
Sul fronte della marijuana legale invece i prezzi hanno già registrato una battuta d’arresto, sebbene qui sia innegabile la presenza di una vera e propria domanda.
ArcView, società specializzata in ricerche riguardanti l’industria dalla marijuana, stima che il consumo ricreativo da parte degli adulti crescerà sette volte tanto entro il 2021.
“Ma quanto è affidabile questo mercato?”, chiede Laurent, che cita l’esperienza dei “coffee-shop” di Amsterdam: tra il 1997 e il 2005, il 50% dei questi è sparito a causa di un calo del consumo della cannabis tra i giovani.
Il timore è che tutto potrebbe andare in fumo prima ancora di un intervento dall’alto.
Corrado Nizza