I mercati sono diventati più stupidi a causa degli ETF?
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Un nuovo studio sostiene che gli investimenti passivi riducono l’efficienza dei mercati.

Gli exchange-traded fund (ETF) stanno rendendo i mercati più stupidi e costosi.

Almeno questo è quanto hanno scoperto i ricercatori dell’Università di Stanford University, dell’Università di Emory e del Centro Interdisciplinare di Herzliya in Israele: possedere una grande quantità di titoli individuali presenti in ETF allarga gli spread bid-ask di quelle azioni, rendendole più costose da scambiare e quindi meno allettanti.

Alla fine questo fenomeno trasforma le azioni in droni che si muovono all’unisono con il loro settore industriale. E così per i trader ci sono meno opportunità di capitalizzare sulle informazioni ottenibili dagli utili societari e da altri segnali. Lo studio è l’ultimo a puntare il dito contro la minore di efficienza dei mercati sempre più governati dai fondi.

“Gli ETF sono chiaramente uno sviluppo importante nei mercati finanziari e hanno portato agli investitori diversi vantaggi ben documentati. La nostra ricerca suggerisce che la crescita degli ETF potrebbe avere delle conseguenze (non volute) di lungo termine sull’efficienza dei prezzi dei titoli sottostanti”, scrivono i ricercatori Doron Israeli, Charles Lee e Suhas Sridharan in un paper pubblicato l’anno scorso.

Un aumento di un singolo punto percentuale nel possesso da parte degli ETF ha degli effetti evidenti su un titolo individuale, dicono i ricercatori. Nel corso dell’anno successivo, la correlazione tra il settore industriale dell’azione e il mercato cresce del 9%, mentre la relazione tra il suo prezzo e i guadagni futuri scende del 14%. Nel frattempo gli spread bid-ask aumentano dell’1,6% e i ritorni assoluti crescono del 2%. La causa? Investitori poco sofisticati e il loro modo di comprare titoli in Borsa.

Prima dei fondi indicizzati, i trader che pensavano di sapere qualcosa che gli altri non sapevano potevano ottenere un profitto dalle transazioni con compratori meno informati. Questi ora comprano gli ETF, bloccando i titoli che una volta i trader avrebbero potuto sfruttare in presenza di una discrepanza di prezzo. Gli effetti negativi si propagano a valanga a partire da qui. Si verificano meno operazioni, quindi la liquidità nei singoli titoli si deteriora, e aumentano i costi della transazione. Ciò non fa altro che scoraggiare i trader professionisti, quindi le differenze di prezzo restano senza l’arbitraggio per chiudere i gap.

A peggiorare le cose ci pensa il calo dell’interesse per le singole azioni, che comporta una minora copertura da parte degli analisti, sostengono i ricercatori. Ad ogni modo non tutti condividono queste conclusioni. State Street Corp., il terzo maggiore erogatore di ETF, non ha notato nessuna differenza sostanziale negli spread bid-ask come risultato dell’uso di ETF, come ha detto lo scorso mese in una conferenza il capo di SPDR ETF capital markets, Dave Lavalle. Tra i membri dell’S&P 500 la correlazione è vicina ai minimi storici, il 47% sotto la media degli ultimi sei anni. Inoltre i fondi, anche se stanno crescendo di numero, rappresentano una frazione del mercato statunitense complessivo.

I fondi gestiscono oltre 1,8 bilioni di dollari nel mercato azionario americano, un aumento di 460 miliardi di dollari negli ultimi tre anni, grazie anche alle entrate record registrate nel 2017. Ad ogni modo, Goldman Sachs stima che il numero di investitori passivi sia intorno al 14% dell’S&P 500, in aumento del 9% dal 2013.

L’idea vede un istupidimento del mercato in stretta correlazione con l’utilizzo di fondi indicizzati è un argomento molto battuto nella letteratura apocalittica sugli ETF. Nel 2014 un paper della Virginia Polytechnic Institute and State University ha scoperto che a causa degli investimenti passivi sempre meno segnali riguardanti la perfomance delle aziende sono stati incorporato nei prezzi delle azioni.

Invece così gli investitori sono tutti allo stesso livello quando vengono pubblicati i risultati degli utili societari.

Lo scorso mese Goldman Sachs ha scoperto che gli investitori istituzionali erano in possesso di una quantità record di ETF. Al contempo la correlazione per settore è scesa sotto la correlazione per titolo individuale per la prima volta da almeno il 2011. Questo significa che le scommesse sui settori industriali hanno pesato di più delle scommesse sulle azioni individuali, in quanto i veicoli di investimento passivo hanno suddiviso il mercato in tanti settori diversi.

Eppure i ricercatori fanno una precisazione importante nel loro rapporto. Anche se per un titolo azionario una maggiore incidenza degli ETF coincide con costi di trading più alti “questa associazione da sola non implica alcun processo di causa-effetto”. Secondo loro, i fondi indicizzati sono semplicemente il colpevole più probabile.

“Gli ETF sono una grande innovazione, ma la sovrappopolazione di qualsiasi innovazione potrebbe causare conseguenze involontarie qualora non controllate” ha detto Troy Draizen, capo della divisione di trading elettronico di Convergex Executive Solutions LLC. “Lo abbiamo visto in molti cicli di mercato, dalla bolla dot-com alla crisi del credito.”

Fonte: Bloomberg

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