Dopo il debutto in Borsa di Snap il consenso in merito alla valutazione della società di Evan Spiegel è mutato tra gli analisti. Vediamo come e perché.
Snap (NYSE: SNAP:NYSE) può ancora crescere e di molto. O quantomeno è così che molti analisti di Wall Street stanno giustificando i loro rating “Buy” o “Hold” riguardo la società che sta dietro dietro a Snapchat. Almeno 13 diverse società finanziarie hanno condiviso lunedì le loro opinioni e gli studi che hanno compiuto sul titolo. Dato che tutte loro hanno favorito la vendita delle azioni di Snap al suo debutto in Borsa, non sorprende vedere molti “Buy” e qualche “Hold”. A loro si contrappone l’ondata di “Sell” che è seguita l’offerta pubblica iniziale.
Mentre queste ultime call ribassiste si concentravano sulla crescita del numero di utenti della società, sull’assenza di profitti, sulla forza dei concorrenti, le analisi rialziste segnalano l’attuale livello basso di monetizzazione rispetto per esempio a Facebook, un segnale che la società ha ancora molto spazio per crescere.
Stifel, per esempio, ha notato che al quarto trimestre 2016, Snap ha ricevuto all’anno 6,66 dollari per utente in ricavi da inserzioni pubblicitarie. Facebook (NASDAQ: FB.NASDAQ) invece ha totalizzato 80,79 dollari per utente e Twitter (NYSE: TWTR.NYSE) — 50,18.
Snap ha ancora molto terreno da coprire per raggiungerli.
Anche se adesso i numeri di Snap impallidiscono in confronto ai suoi concorrenti, i rialzisti dicono che la sua base di utenti è fedele e con un tasso di coinvolgimento abbastanza alto da far sì che gli inserzionisti non si faranno attendere.
Detto questo, gli stessi esperti finanziari di queste società riconoscono che scommettere su un’azienda che non fa ancora profitto comporta dei rischi.
Morgan Stanley
Lunedì gli analisti di Morgan Stanley, a capo dei quali c’è Brian Nowak, hanno scritto in una nota che Snapchat ha molto spazio per crescere velocemente. In particolare si aspettano che l’inventario di inserzioni di Snap cresca di 13 volte tanto nel corso dei prossimi tre anni. La banca ha assegnato al titolo un rating “Buy” e un target price di 28 dollari.
“Snap sta monetizzando a un ritmo che è un cinquantesimo di quello sostenuto da Facebook. La monetizzazione delle inserzioni pubblicitarie è ancora in fasce e, secondo i nostri calcoli, il carico di ad nel 2016 era di 0,6 inserzioni [per utente ogni ora] contro circa 50 su Facebook mobile, circa 100 su Twitter e circa 7 su Instagram. Il nostro team prevede che Snap incrementerà il suo carico di inserzioni per arrivare a circa 8 ad [per utente ogni ora] entro il 2020, a seguito della crescita della domanda”.
Oppenheimer
Invece Oppenheimer ha dato a Snap l’equivalente di un “Hold”. Nel 2016 Snap ha registrato una perdita di 459,4 milioni di dollari. Entro il 2022 Oppenheimer si aspetta che Snap potrà contare su utili lordi pari a 4,3 miliardi di dollari. Quasi sei volte il margine operativo lordo di Twitter nel 2016.
“Prevediamo un margine operativo lordo aggiustato di 4,3 miliardi di dollari nel 2022 fiscale pari al 37%. Noi crediamo che Snap Inc. ha l’opportunità di creare una leva significativa sui margini lordi grazie ai costi minori del cloud computing e al maggior potere di contrattazione nei confronti degli inserzionisti. Sebbene Snapchat sia senza dubbio un prodotto indirizzato agli utenti più giovani, la nostra ricerca suggerisce che gli utenti più anziani potrebbero unirsi a seguito della pubblicazioni di contenuti interessanti per lei o se i loro amici si uniranno alla piattaforma”.
JP Morgan Chase
Gli analisti di J.P. Morgan Chase hanno dato a Snap un rating “Hold” e un price target di 24, aggiungendo di non aspettarsi profitti fino al 2019.
Gli analisti hanno scelto di non assegnare un “Buy” al titolo a causa di della forte competizione nel modo dei social media e della probabile “assenza di profitto fino al 2019 in quanto i costi sono più legati al coinvolgimento e inoltre ci vorrà un po’ di tempo per aggiustare le proprie dimensioni”. A questo si aggiunge il parere che anche con una forte crescita dei ricavi e integrando la leva nelle stime, la valutazione è già a un buon livello, 12 volte gli utili previsti a 2,6 miliardi di dollari per il 2018”.
Stifel
Il team di Stifel ha dato al titolo un price target di 24 dollari e un rating “Hold”, aggiungendo che sarebbe più vicino a “Buy”, se scendesse sotto i 20 dollari.
“Al prezzo corrente, crediamo che il titolo di Snap sembra riflettere il nostro ottimismo circa le prospettive di lungo termine della società. Valuteremmo più positivamente il rapporto rischi/benefici di Snap nel breve periodo se le azioni calassero sotto i 20 dollari, o se Snap superasse le stime di consenso alla pubblicazione dei suoi primi risultati trimestrali per il 2017. Sul lungo termine crediamo che Snap sia una delle poche società tech quotate in Borsa a oltre 10 miliardi di capitalizzazione di mercato con il potenziale di ritorni forti nei prossimi anni, sempre se riesce a realizzare la sua visione”.
RBC Capital Market
Forse Mark Mahaney di RBC Capital Market è il più grande fan di Snap finora. Ha dato al titolo un “Buy” e un price target di 31 dollari, sottolineando che gran parte degli inserzionisti di Snap hanno detto di voler aumentare la spesa sulla piattaforma. Così scrive il team di analisti di Mahaney:
“La nostra ricerca mostra una preferenza per Snap da parte di utenti più giovani [...] che visitano il sito più di 18 volte al giorno e ci passano tra i 25 e i 30 minuti ogni giorno… Il nostro studio Ad Age mostra una crescita dell’interesse intorno al sito, il 47% degli inserzionisti attuali programmano di aumentare la spesa e solo l’8% conta di diminuirla”.
Goldman Sachs
Gli analisti di Goldman Sachs hanno assegnato al titolo un rating “Buy” e un price target di 27 dollari, aggiungendo che la base di utenti di Snap attirerà un gran numero di inserzionisti grazie al suo alto tasso di coinvolgimento. Ma la domanda resta: la società è in grado di battere i suoi concorrenti e affermarsi a livello internazionale?
“Snap affronta sfide importanti da piattaforme molto più grandi, redditizie e dotate di risorse come Google e Facebook. Vediamo dei rischi concreti che ostacolano l’espansione internazionale della società e che indeboliscono tanto gli sforzi nel settore della vendita di spazi pubblicitari quanto quelli relativi alla parte tecnologica”.