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A cosa si deve lo strano differenziale tra i tassi obbligazionari americani ed europei.

Gli Stati Uniti saranno pure la prima potenza economica al mondo e certamente hanno una valuta forte, ma i loro bond pagano più di altri. I rendimenti dei titoli di Stato decennali statunitensi sono più alti di quelli britannici, francesi e italiani.

La distanza tra i rendimenti dei titoli decennali americani e tedeschi ha superato i 2 punti percentuali. Negli ultimi 25 anni, quel numero ha superato raramente l’1%. In certe occasioni, i rendimenti americani sono pure scesi sotto quelli tedeschi.

Qualche tempo fa ci si sarebbe aspettato che il paese con i rendimenti obbligazionari più alti fosse anche quello con la moneta più debole; gli investitori avrebbero richiesto un rendimento più alto per compensare il rischio futuro di deprezzamento. Ma oggi non è più così. Il dollaro è stato forte, in rapporto all’euro, e molte persone ritengono che lo diventerà sempre di più. In effetti, il rendimento più alto sui titoli di Stato americani è una delle ragioni per cui gli investitori potrebbero voler comprare il dollaro.

Invece il gap potrebbe riflettere le differenze nelle politiche monetarie e fiscali. Negli USA, la Federal Reserve ha smesso da tempo di comprare Treasury e ha alzato i tassi d’interesse per tre volte da dicembre 2015; la Banca centrale europea sta ancora comprando bond come parte del suo programma di “quantitative easing” e paga un tasso negativo sui depositi. L'amministrazione Trump intende tagliare le tasse e aumentare la spesa in infrastrutture, cosa che aumenterebbe il deficit di bilancio e richiederebbe l’emissione di nuovi bond. L’eurozona non ha piani del genere per quanto riguardo lo stimolo fiscale.

La situazione attuale ricorda la differenza tra i rendimenti sui titoli di Stato americani e giapponesi. Questi ultimi sono rimasti costantemente bassi per gran parte degli ultimi 20 anni, dato che l’economia giapponese è rimasta impantanata nella crescita lenta e nella deflazione. Forse gli investitori si aspettano che anche l’eurozona rimarrà bloccata nelle sabbie mobili inflazionarie appena l’economia americana tornerà a crescere in maniera più robusta.

Ma le aspettative sull’inflazione non tengono conto di questa posizione. Un indicatore usato spesso, che deriva dal mercato obbligazionario, è il “five-year, five-year forward rate”, che rappresenta l'inflazione tra cinque anni per i prossimi cinque.

Al momento questo dato mostra le stime del mercato in merito al tasso medio d’inflazione nel quinquennio 2022-27. In America le previsioni sono attorno al 2,1%; invece nell’eurozona sono sull’1,7%. Sei mesi fa le previsioni si attestavano rispettivamente a 1,68% e 1,34%. Entrambe sono cresciute un po’, ma il gap non si è allargato in maniera significativa.

Forse la causa di tutto non è semplicemente economica. Magari è politica.

Le elezioni presidenziali francesi si stanno avvicinando e Marine Le Pen, candidata del partito di estrema destra Front National, ha parlato di ridenominare i titoli di Stato francesi in franchi invece che in euro. In questo caso le perdite per gli investitori internazionali sarebbero enormi.

I programmi economici dei candidati alle elezioni francesi

Sebbene siano in pochi a pensare che la Le Pen possa diventare davvero presidente, gli investitori ricordano ancora come sono rimasti scottati dai sorprendenti risultati elettorali dell’anno scorso.

Per questo motivo si è avuta una tendenza a scegliere i bond più sicuri nell’eurozona, quelli emessi dalla Germania. Lo spread tra i rendimenti dei titoli decennali francesi e tedeschi è più che raddoppiato dal 28 ottobre.

Gli investitori istituzionali potrebbero essere un altro fattore.

Hyun Song Shin, consigliere economico e capo della ricerca della Bisdella Banca dei regolamenti internazionali (BRI), un’organizzazione per la cooperazione tra le banche centrali, ha indicato che tanto le compagnie d’assicurazione quanto i fondi pensione tendono ad avere passività di lunga data, ovvero debiti da dover rispettare nel corso di molti decenni. A loro volta, queste società provano a bilanciare queste passività comprando titoli di Stato. E spesso le regolamentazioni richiedono che queste società usino i rendimenti di bond datati per calcolare le loro passività.

Ma c’è una discrepanza: le passività di queste società e di questi fondi tendono ad essere più vecchie rispetto ai bond in loro possesso. Quindi quando i rendimenti dei bond di lunga data crollano, la loro posizione finanziaria si deteriora. E allora devono comprare ancora più bond. Questo fa aumentare i prezzi e diminuire i rendimenti, peggiorando il problema ancora di più.

La BIR dice che le compagnie assicurative dell’eurozona contavano per il 40% degli acquisti netti di titoli di Stato nel 2014. I fondi pensione americani e le compagnie assicurative possiedono circa 1.700 miliardi di dollari in Treasury (a fronte dei 14.000 miliardi di dollari in circolazione sotto forma di T-Bond), ma sembrano giocare un ruolo meno importante rispetto ai rendimenti se paragonati alle società europee.

Certo, il trend potrebbe mutare di nuovo. Kit Juckes di Société Générale, dice che i fattori che hanno contribuito all’allargamento dello spread tra yield americani e tedeschi potrebbero iniziare a scomparire. Stessa sorte per i timori degli investitori legati alla situazione politica in Francia, se la Le Pen non vince le elezioni; la Bce potrebbe ridurre il suo QE; i piani di stimolo fiscale di Trump potrebbero venire posticipati o alleggeriti.

In ogni caso, la storia ci insegna che i rendimenti decennali della Germania allo 0,41% non saranno un affare.

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