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Che a Wall Street sia arrivato il momento di comprare le azioni delle banche?

Si prepara una nuova età d’oro per le banche. Lo pensa Steve Eisman, gestore di un fondo hedge e investitore che anni fa si fece notare a Wall Street per le sue scommesse contro il mercato immobiliare e che hanno ispirato il film The Big Short di Michael Lewis.

All’epoca Eisman ritenne correttamente che i mutui subprime avrebbero scosso il sistema finanziario alla radice.

Ora Eisman sta sposando una posizione molto più rialzista nei confronti del settore bancario, che ha beneficiato enormemente dalle promesse di riforma delle regolamentazioni finanziarie del presidente eletto Donald Trump.

I sostenitori della deregulation dicono che il Dodd-Frank Act approvato da Obama dopo la crisi finanziaria ha danneggiato i grossi istituti di credito e azzoppato la loro redditività.

Ma Eisman, che lavora per il gestore di denaro Neuberger Berman, dice che l’era di Trump sarà una sorta di “età dell’oro” per il settore bancario. Così ha detto ieri alla CNBC nel corso di un’intervista:

“Penso che nel corso dei prossimi anni ci sarà più leva e che sarà un’età dell’oro per l’investimento in titoli finanziari”.

Eisman ha raggiunto che sarebbe rimasto posizionato “per quanto possibile” all’interno del settore bancario.

Certo è difficile obiettare la posizione rialzista di Eisman nei confronti dei titoli finanziari. Le azioni di Goldman Sachs (NYSE: GS) sono cresciute del 31% dopo il risultato delle elezioni USA dell’8 novembre, e hanno rappresentato il titolo con la performance migliorie tra 30 componenti del Dow Jones Industrial Average (INDEX:DJI).

Questi movimenti hanno permesso alle blue chip di compiere una marcia a ridosso di una tappa fondamentale: quota 20.000 punti.

Anche l’indice l’S&P 500 (INDEX: US500) e il Nasdaq Composite hanno goduto di alcuni massimi record.

L’universo finanziario post-elezioni non finisce qui. L’ETF Financial Select Sector SPDR (NYSE: XLF), che registra la performance del settore finanziario dell’S&P 500, è stato tra i peggiori performer del mercato. Ma adesso è sulla strada per registrare i migliori profitti su base annua tra tutti gli 11 settori dell’S&P 500, al di fuori del comparto energetico. Il grosso di questi guadagni sono giunti negli ultimi 30 giorni o giù di lì, dopo che le banche hanno speso gran parte del 2016 in brutte acque.

Ieri Liz Ann Sonders, chief investment strategist per Charles Schwab & Co, ha detto alla CNBC che “otto anni di performance sotto le attese” per i bancari durante un mercato rialzista per i titoli azionari più lungo del previsto suggeriscono che c’è ancora molto spazio per un po’ di crescita da parte del settore finanziario.

Sonders ha detto che ci sono solo due settori che reputa “overweight” (la parola in codice per “compra” a Wall Street) e sono quello finanziario e quello tecnologico.

Le valutazioni per le azioni delle banche sono cresciute, ma restano comunque modeste. Il rapporto prezzo/utili, una misura che indica il valore relativo del titolo, suggerisce che le azioni del comparto finanziario sono economiche rispetto al mercato generale.

Per esempio, il P/E medio su cinque anni dell’S&P 500 è 15,70, contro 10 per di J.P. Morgan Chase & Co. e 13 di Goldman Sachs, secondo dati di FactSet.

Vale la pena restare un minimo scettici circa la capacità del settore bancario di estendere questi grossi guadagni nel 2017.

Innanzitutto, non è chiaro se Trump sarà in grado di realizzare le sue ambizioni e allentare le redini su banche e tasse alle imprese. Altri osservatori hanno inoltre avvertito che i tassi di interesse in rapido aumento potrebbero generare perdite di credito in altre aree dei bilanci delle banche, tra cui i prestiti auto.

La crescita nei rendimenti dei bond, sottolineata da un aumento di un punto percentuale nella nota sui Buoni del Tesoro statunitensi decennali da luglio, implica che l’aumento dei tassi di interesse - vantaggioso per il modello di business delle banche - potrebbe aver esaurito la sua spinta propulsiva, rendendo improbabili ulteriori guadagni

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