La vera minaccia per l’Opec viene dall’Africa
Akintunde Akinleye/Reuters
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L’ambizione dell’Opec di avere un impatto duraturo sul mercato del petrolio continua a incontrare ostacoli.

Dopo una serie pressoché infinita di discussioni e compromessi, il ministri del petrolio dei paesi Opec sono riusciti a raggiungere un’intesa sulla basa di quanto annunciato in Algeria nel mese di settembre.

Ma i loro sforzi potrebbero essere resi inutili dai paesi dispensati dall’accordo: Libia e Nigeria.

Gran parte dei 1,166 milioni di barili al giorno decisi nell’intesa potrebbero essere controbilanciati da questi due paesi, se le cose andranno come desiderato dai loro governi.

L’accordo in sé è stato un capolavoro in fatto di compromessi e pressione. Arabia Saudita e Iran hanno entrambe fatto delle concessioni, mostrando così che l’Opec riesce a funzionare anche quando i suoi membri si fanno la guerra. L’Iraq ha smesso di insistere col volere che vengano utilizzato le sue cifre ufficiali per la produzione come base per i tagli. C’è stato un prezzo da pagare ad ogni modo, dato che il breve ritorno dell’Indonesia all’interno del gruppo è finito dopo appena 11 mesi.

L’Iraq non è stato l’unico membro a vedere una grossa differenza tra le sue cifre e quelle provenienti da fonti secondarie. Adesso, comunque, si ritrova davanti il difficile compito di assegnare il primo taglio alla produzione della storia dell’Opec.

L’Arabia Saudita ha smesso di insistere sul fatto che l’Iran doveva, quantomeno, congelare la produzione al livello attuale. In cambio Teheran ha rinunciato alla richiesta di imporre i tagli solo ai paesi che hanno aumentato la produzione negli ultimi anni, ovvero l’Arabia Saudita. E ha finito con l’accettare un accordo che legittima la crescita della produzione dell’Arabia Saudita a 2 milioni di barili al giorno dall’inizio del 2011.

Il primo test per l’Opec ora è fare accettare il taglio anche ai paesi non membri. Ma la sfida maggiore è raggiungere gli obiettivi di produzioni fissati.

La partecipazione dei membri non-Opec potrebbe essere poco più di un nuovo travestimento per dei tagli già attesi. L’offerta della Russia di tagliare la produzione fino a 300.000 bpd è curiosa presa nel contesto dei commenti precedenti secondo cui un congelamento lascerebbe la produzione di 200.000-300.000 barili sotto il livello programmato di produzione giornaliera per il 2017.

Il Messico sostiene che non realizzerà il taglio di 150.000 barili stimato dall’Opec, ma comunque la sua produzione dovrebbe scendere il prossimo anno.

I membri del gruppo sono più importanti. Anche dando per scontato che tutti quanti rispetteranno in pieno i tagli promessi, Libia e Nigeria hanno ricevuto delle esenzioni ed entrambi sperano di aumentare la produzione.

La produzione di ottobre della Libia è stata di 528.000 barili al giorno, secondo le fonti secondarie dell’Opec. Dovrebbe essere vicina ai 600.000 barili a novembre e la Compagnia Petrolifera Nazionale spera di arrivare a 900.000 entro la fine dell’anno e 1,1 milioni di barili nel 2017.

E poi c’è la Nigeria. La sua produzione è stata registrata intorno a 1,628 milioni di barili al giorno in ottobre, dopo degli attacchi agli oleodotti. Il ministro del petrolio del paese dice che la produzione è già tornata a 1,95 milioni di barili, anche se potrebbe includere fino a 150.000 barili di una variante condensata che l’Opec esclude dalle quote. Il ministro spera di riportare la produzione a circa 2,2 milioni l’anno.

Se Nigeria e Libia riescono nel loro intento (e si tratta di un ‘se’ molto grosso) la produzione generale dell’Opec potrebbe ridursi di solo 22.000 barili al giorno. Si tratta ovviamente di un caso estremo, ma ogni barile extra prodotto eroderà i tagli fatti altrove. Tutto questo significa che l’Opec potrebbe dover fare di più di quanto deciso con durante l’accordo della scorsa settimana, se vuole davvero ribilanciare il mercato in maniera duratura.

L'OPEC farebbe bene a prepararsi ad affrontare i postumi dell’ubriachezza
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