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I giochi politici dell'Arabia Saudita e il suo tentativo di mettere pressione sui membri dell'OPEC per evitare la risalita dei prezzi del petrolio.

Il 24 novembre c’era ancora un po’ di speranza che la riunione OPEC della prossima settimana e le negoziazioni con i paesi non-OPEC avrebbero portato a un accordo ampiamente condiviso circa il congelamento della produzione di petrolio o forse anche una riduzione nella produzione di petrolio. Secondo le attese l’accordo avrebbe previsto esenzioni per Iran, Libia e Nigeria, ma tutti i paesi, tra cui Russia e Arabia Saudita, erano comunque vicini a un’intesa.

Questo accordo avrebbe fatto arrivare i prezzi del petrolio ai massimi in due anni, offrendo tra l’altro un po’ di sollievo ai paesi OPEC in difficoltà (Venezuela, Libia, Algeria) e influenzando tutti i produttori a livello globale.

Invece, da venerdì i negoziati sono stati interrotti. Ecco i punti salienti di questo nuovo dramma:

  • L’Arabia Saudita si è tirata fuori da un meeting del 28 novembre con i paesi produttori non membri OPEC, facendo saltare il tavolo. I sauditi dicono che incontrarsi con la Russia e altri produttori non membri OPEC prima che i ministri OPEC abbiano “preso una decisione chiara” non ha senso. Come risultato di tutto ciò, il 25 novembre prezzo del petrolio è andato giù del 4%. Questa mossa dovrebbe aumentare la pressione sui membri OPEC più riluttanti, Iran e Iraq, affinché si decidano a trovare un accordo sul congelamento e a tagliare seguendo le quote stabilite dal comitato tecnico.
  • Domenica il ministro del petrolio dell’Algeria è volato a Teheran per presentare una nuova opzioni all’Iran: un taglio OPEC di 1,1 milioni di barili al giorno combinato con un taglio di 600.000 bpd per i paesi non OPEC. Il ministro iraniano ha detto che studierà e la proposta e darà una risposta formale alla riunione del 30 novembre. Questo significa che i ministri dei paesi OPEC dovranno continuare a dibattere su tassi di produzione e quote.
  • Sebbene lo scopo di questa propaganda sia quello di provocare la popolazione iraniana piuttosto che infiammare quella saudita, il suo effetto aumenta l’impatto del dramma internazionale in atto. La cosa importante da ricordare è che se l’Iran trova un’intesa circa una riduzione o congelamento della produzione di petrolio come parte dell’accordo con l’OPEC, dovrà vendere questa decisione alla sua popolazione come una “vittoria” nei confronti dell’Arabia Saudita, a prescindere da quello che accadrà veramente.
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  • Domenica il ministro del petrolio saudita Khalid al-Falih ha detto ai giornalisti che l’Arabia Saudita mantiene la stessa posizione dei colloqui di settembre in Algeria: tutti i paesi membri OPEC devono collaborare per un accordo sulla produzione del petrolio. “Ci aspettiamo che il livello della domanda sarà incoraggiante nel 2017 e che il mercato raggiungerà un equilibrio nel 2017 anche senza un intervento da parte dell’OPEC”. Al-Falih ha aggiunto che non ritiene imperativo tagliare i 10,6 milioni di bpd di produzione dell’Arabia Saudita e in generale non pensa che l’OPEC debba operare alcun taglio. Anche se queste dichiarazione potrebbero sembrare legate alla politica interna saudita, ai fatti sono una tattica di negoziazione. L’Arabia Saudita è pronta a voltare le spalle a ogni possibile accordo senza un’intesa con l’OPEC e sicuramente non farà ulteriori concessioni.
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