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I paesi sviluppati hanno dimostrato di poter resistere alla deflazione.

La terza ondata deflazionistica che ha colpito l’economia globale nello scorso anno sta passando, con danni limitati per i paesi sviluppati.

La crisi dei mercati finanziari del 2015 ha causato sia una recessione nella manifattura globale che un aggiustamento discendente nelle aspettative inflazionistiche a livello globale, ma gli effetti ora stanno svanendo.

Le economie del mondo industrializzato sono state resistenti e i prospetti parlano di una ripresa dell’accelerazione della crescita dai livelli attuali. Al contrario, i paesi in via di sviluppo affrontano un periodo esteso di aggiustamenti dal lato dell’offerta.

La crisi dei mercati emergenti ha condotti a uno shock nel volume dell’economia mondiale, non solo uno shock nei prezzi. Il commercio globale è diminuiti in termini di volume nel 2015 con il settore manifatturiero a esserne particolarmente colpito duro.

Abbiamo visto una crescita modesta negli studi sul settore manifatturiero sia negli USA che in Cina. La produzione industriale europea è stata sorprendentemente resiliente e di recente ha accelerato.

Ma non tutte le aree stanno vedendo una ripresa. La produzione industriale giapponese resta debole e una storia simile può essere vista anche nelle economie emergenti. Nonostante ciò, mentre ci avviciniamo al 2017, le comparazioni annualizate diventeranno progressivamente più facili e un recupero nascente nella manifattura mondiale diventerà molto più visibile e diffusa.

Allo stesso tempo, i cicli del consumo domestico nel mondo industrializzato hanno tenuto abbastanza bene. Il consumatore USA è in un buono stato di salute. Gli aumenti nel salario minimo in diversi stati daranno ulteriore supporto al consumo. Il tasso di risparmi personali è ancora elevato, grazie alla manna dal cielo rappresentata dai prezzi più bassi del petrolio.

In Europa la disoccupazione sta calando costantemente e gli acquisti, macchine escluse, stanno accelerando.

I downgrade sulla crescita globale da parte del FMI e l’OCSE guardano indietro, e probabilmente individuano il nadir delle aspettative sulla crescita mondale.

Né i mercati dovrebbero saltare alla conclusione che la ri-accelerazione della crescita avrà conseguenze significative. Non sarà così per un po’ di tempo. La terza ondata deflazionistica ha colpito duramente le aspettative inflazionistiche.

Anche se il peggio potrebbe essere passato, c’è un’offerta abbondante nella maggioranza dei mercati con poche industrie o società a mostrare alcuna capacità di fissare i prezzi. La forza lavoro USA, il mercato più duro di tutti, sta crescendo al 3%. La capacità industriale negli Stati Uniti è un mero 75%, e il deterioramento nel deficit commerciale negli USA agisce come un’ulteriore valvola di sfogo inflazionistica, espandendo nel frattempo i benefit del consumo USA in tutto il mondo.

Con questo background, la Federal Reserve può adottare nella politica monetaria un approccio ragionevolmente più incline a tassi più bassi, con uno o due possibili aumenti quest’anno, che potrebbero avere inizio durante questa estate.

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Un approccio così gradualista dovrebbe fermare ogni debolezza nel dollaro, senza costare uno sproposito, il che sarebbe molto dannoso. Come erano in molti a sospettare, una volta che l’incremento del dollaro è terminato, le condizioni dei mercati finanziari nei mercati del credito si sono tranquillizzate, permettendo a tutti gli asset a rischio di riprendersi, tra cui anche i titoli.

La Fed dovrebbe evitare a tutti i costi un aumento materiale del dollaro, un messaggio che sembra aver ascoltato.

Per far sì che le azioni crescano ulteriormente, la crescita degli utili deve virare decisamente più in alto. Gli utili dell’S&P 500 sono stati praticamente piatti per gli ultimi 2 anni, in quanto dovevano contendere con i doppi venti contrari del dollaro forte e delle materie prime deboli.

Entrambi si sono placati, incoraggiando potenzialmente previsioni molto più favorevoli per la crescita degli utili nel 2017.

Fidelity International stima che l’impatto delle commodity deboli e di un dollaro forte continuerà a deprimere gli utili nel 2016, che caleranno dell’1% secondo le previsioni.

Fidelity stima una crescita degli utili pari al 12,4% nel 2017, con un return on equity del 17%. Queste previsioni potrebbero supportare un livello per S&P 500 of 2.250 nel corso dei prossimi 12 mesi. I rischi grossi stanno più nel ciclo politico che in quello economico.

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