La decisione del Regno Unito di abbandonare l’Ue ha evidenziato la tendenza degli economisti a fornire previsioni allarmistiche.
È ancora presto, ma i dati suggeriscono che ladecisione della Gran Bretagna di lasciare l’Unione europea potrebber essere l'ennesimo esempio di un fenomeno ricorrente: previsioni di esperti che finiscono col dimostrarsi esagerate, dopo aver lanciato l'allarme circa le conseguenze nefaste per l'economia di alcune decisioni politiche.
Gli economist sono bravi a scoprire quali siano le forze dietro l’inflazione o la produttività o a esplorare i lati negativi di una distribuzione ineguale della ricchezza. Ma lanciarsi in deduzioni estrapolando dati da eventi politici, specialmente quelli con pochi o nessun precedente passato, rappresenta una sfida ben più dura.
“Spesso coloro che fanno previsioni si sentono incentivati a esagerare la probabilità degli scenari peggiori” ha detto Philip Tetlock, esperto di previsioni politiche all’Università della Pennsylvania.
Può capitare che la probabilità di disastri venga gonfiata, come modo di accrescere la valenza di avvertimento, o perché credono che essere preveggenti sia qualcosa di cui potersi vantare, mentre qualora sbagliassero la gente se ne dimenticherà.
“Nel corso del tempo questo ha un effetto corrosivo sulla fiducia nella comunità di esperti”.
C’è una ricca storia recente di cataclismi che non si sono verificati.
Alcuni economisti avevano detto che negli Stati Uniti le battaglie congressuali sul bilancio nel 2013, che portarono a dei tagli severi noti col nome di “sequestro”, avrebbero potuto far tornare l’economia nella recessione. Quell’anno l’economia è cresciuta del 2,7%.
Allora, nel 2010 e nel 2012, alcuni economisti avvertirono che l’enorme programma di acquisto dei bond della Federal Reserve avrebbe causato iperinflazione, aumento dei prezzi delle materie prime e un collasso del dollaro. Niente di tutto questo è successo.
Gli allarmi abbondavano nel 2015, riguardo l’eventualità di voto contro il bailout da parte della Grecia capace di provocare un default sovrano o una crisi bancaria o addirittura l’uscita della Grecia dall’eurozona.
L’economia greca è lontana dall’essere una storia di successo, ma non ha fatto bancarotta. Il suo sistema bancario è malconcio e gran parte dei depositi sono stati prelevati, ma non è collassato. E la Grecia è rimasta nell’eurozona.
E che dire del Brexit?
Sono passati due mesi da quando gli elettori del Regno Unito hanno votato per uscire dall’Unione europea e sta diventando difficile determinare se la recessione che temevano in così tanti alla fine si materializzerà davvero, quantomeno nel breve termine.
Vale la pena ricordare il livello di preoccupazione precedente il voto. George Osborne, il Cancelliere dello Scacchiere, disse che un voto a favore del Brexit avrebbe provocato una “recessione fai da te”. Appena dopo il voto molti economisti prevedettero che la recessione sarebbe iniziata quasi immediatamente.
Nei giorni seguenti il voto, i mercati azionari internazionali in effetti scesero pesantemente. Se le cose fossero andate un po’ peggio si sarebbe diffuso un panico più ampio, dando luogo a un circolo vizioso. Invece, i mercati si sono ripresi. Il FTSE 100 (INDEX: UK100) è tornato vicino a livelli record verso metà agosto.
Né l’economia in generale ha mostrato molti segni di regressione.
I commercianti inizialmente hanno visto crollare le loro vendite ma le cose hanno registrato un’inversione di tendenza ad agosto, secondo i dati della Confederation of British Industry. L’indicatore che misura il numero di richieste di sussidi per la disoccupazione è calato a luglio, mostrando che in aggregato i datori di lavoro non hanno licenziato dipendenti a causa del voto.
La principale ditta che si occupa di costruzione di case nel Regno Unito, Persimmon PLC (LON: PSN), ha detto che l’interesse nella costruzione di case è rimasto “robusto” e ha previsto delle buone vendite in autunno.
Certo, è ancora presto e i dati potrebbero non essere ancora stati capaci di riconoscere un’inversione di tendenza verso il basso. Adam Posen, presidente del Peterson Institute for International Economics ed ex policy maker di Bank of England, ha detto che crede che anche se il Regno Unito schiverà tecnicamente la recessione, alla fine sarà evidente che la sua economi sarà stata danneggiata, il che darà ragione a molti degli allarmi.
Nonostante ciò, gli osservatori del Brexit “dovrebbero aver capito che le preoccupazioni erano esagerate ai tempi” ha detto Jay Bryson, economista internazionale per Wells Fargo Securities, che aveva previsto una modesta recessione per il Regno Unito ma che al contempo il paese fosse troppo piccolo per causare direttamente dei danni ingenti al resto del mondo.
Dopotutto la Bank of England ha la propria valuta, il che ha permesso al pound (GBP/USD) di deprezzarsi velocemente. La banca centrale ha tagliato i suoi tassi di riferimento ai minimi della sua storia di 322 anni. Il Brexit ha messo in moto un processo della durata di alcuni anni per lasciare l’Unione europea, non qualcosa di istantaneo, il che significa che la politica monetaria e la valuta avranno tempo per fare degli aggiustamenti.
Una visione indulgente suggerisce che il rischio era molto reale, ma che la Bank of England al contempo abbia agito in modo rapido questa volta.
“La reazione del mercato è stata abbastanza calma, ma sarebbe potuto avessere diverso” ha detto Paul Sheard, economista capo di S&P Global, che in precedenza aveva detto che l’incertezza dal Brexit sarebbe penetrata lentamente nell’economia nel corso dell’anno.
“Non penso si possa dare la colpa alle persone che stavano lanciando degli avvertimenti. Questo è più un male cronico che acuto. Che si farà sentire nel corso di un periodo di tempo molto esteso”.