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Dopo che Arabia Saudita, Russia, Venezuela e Qatar hanno deciso di congelare la produzione di petrolio ai livelli di gennaio, mostriamo le reazioni degli altri altri produttori.

Arabia Saudita e Russia, i più grandi produttori mondiali di petrolio, si sono accordati con Venezuela e Qatar per congelare la produzione nel tentativo di far risalire i prezzi, mai così bassi da 12 anni a questa parte. Il successo dell’intesa dipenderà dall’adesione anche di Iran, Iraq e altri grandi esportatori.

Ecco le dichiarazioni di alcuni dei principali paesi petroliferi in seguito all’accordo:

Iran

L’Iran rimane saldamente arroccato sulle sue politiche petrolifere, facendo sapere che innalzerà i quantitativi prodotti sino ai livelli precedenti alle sanzioni, proprio mentre altri importanti paesi dovrebbero incontrarsi a Teheran per discutere di una riduzione della produzione che ponga fine al crollo dei prezzi.

“È assurdo chiedere all’Iran di diminuire ulteriormente la sua produzione,” ha dichiarato Mehdi Asali, rappresentante iraniano all’OPEC, in un’intervista al quotidiano locale Shargh.

“Alla luce delle attuali circostanze, in cui l’Iran produce molto meno petrolio rispetto alle sue potenzialità, non si può pretendere un ulteriore calo da parte nostra,” ha dichiarato.

L’Iran è il principale argomento di discussione e, probabilmente, il paese che avrebbe più da perdere nel siglare un accordo per ridurre le esportazioni di greggio. Molti altri produttori – dalla Russia all’Iraq – stanno estraendo petrolio in quantità prossime, o pari, ai loro massimi storici.

Asali ha puntato il dito contro gli altri paesi dell’OPEC colpevoli, a suo dire, di aver incrementato la loro produzione mentre l’Iran era colpito dalle sanzioni, definendo il loro comportamento “irresponsabile” e aggiungendo:

Ora che i prezzi del petrolio sono crollati a causa dell’eccesso di produzione, questi paesi si aspettano che l’Iran collabori e paghi suo il prezzo per un mercato bilanciato.

Ma l’Iran sta semplicemente tornando a far crescere la produzione e le esportazioni dopo anni di sanzioni inflitte dall’Occidente a causa del suo programma nucleare. Ed è irremovibile nel voler riconquistare le quote di mercato che aveva perduto.

Iraq

L’Iraq, il secondo più grande produttore OPEC, è pronto a unirsi all’Arabia Saudita nel congelare, o addirittura ridurre, la propria estrazione di petrolio a patto che anche gli altri paesi siglino l’accordo, ha dichiarato un funzionario che tuttavia ha chiesto di rimanere nell’anonimato essendo le politiche petrolifere confidenziali.

Lo scorso 26 gennaio il ministro del petrolio Abdul Mahdi ha affermato che l’Arabia Saudita si sta mostrando più flessibile sull’ipotesi di un taglio alla produzione. L’Iraq ha incrementato la produzione sino a toccare in gennaio i 4,37 milioni di barili al giorno, contro i 2,4 milioni del 2010, nel tentativo di recuperare il terreno perduto dopo anni di guerra e di carenza di investimenti, indicano i dati elaborati da Bloomberg.

Kuwait

Il Kuwait si unirà all’accordo, congelando la sua produzione, se anche i principali produttori OPEC e non OPEC lo faranno. Lo ha detto martedì scorso Anas Al-Saleh, ministro delle finanze e a interim del petrolio, in un comunicato via e-mail, sottolineando che il terzo per grandezza tra i paesi OPEC accoglie positivamente il patto considerandolo un aiuto per il mercato e la stabilità dei prezzi.

L’accordo dovrebbe durare almeno tre mesi poiché l’OPEC deve comprendere le reazioni del mercato e dare alle azioni tempo sufficiente per scendere prima di prendere in considerazione un taglio della produzione, ha dichiarato una fonte anonima ben informata sui piani kuwaitiani.

Emirati Arabi Uniti

“La politica petrolifera degli Emirati Arabi Uniti è disponibile a cooperare con tutti i produttori nell’ottica del reciproco interesse e della stabilità del mercato,” ha scritto su Twitter il ministro del petrolio Suhail Al Mazrouei. “Siamo ottimisti per il futuro.”

I prezzi del greggio “non sono adeguati” per i produttori mondiali, ha dichiarato Mazrouei in un’intervista a Sky News Arabia lo scorso 10 febbraio. I paesi sono pronti a lavorare insieme e non effettueranno tagli sino a quando non ci sarà una completa collaborazione, ha precisato. Gli Emirati Arabi Uniti, guidati da Abu Dhabi, in gennaio hanno prodotto 2,97 milioni di barili al giorno secondo i dati elaborati da Bloomberg.

Arabia Saudita

L’accordo per congelare la produzione “è semplicemente l’inizio di un processo atto a valutare e a decidere se nei prossimi mesi ci sarà la necessità di ulteriori interventi per stabilizzare il mercato,” ha dichiarato il ministro saudita del petrolio Ali Al-Naimi dopo aver incontrato a Doha i suoi corrispettivi di Russia, Qatar e Venezuela. “Per il petrolio vogliamo prezzi stabili.”

I commenti di Al-Naimi hanno alimentato le speculazioni sul fatto che il più grande produttore petrolifero del mondo potrebbe in futuro intraprendere azioni per rianimare i prezzi. L’Arabia Saudita sino a questo momento non ha attuato alcun taglio alla produzione giustificandosi col fatto che, così facendo, avrebbe solamente perso delle quote di mercato a meno che anche gli altri paesi non avessero accettato di effettuare tagli analoghi.

Qatar

“Daremo immediatamente il via ai colloqui con gli altri principali produttori di petrolio, OPEC e non OPEC, Iran e Iraq compresi,” ha affermato il ministro dell’energia del qatariano Mohammed bin Saleh al-Sada dopo il meeting di Doha di martedì. Il Qatar sarà a capo del monitoraggio sull’accordo per il congelamento della produzione.

Il Qatar è tra i più piccoli produttori dell’OPEC, ed è il più grande esportatore mondiale di gas naturale liquefatto. La maggior parte dei contratti riguardanti il gas naturale sono legati ai prezzi del petrolio, perciò il loro crollo ha impattato negativamente sull’economia del paese. Il Qatar ha avvicendato l’Algeria nel tentativo negoziare un patto affinché i principali paesi petroliferi mondiali limitassero la produzione.

Venezuela

Il produttore latinoamericano è stato fra i più colpiti dal crollo dei prezzi del petrolio, proprio mentre crescevano le preoccupazioni riguardanti la possibile bancarotta del paese. Per diversi mesi il Venezuela ha cercato di convincere gli altri membri dell’OPEC e la Russia a tagliare la produzione. Il ministro del petrolio Eulogio Del Pino ha partecipato martedì scorso al summit di Doha e proseguirà nei suoi tentativi incontrando mercoledì le autorità di Iraq e Iran.

Russia

La Russia porrà un tetto alla sua produzione se anche gli altri paesi lo faranno, si legge in un comunicato del ministero dell’energia. Rosneft OJSC, la più grande azienda petrolifera del paese, continua a nutrire dubbi sull’accordo e sui suoi termini, ha dichiarato da Mosca il vicepresidente Mikhail Leontyev in un’intervista telefonica, aggiungendo che l’Arabia Saudita e l’Iran dovranno fornire valide garanzie.

In gennaio il petrolio estratto dalla Russia si è attestato a livelli record pari a circa 10,9 milioni di barili al giorno. Il paese d’inverno è alle prese con problemi tecnici che obbligano a tagliare la produzione a causa del rischio di congelamento degli oleodotti.

Azerbaijan

Il paese non ha alcuna intenzione di porre un limite alla propria estrazione di petrolio, ha dichiarato via e-mail Natiq Abbasov, viceministro dell’energia.

“L’Azerbaijan non è un grande produttore di petrolio, pertanto congelare o ridurre la produzione non cambierà nulla,” ha affermato.

In dicembre il paese ha prodotto 794 mila barili al giorno, rivelano i dati Bloomberg.

Norvegia

La Norvegia ha “preso atto” dell’intesa sulla taglio della produzione da parte dei quattro paesi, pur non avendo partecipato alla discussione, ha dichiarato via e-mail Ella Bye Moerland, portavoce del ministero del petrolio. Nel 2016 è comunque prevista una riduzione della produzione di greggio rispetto al 2015.

Brasile

Il secondo produttore latinoamericano non prenderà parte alle discussioni con gli altri paesi riguardanti il mercato del petrolio, ha reso noto via e-mail il ministero dell’energia, precisando che il Brasile sta rivedendo la propria legislazione allo scopo di attrarre gli investimenti ed essere così in grado di preservare la propria autosufficienza nel lungo periodo.

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