La borsa cinese è crollata due volte in una settimana. Cosa significa?
Il mercato azionario cinese è di nuovo sull’orlo del collasso. Dopo due giorni di forte e rapido calo, l’ultimo dei quali ha visto la chiusura delle transazioni solo pochi minuti dopo l’apertura, le azioni cinesi sono ancora una volta ai livelli più bassi già verificatisi nella seconda metà del 2015. L’ondata di misure amministrative messe in atto dal governo cinese per risollevare i mercati dal crollo dello scorso anno non sembra dunque aver prevenuto, ma soltanto posticipato l’ulteriore declino.
Anche i mercati azionari statunitensi hanno subito un drastico calo, verosimilmente di riflesso a quello cinese. Forse gli investitori si aspettavano che le grandi aziende americane facessero fortuna vendendo al mercato cinese. O ancora investitori influenti, danneggiati dal crollo cinese, stanno vendendo le azioni americane per mantenere bassa la loro leva finanziaria. Forse le crisi del mercato azionario generano ondate di pessimismo fluttuante.
Qualunque sia la ragione dell’ultima liquidazione, il grande quesito è quali saranno le ripercussioni della crisi del mercato azionario sull’economia cinese. Per oltre un decennio, l’economia cinese ha costituito il motore della crescita mondiale, perciò il suo rallentamento potrebbe provocare una grave recessione nei paesi che dipendono dagli scambi commerciali con la Cina. Se la frenata è lieve, ovviamente tale rischio diviene meno minaccioso.
Se la bolla e la crisi azionarie costituissero l’unico problema della Cina, il pericolo potrebbe non essere così grave. Gli studi dimostrano che le bolle sono meno dannose per l’economia reale quando coinvolgono il patrimonio invece del debito. La crisi del debito è dannosa per il sistema finanziario e crea gravi recessioni il cui recupero richiede anni. Le crisi patrimoniali, invece, non fanno altro che ridurre la ricchezza sulla carta. Un esempio di bolla patrimoniale che non ha inflitto gravi danni è quella delle dot-com avvenuta alla fine degli anni novanta. Quando si è conclusa, i prezzi della azioni erano ai minimi, ma la crisi aveva provocato solo una lieve recessione.
Il problema rappresentato dalla Cina è che la crisi del mercato azionario sembra soltanto la punta dell’iceberg di una distorsione molto più ampia e profonda dei mercati finanziari del paese.
I prezzi degli immobili cinesi, che hanno visto negli anni una fluttuazione, hanno subito un calo costante verso la fine del 2014 e per la maggior parte del 2015. La deflazione a lungo anticipata del mercato immobiliare cinese potrebbe dunque essere in arrivo.
La Cina soffre probabilmente anche di un problema legato al debito. Negli ultimi anni le banche cinesi, i governi locali e numerose aziende hanno fatto grande affidamento su vari strumenti di debito venduti direttamente ai privati attraverso un sistema di banche ombra. Un accordo tipico prevede l’istituzione di una società fiduciaria che prende in prestito denaro da investitori individuali vendendo titoli spazzatura. I profitti della vendita di questi titoli vengono poi reinvestiti, generalmente nel campo immobiliare o in società legate allo sviluppo di tale settore, come quelle di edilizia.
Questo sistema bancario ombra ha consentito l’accumularsi di debito insoluto, larga parte del quale direttamente o indirettamente collegata al settore immobiliare. Se i prezzi degli immobili crollano, le società fiduciarie falliranno e le banche, avendo investito in tali società, si ritroveranno in cattive acque. Tutto ciò creerà le condizioni per una crisi estremamente distruttiva.
In questo caso, le rotazioni del mercato azionario cui abbiamo assistito potrebbero rivelarsi nient’altro che un evento marginale all’interno del ciclo degli investimenti immobiliari. I mercati azionari cinesi hanno iniziato a risollevarsi verso la fine del 2014, proprio in occasione del calo dei prezzi immobiliari. Probabilmente gli investitori hanno cercato delle alternative al mercato immobiliare, provocando il rialzo dei prezzi fino a livelli irragionevoli, che a loro volta hanno attirato gli speculatori desiderosi di cavalcare l’onda del momento. A questo punto la crisi diviene inevitabile.
La situazione del mercato azionario cinese potrebbe dunque essere soltanto un sintomo di un fenomeno più esteso e preoccupante che si sta verificando sotto la superficie; la fine del boom immobiliare basato sul debito. È ciò che è avvenuto in Giappone alla fine degli anni ottanta, con la bolla e il crollo dell’indice Nikkei 225, ma è stata la lunga e lenta fase di ascesa e caduta del mercato immobiliare alimentata dal debito che ha davvero minacciato il sistema finanziario giapponese.
In definitiva, vi sono buone ragioni per provare inquietudine riguardo all’andamento dell’economia cinese. In che grado le sue vicissitudini influenzeranno le economie sviluppate è tutt’altra questione, quella a cui tutti al momento vogliono una risposta.