L’industria dell’eurozona rialza la testa
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Questo ritorno alla crescita segue due mesi di calo, segnalando il fatto che l'economia dell’eurozona potrebbe essere in ripresa.

In ottobre, la produzione industriale nella zona euro è aumentata più del previsto, dopo due mesi consecutivi di declino, portando con sè una nuova prospettiva sul recupero della crescita economica con l'arrivo della fine dell'anno.

L'aumento della produzione nelle fabbriche, miniere e dei beni di consumo suggerisce che il recupero della zona euro non è avvenuto così in ritardo tanto quanto temuto dalla Banca Centrale Europea.

Lunedì, l'agenzia statistica dell'Unione europea ha annunciato che la produzione industriale in ottobre è stata dello 0,6% in più rispetto a settembre e superiore dell'1,9% rispetto allo stesso mese del 2014. Un risultato migliore dell'aumento mensile dello 0,2% previsto dagli economisti intervistati, la settimana scorsa, da The Wall Street Journal.

La produzione industriale ha ristagnato nei tre mesi prima di settembre; una delle premesse era stata il rallentamento della crescita economica a partire dal secondo trimestre, dallo 0,4% allo 0,3%.

Se mantenuto, il ritorno alla crescita di ottobre suggerisce che l'economia della zona euro concluderà l'anno con una base più solida. Anche le indagini sull'attività e la fiducia nel mercato puntano verso una ripresa modesta della crescita economica per l'ultimo trimestre, mentre il tasso di disoccupazione è sceso al livello più basso dall'inizio del 2012.

Howard Archer, economista presso la IHS Economics, ha detto che ora c’è una "possibilità reale" del fatto che l'economia possa crescere a un tasso dello 0,5% da trimestre a trimestre, negli ultimi tre mesi dell'anno. Ha poi aggiunto:

"I produttori della zona euro stanno ottenendo un valido aiuto dai prezzi molto bassi del petrolio e delle materie prime, il che incrementa la loro capacità di mantenere i prezzi competitivi e ottenere buoni affari. Inoltre, un euro debole, sta incrementando la competitività dei produttori della zona euro sui mercati internazionali".

Se mantenuta nel prossimo anno, un'accelerazione della crescita potrebbe ridurre la necessità di ulteriori incrementi alle misure di stimolo della BCE, in seguito al taglio del tasso di deposito già negativo e l'estensione del suo programma di acquisto di bond, annunciato il 3 dicembre.

Tuttavia, molti di questi segnali positivi si basano sulle informazioni raccolte prima degli attacchi terroristici del 13 novembre a Parigi. Nei prossimi mesi, molto dipenderà da quanto tempo persisterà quel senso di insicurezza aumentato in seguito agli attacchi e quanto, di conseguenza, risulterà indebolita la fiducia delle imprese e dei consumatori. I controlli più severi sui movimenti attraverso le frontiere europee potrebbero rallentare il commercio, mentre i turisti potrebbero evitare alcune delle città più visitate al mondo.

Per ora, tuttavia, l'impatto economico degli attacchi sembra essere stato leggero, in linea con l'esperienza maturata, includendo gli attentati a Londra nel 2005 e a Madrid nel 2004.

Parlando ad una conferenza stampa all'inizio di questo mese, il presidente della BCE, Mario Draghi, ha ribadito che manterranno un occhio sugli sviluppi fino a che i responsabili politici non avranno un senso chiaro di quanto dannose saranno le minacce alla sicurezza per l'economia della zona euro.

"Certamente, abbiamo presente che la situazione futura è piena di rischi geopolitici ed è per questo che dobbiamo rimanere vigili", ha dichiarato giovedì in una conferenza stampa. "Ecco perché dobbiamo continuare con sicurezza il nostro impegno a perseguire e raggiungere l'obiettivo della stabilità dei prezzi, ben consapevoli del fatto che le condizioni circostanti possono effettivamente peggiorare a causa di questi rischi geopolitici".

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