Cosa deve fare l’Occidente con i sauditi?
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Ecco perché l’Occidente deve continuare la sua bizzarra alleanza con l’Arabia Saudita.

Qualcosa sta cambiando nei rapporti tra l’Occidente e l’Arabia Saudita. Potete leggerlo sui giornali. Potete sentirlo dai politici. E potete notarlo dalle modifiche alle politiche. Nella stampa occidentale, articoli ostili nei confronti dei sauditi sono adesso la normalità.

Domenica, il principale editoriale del The Observer ha accusato la relazione tra il Regno Unito e l’Arabia Saudita di essere “un’alleanza poco edificante che minaccia la nostra sicurezza”. Due giorni prima, la BBC ha pubblicato un articolo evidenziando “un’ondata di esecuzioni senza precedenti” in Arabia Saudita. Un paio di mesi fa, Thomas Friedman, probabilmente l’editorialista più influente degli Stati Uniti, ha definito il gruppo terroristico, l’ISIS, la “progenie ideologica” dell’Arabia Saudita.

Anche i politici stanno affrontando tematiche analoghe. Sigmar Gabriel, vice cancelliere tedesco, ha accusato l’Arabia Saudita di finanziare l’estremismo islamico in Occidente e ha aggiunto: “Dobbiamo far capire ai sauditi che il tempo di distogliere lo sguardo è finito”. Nel Regno Unito, Paddy Ashdown, ex leader dei liberali democratici, ha richiesto l’apertura di un’indagine a proposito del “finanziamento del jihadismo” in Gran Bretagna e ha puntato il dito contro l’Arabia Saudita. L’improvviso aumento della preoccupazione nei confronti dell’Arabia Saudita è dettato, in gran parte, dall’ascesa dell’ISIS. I politici occidentali sanno che la battaglia contro il jihadismo riguarda molto sia l’ideologia che le pistole. Quando cercano una fonte per la visione del mondo sull’ISIS, la riconducono sempre più alla filosofia wahabita promossa delle istituzioni religiose saudite.

L’influenza saudita in Occidente è stata indebolita anche da altri sviluppi. La “rivoluzione dello scisto” in America ha reso l’Occidente meno dipendente dal petrolio saudita. Nel frattempo, i disordini in Medio Oriente hanno gettato una luce violenta sulla politica estera saudita, con particolari rimostranze rivolte agli alti livelli di morti civili causate dall’intervento militare saudita nello Yemen e al ruolo di Riyadh nel sedare una rivolta nel Bahrein nel 2011.

Per il momento, tuttavia, tutte queste accuse hanno portato solamente a piccole modifiche nelle politiche occidentali. Per gli stessi sauditi, il cambiamento più allarmante è stata la determinazione di Barack Obama nel raggiungere un accordo sul nucleare con l’Iran, che ha dovuto affrontare una forte opposizione da parte dell’Arabia Saudita. Oltre all’accordo con l’Iran, tuttavia, ci sono stati solo piccoli gesti simbolici, come la decisione da parte della Gran Bretagna, dettata da preoccupazioni in materia di diritti umani, di far marcia indietro sul contratto di formazione per le prigioni saudite.

I critici occidentali dell’Arabia Saudita vogliono che le mezze misure vengano messe da parte. Costoro accusano i governi del Regno Unito e degli USA di essere asserviti al denaro saudita. Ashdown ha evidenziato l’influenza dei “ricchi del Golfo” nella politica britannica. L’Arabia Saudita resta inoltre un mercato determinante per i produttori di armi occidentali. Negli ultimi 18 mesi gli USA hanno approvato la vendita di oltre 24 miliardi di dollari di armamenti all’Arabia Saudita.

Ci sono anche validi motivi, che hanno poco a che vedere con il denaro, per il prosieguo della collaborazione tra Occidente e Arabia Saudita. Gli ultimi cinque anni hanno dimostrato che, quando nel Medio Oriente cadono i cattivi governi, questi vengono spesso sostituiti da qualcosa di ancora peggiore. I più potenti oppositori locali alla monarchia non sono i liberali, ma gli inflessibili islamisti. L’Occidente è attanagliato dal timore che l’Arabia Saudita possa diventare l’ennesimo Stato fallito. Un alto diplomatico del Regno Unito avverte:

“Sbarazzatevi della dinastia dei Saud e in sei mesi vi troverete a pregare per il loro ritorno”.

Anche il rapporto tra Arabia Saudita e jihadismo è complesso. È vero che gli islamisti in Arabia Saudita hanno fornito supporto ideologico e talvolta finanziario per i jihadisti di tutto il mondo. Ma è anche vero che la famiglia reale saudita in sé è stata presa di mira sia dall’ISIS che da al-Qaeda.

Allo stesso tempo, l’intelligence fornita dai sauditi è stata cruciale nel contrastare alcuni complotti terroristici in Occidente.

Come afferma un funzionario occidentale per la lotta al terrorismo:

“I sauditi sono spesso sia la fonte del problema, sia il suo migliore antidoto”.

Alcuni strateghi occidentali sognano di sbarazzarsi dell’alleanza saudita in favore di un riavvicinamento all’Iran. Se le politiche internazionali fossero come negli scacchi, questa potrebbe sembrare una mossa saggia.

Ma nel mondo reale, qualsiasi alleanza dell’Occidente con l’Iran è ancora una prospettiva remota. Non ci sono garanzie che i “moderati” possano mai ottenere il controllo di Teheran e che, nel frattempo, l’Iran continui a fornire gruppi armati radicali, come Hezbollah, e a destabilizzare i paesi vicini. Inoltre, allearsi con le più grandi potenze sciite allontanerebbe efficacemente i musulmani sunniti, che alimentano gruppi come l’ISIS. E gli attivisti per i diritti umani potrebbero far notare che l’Iran giustizia anche più persone rispetto all’Arabia Saudita.

Sapere che ci sono ancora buoni motivi perché l’Occidente collabori strettamente con l’Arabia Saudita, tuttavia, non vuol dire che nulla debba cambiare. La tolleranza religiosa è una questione di diritti su cui è necessario fare pressioni ai sauditi.

Da lungo tempo vi è qualcosa di disgustosamente vigliacco nell’approccio occidentale alla monarchia saudita. Gli europei e gli americani hanno accettato delle doppie misure, secondo cui ai sauditi sarebbe consentito di finanziare il loro genere di intolleranza religiosa, mentre vietano la pratica organizzata di altre religioni all’interno dell’Arabia Saudita.

Forse è giunto il momento di offrire una scelta ai sauditi: acconsentire all’apertura di chiese, tempi Indù e sinagoghe nell’Arabia Saudita o dover affrontare la fine dei finanziamenti sauditi per le moschee in Occidente.

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