L’impegno di Draghi
AP Photo/Francois Walschaerts
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Il 2015 sta per finire e Mario Draghi cerca di nuovo di mantenere l’economia europea sulla strada giusta. Il prossimo anno gli operatori finanziari potrebbero dover contare su di lui per fare la stessa cosa con i mercati finanziari globali, se l’aumento della tensione politica e della violenza internazionale si rivelerà duraturo.

Recentemente gli investitori hanno trascurato queste fiammate in gran parte perché la Federal Reserve distribuiva liquidi tramite interessi vicini allo zero e acquisto di bond.

Il comportamento speranzoso è continuato in questi ultimi giorni, quando gli attacchi terroristici di Parigi non sono riusciti a innervosire di molto l’indice CAC 40 e l’abbattimento di un aereo russo da parte della Turchia, la scorsa settimana, ha provocato solo una breve svendita di azioni a livello internazionale. L’indice DAX è perfino salito durante le polemiche sul flusso di migranti verso la Germania che sollevavano dubbi sul futuro politico del cancelliere Angela Merkel.

Adesso, con la Federal Reserve pronta ad aumentare il suo tasso di riferimento per la prima volta in nove anni, alcuni investitori temono che i mercati non saranno più inoculati dalla geopolitica.

In un’intervista telefonica Tina Fordham, capo analista politico globale di Citigroup Inc., ha detto:

“Il rischio geopolitico ha raggiunto il picco del post-Muro di Berlino e ciò malgrado questo ha avuto un impatto molto lieve sui mercati. Si tratta di vedere se la stretta della Federal Reserve significa meno liquidità e se questi rischi inizieranno a farsi notare”.

Se questo accadrà, ha detto la Fordman, allora il 2016 vedrà la politica prendere il posto delle sfide economiche, per esempio il rallentamento della Cina come fattore chiave del rischio nei mercati. Il prossimo anno sarà anche testimone di una nuova elezione presidenziale negli USA e probabilmente un referendum sull’adesione del Regno Unito all’Unione Europea, insieme ad altri plebisciti.

"Il rischio di coda"

Un sondaggio tra i gestori di fondi della Bank of America Corporation, rivela che il 18% cita la geopolitica come il più grande “rischio di coda”, appena dietro al 38% che cita la recessione cinese e il 23% che teme una crisi emergente di debito di mercato.

Che gli investitori si sintonizzino di più dipende, in sostanza, dall’abilità degli stimoli monetari extra della Banca Centrale Europea di Draghi di intorpidire i mercati contro tale minaccia, mentre la Federal Reserve si ritira. Lo stato patrimoniale della Federal Reserve è adesso circa il 25% del PIL degli USA, mentre quello di Draghi, al momento di circa 20%, è destinato ad aumentare e forse a un passo più veloce, se darà una spinta al suo programma dell’acquisto di beni la prossima settimana.

Come ha notato la Fordham, è l’Europa a sembrare particolarmente vulnerabile. Lei inoltre è preoccupata che le tensioni vadano dall’essere idiosincratiche all’essere interconnesse, mentre, per esempio, si formano dei collegamenti tra migrazione e terrorismo e anche con la possibilità “Brexit”.

Alla Deutsche Bank AG, lo stratega Marcos Arana è più tranquillo e fa notare che la politica monetaria globale resterà ultra lassista, perfino con tassi USA più alti, e che ci sono sempre delle tensioni geopolitiche da qualche parte nel mondo.

“I mercati sono molto focalizzati sulla Federal Reserve, sulla BCE. Questo comportamento non sembra destinato a cambiare entro breve. Forse può sembrare che i rischi geopolitici siano più alti, ma il mercato non sta reagendo a questi, e resterà così a meno che non si materializzeranno dei grandi rischi geopolitici”.

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