La cattiva gestione dei FS in tutto il mondo avrà pesantissime ripercussioni sull’economia.
Cos’hanno in comune la Norvegia, l’Arabia Saudita e la Russia? Forse il fatto di essere attive nell’industria petrolifera? O che nessuna di loro ha mai vinto la Coppa del Mondo, e probabilmente non lo farà mai? Può darsi, ma la vera risposta è l’essere tutte accomunate da immensi fondi sovrani (FS). Qualche anno fa, questi fondi di investimento a controllo statale erano sulla cresta dell’onda e portavano all’accumulo di enormi quantitativi di capitale dei paesi più ricchi di petrolio.
Lo scorso anno si stima che 7000 miliardi di dollari fossero sotto il loro controllo, e che stessero per diventare alcuni tra i più influenti protagonisti dei mercati di capitali. Ma ora, le stesse forti pressioni che subiscono i prezzi delle materie prime stanno colpendo anche i FS. Molti di essi hanno iniziato a vendere i propri asset. Se la liquidazione accelerasse, potrebbero profilarsi all’orizzonte grossi guai per l’economia mondiale.
Tanti soldi
È da almeno cent’anni che esistono forme di fondi sovrani, anche se è solamente nell’ultimo decennio che hanno assunto un ruolo di cruciale importanza nei mercati. L’idea di fondo è sempre stata piuttosto semplice: prendere parte della ricchezza generata da una risorsa finita, ad esempio il petrolio, e accantonarla allo scopo di poterla poi condividere con le generazioni future. Alcuni fondi sovrani sono diventati enormi. Quello norvegese vale almeno 900 miliardi di dollari, sufficienti per acquistare l’intera Apple, la più grande azienda del mondo. I fondi sovrani di Abu Dhabi hanno un valore di oltre 700 milioni di dollari, mentre quelli di Arabia Saudita, Kuwait e Cina valgono tutti oltre 500 miliardi di dollari. Per dirla in altre parole, si parla di molto, molto denaro.
Anche nel Regno Unito l’idea dei fondi sovrani ha riscosso una certa popolarità, nonostante possano sorgere dei dubbi riguardo all’effettiva esistenza di grosse somme da mettere da parte. Ukip, il Partito per l’Indipendenza del Regno Unito, ha proposto di creare un fondo sovrano per le risorse di gas di scisto presenti nel paese. In genere i FS vengono apprezzati dalle persone a cui, istintivamente, piacciono i grandi interventi statali per risolvere qualsiasi problema. Il guaio è che oggi i fondi sovrani stanno perdendo terreno: Norvegia, Arabia Saudita e Russia hanno tutte attinto ai loro fondi per coprire i deficit di bilancio.
La Norvegia preleverà 450 milioni di dollari, mentre sembra che la Russia abbia riscosso una ben più consistente cifra di 14.5 miliardi di dollari. E questi sono solamente i paesi di cui si hanno notizie. I grandi fondi statali dei paesi del Golfo, al pari dei loro governi, non sono certo famosi per la loro apertura e trasparenza. Se hanno iniziato a liquidare degli asset, potremmo non scoprirlo mai.
Il valore economico di gran parte dei fondi sovrani si basa sull’energia e sulle materie prime perciò, con prezzi tanto deboli di petrolio e commodities, questi paesi oggi stanno affrontando una notevole pressione finanziaria. Si sono creati deficit di bilancio e commerciali, perciò il denaro va cercato altrove. La situazione potrebbe cambiare se il prezzo del petrolio risalisse; tuttavia, considerando l’abbondanza dei gas di scisto e l’energia solare sempre più a buon mercato, così come la crescente efficienza dei combustibili, ciò potrebbe non verificarsi tanto presto. Questo significa che dovremo aspettarci un’accelerazione delle liquidazioni dei fondi sovrani.
L’incompetenza degli stati
Vi è un ulteriore fattore da considerare. Quanto a gestione del denaro, i governi non si stanno dimostrando migliori rispetto ad altre loro attività. Alcuni FS hanno preso decisioni discutibili. Il Qatar, ad esempio, era il terzo investitore di Volkswagen, nonché uno dei principali investitori del colosso delle materie prime Glencore. Anche i fondi sovrani norvegesi avevano investito in entrambe le aziende, perdendo il 5% circa del valore durante il crollo dei mercati di quest’estate.
Il fondo sovrano della Libia divenne famoso per via delle sue perdite e decisioni errate, e venne coinvolto in una serie infinita di battaglie legali prima della caduta del regime. In realtà, amministrare con successo qualsiasi tipo di fondo d’investimento è estremamente difficile. Quando si è gravati dai rapporti con un governo, e con somme tanto consistenti da gestire, diventa praticamente impossibile.
Nella maggior parte dei casi la questione riguarderebbe solo i FS in sé. Ma i fondi hanno accumulato così tante proprietà che, se dessero il via a massicce liquidazioni, ne deriverebbero ingenti crolli nei prezzi. Ancor peggio, alcuni di essi potrebbero trasformarsi in forced seller. Probabilmente ciò non avverrà in Norvegia, ma potrebbe facilmente accadere in Russia dove l’economia è in recessione e sta oggi affrontando enormi pressioni a livello finanziario, così come in molti stati del Golfo – le finanze dell’Arabia Saudita, con la sua popolazione tanto numerosa, giovane e disoccupata, appaiono sempre più instabili. Dovendo scegliere tra la diminuzione del loro potere e la liquidazione dei fondi in perdita, la maggior parte dei governi opta per quest’ultima.
Ciò potrebbe rivelarsi particolarmente critico soprattutto per quanto riguarda il private equity, di cui i FS sono grandi investitori avendo immesso denaro nei fondi e acquistato direttamente molti asset. Ma se il fenomeno dovesse diffondersi, verrebbero coinvolti il sistema bancario e, in seguito, i mercati azionari nel loro complesso.
La prossima crisi
Molti diversi fattori potrebbero innescare le prossime crisi di mercato. Un improvviso aumento dei tassi di interesse, soprattutto negli Stati Uniti; un crollo dei mercati obbligazionari; oppure ancora un collasso dell’economia cinese. Ma in questo momento, probabilmente la causa più verosimile è quella che nessuno sta ancora considerando – un’ondata di vendite da parte dei fondi sovrani. È già iniziata e, se proseguirà, i risultati non saranno certo piacevoli.