La scomparsa delle riserve
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Il più grande deposito di riserve del mondo sta crollando e ciò solleva preoccupazioni sul ridursi della liquidità globale.

Un elemento caratteristico dell’economia mondiale negli ultimi 15 anni è stato l’accumulo senza precedenti di riserve in valuta estera. Le banche centrali, guidate da quelle in Cina e dagli stati produttori di petrolio, mettono su enormi riserve di valute di altri paesi. Le riserve mondiali sono aumentate da 1,8 mila miliardi di dollari nel 2000 a 12 mila miliardi di dollari nel 2014. Questo si è dimostrato essere il punto più alto. Da allora le riserve sono calate di almeno 500 miliardi di dollari. La Cina, le cui riserve raggiungono circa i 4 mila miliardi di dollari, ha bruciato una dopo l’altra parte delle sue holding per sostenere lo yuan, come capitale che una volta scaturito ha iniziato a disperdersi. Altri mercati emergenti, specialmente quello russo e quello arabo, hanno inoltre fatto appello alle loro riserve segrete per i tempi difficili. Questo ha scatenato segnali di allarme che il mondo stesse affrontando una crisi di liquidità dalle riserve in diminuzione. Quando le banche centrali in Cina e nel resto del mondo stavano comprando Treasuries e altre obbligazioni di valore, ciò ha esercitato una pressione al ribasso sui rendimenti obbligazionari dei paesi ricchi. Esaurire queste riserve significherà vendere alcuni di questi beni accumulati. Ciò minaccia di far aumentare i tassi d’interesse globali, in un momento in cui la crescita è fragile e i mercati finanziari sono instabili. Gli analisti della Deutsche Bank hanno chiamato l’effetto “Quantitative tightening” (traducibile come "stretta quantitativa"). In teoria, le banche centrali dei paesi ricchi sarebbero in grado di compensare l’impatto di questo con, ad esempio, un “Quantitative easing” (QE) aggiuntivo, l’acquisto delle loro stesse obbligazioni con la moneta della banca centrale. In pratica ci sono degli ostacoli per poterlo fare.

Il fatto che le riserve di un paese potessero influenzare i rendimenti obbligazionari di un altro è stato espresso memorabilmente da Ben Bernanke nel 2005, in seguito direttore della Federal Reserve e più tardi suo presidente, nella sua ipotesi dal nome “Bolla globale del risparmio”.

Le forti eccedenze delle partite correnti tra i mercati emergenti sono state il riflesso di un abuso di risparmio nazionale. L’eccedenza di capitale doveva pur finire da qualche parte. La maggior parte di questa è stata incanalata dalle banche centrali in obbligazioni dei paesi ricchi tenute nelle loro riserve in crescita. Le crescenti riserve di obbligazioni hanno compresso i tassi di interesse nei paesi ricchi.

Tenendo in considerazione la gamma di cose che influenzano i tassi d’interesse, dalla crescita alla demografia, gli economisti hanno tentato di stimare l’impatto dell’accumulo di riserve.

Francis e Veronica Warnock della University of Virginia hanno decretato che gli acquisti di obbligazioni estere hanno abbassato i rendimenti sui Treasuries decennali di circa 0,8 punti di percentuale nel 2005. Un recente studio da parte di ricercatori alla BCE ha riscontrato un effetto simile: l’aumento di holding estere delle obbligazioni dell’euro-zona ha ridotto i tassi d’interesse a lungo termine di circa 1,5 punti di percentuale durante la metà degli anni 2000.

Eppure ci sono ancora dubbi su quanto saldamente le riserve e i rendimenti delle obbligazioni siano connessi. Claudio Borio della Banca dei regolamenti internazionali e Piti Disyatat della Bank of Thailand hanno notato che il rendimento dei Treasuries ha teso al rialzo nel 2005-07 anche se i flussi di capitali in America sono rimasti forti, e che i tassi sono poi crollati quanto questo afflusso è iniziato a diminuire. E l’anello ha iniziato a diventare piuttosto debole durante quest’anno.

Le riserve si sono esaurite, ma sia in Europa che in America anche i rendimenti delle obbligazioni sono crollati. Una spiegazione risiede nel fatto che le variabili interne abbiano più importanza rispetto a quelle estere. L’acquisto di obbligazioni da parte della Federal Reserve durante il suo programma QE nel 2008-14 ha avuto più rilevanza nello stabilire tassi d’interesse a lungo termine per l’America piuttosto che nell’incrementare l’assegnazione delle riserve da parte delle banche centrali estere. Nell’ultimo semestre, il QE della BCE ha avuto un effetto frenante sui rendimenti dell’euro-zona. Questo suggerisce che cambiamenti nelle riserve in valuta estera non siano uno sforzo insormontabile. Nella misura in cui un calo causa austerity non desiderate, le banche centrali dei paesi ricchi possono contrastarlo acquistando obbligazioni. E ancora, sebbene le vendite di beni da parte delle banche centrali nei mercati emergenti siano adesso superiori agli acquisti da parte delle loro controparti nei paesi ricchi (vedi grafico), la Fed mostra scarsa propensione nel riprendere il QE.

Potrebbero esserci altre circostanze attenuanti. Il capitale defluito dai mercati emergenti non è svanito. La maggior parte di questo è finito con il tornare da dove proveniva in principio. Se un miliardario cinese volesse portar via il suo denaro dal paese, potrebbe cambiare i suoi yuan in dollari con diversi mezzi illeciti. Questo ridurrebbe le riserve di valuta della Cina, ossia le sue holding delle obbligazioni americane. Mettiamo che poi il miliardario utilizzi il denaro per comprarsi una casa a Los Angeles; il venditore della casa depositerebbe i ricavi in una banca locale, che, in cambio, potrebbe utilizzare il deposito per acquistare obbligazioni americane.

Oggetti smarriti

Se i paesi che hanno accumulato riserve fossero al primo posto, probabilmente ci sarebbe da preoccuparsi ulteriormente. Quando le loro banche centrali hanno cominciato ad acquistare capitali stranieri, li hanno pagati con denaro appena stampato, aumentando così la disponibilità monetaria.

Quando passeranno dal comprare capitali stranieri al fine di reprimere le loro valute al vendere questi capitali per sostenerli, restringeranno proporzionalmente la massa monetaria.

Ma anche queste preoccupazioni possono essere superate. Le riserve non sono l’unico elemento determinante della disponibilità monetaria interna.

Le banche centrali hanno assorbito molti dei soldi creati quando avevano inizialmente accumulato riserve, “neutralizzando” così l’impatto. Adesso possono annullare questo procedimento diminuendo, ad esempio, la quantità di denaro che le banche dovrebbero custodire presso la banca centrale, come ha fatto la Cina. E proprio come le banche centrali nei paesi ricchi fanno utilizzo di operazioni di mercato aperto – comprare e vendere beni interni su base giornaliera, per influenzare i tassi di interesse a breve termine, lo stesso può essere fatto da quelle nei paesi in via di sviluppo. Tali operazioni richiedono tuttavia abilità e grandi mercati di capitali.

Le autorità hanno un ulteriore freno sul Quantitative tightening: i controlli sui movimenti di capitali. La Cina ha arginato il flusso di cassa nelle ultime settimane e le sue riserve, che sono crollate di 95 miliardi ad agosto, si sono ridotte a dei meno allarmanti 43 miliardi nel mese di settembre. Se il denaro infrangesse le sue barriere e si impennasse nuovamente, la Cina sarebbe costretta a svalutare lo yuan per la seconda volta. Con la crescente preoccupazione per l’economia mondiale, molti sperano che quest’argine possa resistere ancora per qualche tempo.

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