Le nuove leggi anti-evasione dell’OCSE
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Gli sforzi per migliorare le norme in materia di utili aziendali sollevano interrogativi.

Quasi 50 governi hanno stabilito un accordo per quest'autunno su una nuova serie di leggi per reprimere l'evasione fiscale tra le multinazionali ma la loro possibilità di successo è dubbia.

Se le leggi dovessero funzionare come previsto, aiuteranno ad assicurare che le grandi aziende paghino le tasse sui profitti guadagnati, aumentando così i ricavi dei governi, in particolare nei paesi più grandi. I sostenitori dicono che regole più severe equalizzeranno la concorrenza tra piccole e grandi imprese, visto come quest'ultime ottengono attualmente un vantaggio nell'essere maggiormente in grado di evitare le tasse.

Molto meno certo è quanto ampiamente si applicheranno le nuove regole e se dopotutto faranno realmente aumentare le entrate statali. Rimane anche poco chiaro se gli Stati Uniti prevarranno l'opposizione al Congresso, dove i critici mettono in discussione il diritto del Dipartimento del Tesoro di applicare normative internazionali che non rispecchiano la legislazione degli Stati Uniti.

L'impegno internazionale è stato lanciato nel 2012 quando i governi si sforzarono per contenere l'aumento del deficit nella spesa pubblica che seguitò nella crisi finanziaria e nella recessione globale.

Durante la crescita del deficit emersero una serie di rivelazioni sull'evasione fiscale a larga scala da parte di una lunga lista di grandi aziende, così che i funzionari statali rivolsero l'attenzione alla rete di migliaia di patti fiscali risalenti fino agli anni '20.

Questi trattati erano inizialmente allo scopo di prevenire la doppia imposizione degli utili delle società. Ma nel corso del tempo divennero un parco giochi per le aziende impegnate in quello che alla gente del fisco piace chiamare Erosione della Base Imponibile e Trasferimento degli Utili (Base Erosion and Profit Shifting, BEPS), un termine tecnico per indicare lo spostamento dei guadagni alle giurisdizioni con le tasse più basse.

Il nuovo regolamento, forgiato sotto la direzione dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), con sede a Parigi, sarà presentato nel mese di ottobre ai ministri delle finanze del G20, gruppo delle 20 più grandi economie. Con un'approvazione unanime tutto meno che assicurata, sarà poi mandato in revisione finale ai capi di Stato del G20 per il mese di novembre.

Il principio alla base delle nuove regole è che i profitti dovrebbero essere tassati dove vengono generati, piuttosto che dove provocano l'aliquota fiscale più bassa.

"La pianificazione fiscale continuerà ma stiamo chiudendo le vie più trafficate", ha dichiarato Pascal Saint-Amans, direttore del Centro per la Politica Fiscale e per l'Amministrazione dell'OCSE, che ha supervisionato il progetto BEPS.

Non sarà un lavoro facile

Identificare esattamente dove si generano i guadagni è complesso e lo diventa sempre più a mano a mano che le catene di distribuzione diventano più globali. Un prodotto che finisce su una mensola in Germania o negli Stati Uniti può contenere componenti fabbricati in una dozzina di altri paesi ed includere inoltre la proprietà intellettuale sotto forma di brevetti, licenze e marchi di altri paesi ancora. Tali beni immateriali possono anch'essi essere registrati praticamente ovunque, anche in un piccolo ufficio di una giurisdizione a bassa fiscalità.

Per questo motivo, le persone coinvolte nel progetto BEPS credono che la loro conquista cardinale sarà richiedere alle aziende di dichiarare l'ammontare dei ricavi, l'utile e le imposte pagate in ogni paese, oltre al lavoro totale, i capitali ed i beni utilizzati in ogni luogo. Questo darebbe agli esattori un'idea più chiara di quanto profitto viene generato in ogni fase del processo di produzione.

Oltre ad essere costosa da applicare, la segnalazione paese per paese ha sollevato preoccupazioni tra le multinazionali sul fatto che le informazioni potrebbero finire nelle mani sbagliate.

Il Presidente del Comitato Finanziario del Senato, Orrin Hatch (Utah, USA) ed il presidente della Camera dei Comuni, Paul Ryan (Wisconsin, USA) si sono uniti nell'opposizione. I vantaggi nel fornire ad altri paesi informazioni aziendali sensibili sono "poco chiare, nel migliore delle ipotesi", hanno scritto il mese scorso in una lettera per il Segretario al Tesoro, Jacob Lew.

I testimoni ai colloqui dicono che gli sforzi per emendare le nuove leggi da parte dei legislatori di tutto il mondo rallenterebbe il loro adempimento e minaccerebbe di rendere la loro messa in opera meno globale e coerente rispetto alle intenzioni dei loro progettisti.

Francesca Lagerberg, esperta di fisco internazionale presso la società di servizi al business, Grant Thornton, ha detto:

"Molti paesi osserveranno la guida americana per vedere quanto siano impegnati. Il consenso generale è che la gente è insicura riguardo a quanto i governi chiave siano disposti ad attuarle".

Presso l'OCSE, il signor Saint-Amans ha detto che l'obiettivo non è quello di armonizzare le norme fiscali ma di fissare degli standard internazionali con "un'influenza reale". In altre parole, non è essenziale che ogni governo in sostegno dei nuovi standard riesca nella loro attuazione.

"Il modo in cui tutto questo è stato progettato è che se si ha un rifiuto da parte di uno Stato, gli altri siano in grado di proteggere le loro basi imponibili", ha detto.

L'altra grande incognita circa le nuove leggi è di quanto ammonterebbero le entrate statali supplementari.

L'OCSE ha stabilito che fornirà una stima sulla portata dell'evasione fiscale globale il 5 ottobre. La Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo ha concluso nel mese di giugno che le imprese evadono tasse per 200 miliardi di dollari all'anno solo incanalando i loro investimenti oltremare attraverso centri finanziari esteri. Gli economisti del Fondo Monetario Internazionale hanno stimato a maggio che le entrate fiscali perdute equivalgono allo 0,6% del prodotto interno lordo delle economie più sviluppate e all'1,75% del PIL nelle economie in via di sviluppo.

Tali somme sono abbastanza grandi da incentivare i governi a reprimere l'evasione. Che riescano a farlo resta tutto da vedere.

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