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21 settembre 2017

Diamo un’occhiata ai punti salienti di una ricerca di 114 pagine dedicata all’industria delle criptovalute.

L’Università di Cambridge ha pubblicato uno studio molto dettagliato che offre un’ampia prospettiva sullo stato dell’industria delle criptovalute.

144 soggetti, tra società, organizzazioni e miner individuali hanno preso parte all’indagine, condotta da settembre 2016 fino a gennaio 2017 tramitedei questionari anonimi online. 38 i paesi coinvolti, sparsi per 5 continenti.

Gli autori ritengono di aver coperto “oltre il 75% dei quattro settori dell’industria delle criptovaluta trattati in questo rapporto”, ovvero exchange, wallet, mining e pagamenti.

L’industria delle criptovalute

Nell’industria delle criptovalute vengono impiegate a tempo pieno almeno 1.876 persone, la maggior parte delle quali nella regione dell’Asia-Pacifico (720) e nel Nord America (686).

All’interno di questo settore i confini tra le aree di attività si fanno sempre sfumati: il 31% delle società intervistate opera in due o più settori diversi legati al mondo delle criptovalute.

Exchange

“Il settore degli exchange conta il numero più alto di entità operative e impiega più personale di ogni altro settore trattato in questo studio”, scrivono i ricercatori.

Inoltre il 52% degli exchange è in possesso di una licenza formale, mentre quella cifra scende al 35% nel caso delle società di dimensioni più grandi.

Tutte le piattaforme che hanno preso parte alla ricerca supportano Bitcoin. Subito dopo, Ethereum e Litecoin sono le cripto più popolari. Seguono Ripple, Ethereum Classic, Monero, Dogecoin e Dash.

Wallet

Lo studio stima la dimensione degli utenti attivi di wallet tra i 5,8 milioni e gli 11,5 milioni. La maggior parte si trova in Europa e Nord America; entrambe le regioni contano per il 30% della quota mondiale.

Il 52% dei provider di wallet offrono uno strumento integrato per operare come exchange, di cui l’80% offre la possibilità di cambiare la propria moneta nazionale in criptovaluta.

Ma, a differenza degli exchange, la maggior parte dei proivder di wallet non ha accesso alle chiavi degli utenti.

Mining

Il 58% delle grandi mining pool hanno sede in Cina. Seguono gli Stati Uniti con il 16%. Il 70% dei grandi miner ritiene inoltre di avere un grado alto o molto di influenza circa lo sviluppo del protocollo.

I ricavi da mining hanno vissuto un grande periodo di oscillazioni. Per esempio, scrive CoinTelegraph, “i ricavi totali da mining di bitcoin (ricompensa per il blocco + commissioni della transazione) se convertiti immediatamente in dollari americani erano molto più alti nel 2014 che nel 2016”.

Rispettivamente 786 milioni di dollari contro 563 milioni di dollari.

Ad aumentare vertiginosamente sono state invece transazioni di bitcoin, che nel 2016 hanno raggiunto quota 13,6 milioni di dollari dai 2,3 milioni di dollari dell’anno precedente.

Corrado Nizza

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