7 interrogativi sul salvataggio delle banche venete
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27 giugno 2017

Le regole sembravano chiare. Dopo che i contribuenti europei erano stati costretti a pagare di tasca propria i costi del salvataggio delle banche durante la crisi finanziaria globale, era stato deciso che da quel momento in avanti gli istituti a rischio fallimento si sarebbero dovuti rivolgere ad azionisti e creditori. Ma i 17 miliardi di euro che questo fine settimana il governo italiano ha messo a disposizione per il salvataggio di due banche venete raccontano una storia diversa. L’accordo per salvare Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza porta con sé una serie di conseguenze e interrogativi che impensieriscono tutti da Roma a Bruxelles.

1. Qual è la differenza tra liquidazione e risoluzione?

Sotto le nuove regole Ue, viene avviato un processo di “risoluzione” per le banche in fallimento che passa a delle autorità indipendenti il potere decisionale in merito alla ristrutturazione degli istituti. La norma, detta Direttiva sul Risanamento e la Risoluzione delle Banche o Bank Resolution and Recovery Directive (Brrd), mira a proteggere i contribuenti dall’obbligo di salvare le banche e invece coinvolge i creditori, obbligazionisti senior inclusi.

Nel caso delle banche italiane il Single Resolution Board, l’agenzia dell’eurozona che si occupa della gestione dei fallimenti delle banche, ha deciso di non mettere in atto la risoluzione e che la liquidazione non avrebbe avuto un “impatto significativo sulla stabilità finanziaria”.

Così è stato possibile aprire la procedura fallimentare nazionale per le due banche.

2. Qual’era il livello di rischio per il sistema finanziario?

Il bilancio totale delle due banche ammonta a 55 miliardi di euro, circa il 2% del sistema bancario italiano. Questo ha convinto le autorità Ue che il loro fallimento avrebbe avuto un effetto sistemico limitato.

Ma allo stesso tempo l’Italia è stata in grado di segnalare la presenza di un rischio economico a livello regionale. Inoltre alcuni banchieri e funzionari ritengono che le banche venete rappresentano un rischio per le altre banche della nazione. Una risoluzione sotto le regole Ue avrebbe voluto dire dover trovare 12 miliardi di euro per il deposito di garanzia predisposto.

In quel caso UniCredit, Monte dei Paschi di Siena e UBI Banca, tutti istituti che di recente si sono rivolti al mercato, o che vi stanno rivolgendo, per raggiungere un aumento di capitale, sarebbero state costrette a portare avanti nuove operazioni simili col rischio di essere ignorate dagli investitori.

Oltre a tutto questo, tutti i crediti esistenti dalle due banche venete sarebbero stati richiamati con effetto immediato.

I funzionari e i banchieri italiani temevano che il risultato di tutto ciò sarebbe stato il caos amministrativo e un effetto domino, che dalle banche si sarebbe trasmesso alle altre istituzioni finanziarie.

Due casi che illustrano la crisi del sistema bancario italiano
Due casi che illustrano la crisi del sistema bancario italiano

3. Perché gli obbligazionisti senior non sono stati colpiti?

L’Italia voleva proteggere i creditori, compresi gli obbligazionisti senior, perché una quantità significativa di bond delle banche venete è stata venduta a investitori retail, dicono i funzionari Ue.

Così l’Unione europea ha dato all’Italia il permesso di aggirare le regole che avrebbero fatto sì che le perdite ricadessero sugli obbligazionisti senior.

Per fare tutto ciò è stata cruciale la decisione di liquidare le due banche sotto la legge nazionale di procedura fallimentare, in quanto la Brrd impone le perdite sui creditori senior per raccogliere i fondi necessari alla ristrutturazione.

Il governo ha quindi emesso un decreto d’emergenza con cui le banche saranno ristrutturate sotto la legge italiana. In tutto questo Intesa Sanpaolo (XETRA: Intesa Sanpaolo [ISP]), la banca italiana con la più alta capitalizzazione, ha avuto modo di scegliere di acquisire gli asset sani delle due banche venete e ha potuto godere di un sussidio del governo da 5,2 miliardi di euro.

Lunedì Fabio Panetta, vice direttore generale della Banca d’Italia, ha detto che “la risoluzione sarebbe stata molto costosa non solo in termini monetari ma che in termini di fiducia”.

Un altro problema per Bruxelles e Roma è dato dal fatto che 10 miliardi di euro di bond emessi dalle due banche erano garantiti dallo Stato italiano, con l’ok della commissione Ue.

I bond non hanno dato all’Italia grande possibilità di scelta: o mettere in campo degli aiuti statali per facilitare la liquidazione delle banche (e così proteggere alcuni obbligazionisti) o permettere la distruzione dei bond, le cui garanzie sarebbero state comunque rivendicate. In ogni caso lo Stato avrebbe finito col pagare.

4. Perché le garanzie sono state autorizzate?

Secondo alcune fonti del Financial Times la decisione presa a gennaio dalla Bce è stata dettata dal fatto che i due istituti erano solventi, nonostante i numerosi timori che riguardavano la salute delle due banche e la loro scarsa performance negli stress test.

A quanto pare la dichiarazione di insolvenza era subordinata alla fine di un processo (poi fallito) che richiedeva alle due banche di raccogliere una quantità sufficiente di capitale privato.

5. Perché Intesa ha ricevuto delle garanzie dallo Stato?

Tanto Intesa Sanpaolo in Italia quanto Banco Santander in Spagna hanno comprato delle banche rivali al prezzo di 1 euro nel corso dell’ultimo mese.

In entrambi i casi sono stati gli azionisti e gli obbligazionisti junior delle banche più piccole a essere colpiti, mentre gli obbligazionisti senior e i depositi sono stati protetti. Ma i punti in comune finiscono qui.

Innanzitutto le autorità italiane hanno trovato una falla nella Brrd. E poi Intesa Sanpaolo ha detto che avrebbe acquistato le altre due banche solo se un bailout si fosse occupato dei crediti deteriorati, dei costi della chiusura delle filiali, dei licenziamenti e dei rischi legali.

Santander al contrario ha dovuto lanciare un aumento di capitale da 7 miliardi di euro tramite la vendita di azioni, in modo da raccogliere i fondi necessari all’acquisto di Banco Popular. Madrid si è rifiutata di coinvolgere i contribuenti nel salvataggio di Popular.

Ma va anche detto che Popular era una banca più grande e in condizioni migliori rispetto alle due banche venete, che hanno invece una percentuale più alta di crediti tossici. Senza contare che Popular aveva una rete di credito a piccole aziende che faceva gola da tempo a Santander.

6. I problemi del sistema bancario italiano sono finiti?

Queste sono quantomeno le speranze del governo. Lo stesso Panetta ha detto:

“Potrebbe essere un punto di svolta, non solo per queste due banche ma anche per la percezione e l’immagine del sistema finanziario italiano”.

E la reazione del mercato sembra dargli ragione, dato che il comparto bancario ha registrato due seduti in territorio positivo dopo la notizia del salvataggio.

Ma le banche italiane non sono ancora fuori pericolo. Il Parlamento potrebbe non approvare il decreto, per esempio. E anche se al salvataggio di Mps, a lungo il punto debole per eccellenza del sistema bancario, manca solo l’ok dell’Unione europea, ci sono altri focolai di crisi in agguato, a partire dalla genovese Carige.

E se in Italia la ripresa economica non accelera allora sarà difficile per la banche ridurre la quota di non-performing loans e aprire il rubinetto del credito.

La scommessa contro le banche italiane
La scommessa contro le banche italiane

7. Quali sono i danni per l’unione bancaria dei paesi europei?

L’Unione europea aveva introdotto la Brrd per impedire alle banche che fallivano di poter contare su un bail out a carico dei contribuenti. Ma secondo alcuni investire l’accordo sulle banche venete non fa che infliggere un colpo letale a quelle stesse regole.

David Benamou, managing partner della parigina Axiom Alternative Investments, ha dichiarato in proposito:

“Qualsiasi paese che vorrà proteggere gli obbligazionisti senior (privilegiati o meno) adesso ha un modo legale per farlo: le autorità italiane hanno scoperto una formidabile scappatoia nel Brrd”.

D’altra parte c’è anche chi sostiene che l’effetto dell’accordo è positivo perché ha mostrato che il sistema, quando sfidato, si piega ma non si spezza: dopotutto l’Italia ha affrontato un tema particolarmente delicato dato che una grande porzione dei bond senior delle due banche sono in mano a investitori retail.

Eppure a Bruxelles sono sempre di più i politici e i funzionari che pensano che il sistema sia uscito danneggiato dall’accordo sulle banche venete e che la credibilità dell’unione bancaria dell’eurozona è a rischio.

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