Gli investitori stanno prendendo di mira le banche italiane? Sembra di sì, a vedere i dati degli ultimi cinque anni sui credit default swap. Ma ci sono altri elementi di cui bisogna tenere conto.
Non siamo in Venezuela o Ucraina, ma i credit default swap in Italia stanno crescendo di nuovo e anche i timori nei mercati. In breve, i CDS sono dei derivati utilizzati come assicurazione contro il rischio di credito. All’aumentare del numero di CDS, aumenta il rischio. Gli investitori tendono a servirsene come un indice che monitora la paura.
E adesso questi derivati sono vicini ai livelli visti dopo il voto sulla Brexit lo scorso giugno. Che sta succedendo?
French Connection
Negli ultimi 12 mesi gli sviluppi politici nell’eurozona hanno certamente pesato sui bond italiani. Lo spread con i titoli decennali tedeschi continua ad allargarsi, come è accaduto a seguito referendum sulla Brexit e dopo l’elezione di Donald Trump, e la colpa è della campagna elettorale francese.
Lo scandalo Penelope Gate che si è abbattuto sul candidato repubblicano Francois Fillon (uno dei principali rivali della leader del Front National, Marine Le Pen) sta allontanando gli investitori dall’Italia. O almeno questo è quanto sostengono i ricercatori di Bretton Woods Research, una società di analisi macroeconomica e strategie d’investimento con sede a Long Valley, nel New Jersey, che giovedì ha scritto in una nota ai suoi clienti:
“Se Le Pen riesce a rivendicare il mantello della crescita e sorprendere al primo o al secondo turno delle elezioni, il 23 aprile e il 7 maggio, lo spread sui rendimenti dei titoli italiani e tedeschi si allagherà e i prezzi dei CDS italiani aumenteranno. Un tale shock nel mercato obbligazionario italiano potrebbe affrettare la richiesta di nuove elezioni, con il Movimento 5 Stelle, il partito anti-Ue e anti-austerity di Beppe Grillo, primo partito intorno al 30% nei sondaggi e in continua a crescita nei consensi”.
Troppo lenta
Nei mercati azionari, tra i maggiori ETF delle economie dell’eurozona, l’Italia arranca vistosamente: l’iShares MSCI Italy segna una crescita di solo lo 0,6%, mentre Francia e Germania si attestano rispettivamente al 3,24% e al 4,9%. Nell’anno in corso l’Italia viene battuta anche dal Vanguard FTSE Europe, che segna +4,3%.
Per Wall Street, le banche italiane sono destinate comunque a vedere giorni migliori. Sempre più osservatori concordano che l’Italia sta compiendo finalmente i passi necessari per gestire i problemi del suo sistema bancario.
Gli enti regolatori in Italia e Ue stanno mettendo pressione su Monte dei Paschi di Siena, affinché migliori lo stato del suo bilancio, mentre il 23 dicembre scorso il governo ha emesso un decreto d’emergenza con al suo interno delle misure per ripulire il settore. Il Parlamento italiano ha approvato uno scudo salva banche che potrà gestire fino a un massimo di 20 miliardi di euro per il 2017. Sebbene alcuni esperti restino scettici riguardo al fatto che i soldi siano abbastanza (la sola MpS potrebbe avere bisogno di quasi la metà del denaro stanziato), nel complesso l’economia dovrebbe giovarne: le banche cominceranno nuovamente a fare prestiti e ciò alimenterà gli investimenti e la spesa in un paese che fondamentalmente non vede crescita economica dall’inizio del secolo, dicono Mark Hallerberg e Christopher Gandrud in un documento pubblicato da Bruegel, un think thank economico di Bruxelles.
La terra dei morti viventi
La morte delle banche italiane viene annunciata da almeno cinque anni. Molti titoli bancari al momento vengono fatti a pezzi in Borsa. Carige ha perso il 22,8% nell’ultimo anno, UniCredit il 49,3% e Intesa San Paolo che segna -0,99% sembra svettare come una divinità dell’Olimpo.
Monte dei Paschi è una delle cosiddette “banche zombie” sotto osservazione. Le banche zombie sono istituti in cui i non-performing loan, o crediti deteriorati, sono abbastanza grandi da renderle insolventi ma abbastanza grandi da lasciar ben poco spazio di manovra per concedere nuovi prestiti. Le banche zombie tendono a essere un peso morto per l’economia italiana, popolata per lo più da piccole e medie imprese, più esposte al rischio e incapaci di ricevere credito. Inoltre le banche italiane rappresentano un peso morto per la loro tendenza ad allocare il capitale in paradisi fiscali o a concedere prestiti solo ad amici e alleati politici.
E una volta sommerse dai crediti deteriorati, le banche mostrano una minore tendenza a prestare capitale, come ha dichiarato la BCE in un rapporto lo scorso anno.
A giudicare dalla performance dei titoli italiani, gli investitori sono molto attenti ai rischi finanziari nel mercato. L’outlook generale per il sistema bancario italiano è tutt’altro che incoraggiante. Secondo dati forniti dal governo, le banche hanno registrato non-performing loan per circa 360 miliardi di euro, quasi l’equivalente del prodotto interno lordo della Colombia.
Il PIL italiano supera di poco i 2.000 miliardi di euro. La maggior parte di questi crediti deteriorati risiede nelle grandi banche commerciali. E la Banca d'Italia dice che la maggior parte del debito cattivo proviene dall’edilizia e dal settore immobiliare.