L’economia dei camorristi
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17 settembre 2016

La camorra è come un'impresa, solo con delle gerarchie diverse. Ed è davvero brava nella gestione del suo business.

Le famiglie criminali napoletane sono davvero tagliate per gli affari.

Un modo semplice per ravvivare una cena noiosa è chiedere agli altri quale sia la migliore serie poliziesca. È “The Wire”, con il suo complesso ritratto della criminalità di Baltimora? O “I Soprano”? O forse “Breaking bad?” Adesso c’è un nuovo pretendente al titolo: “Gomorra”, una serie su delle bande camorriste che gestiscono un impero criminale dalle proprie sedi a Napoli.

“Gomorra” è stata la serie tv italiana più discussa sin dal suo debutto, avvenuto due anni fa. È stata venduta in 50 paesi e questa settimana in America è andato in onda il primo episodio su Sundance TV. La serie è molto più cupa rispetto alle altre tre. I gangster non sono mostri adorabili come Tony Soprano, sono soltanto mostri. È più realistica. L’autore del libro da cui è tratta la serie, Roberto Saviano, si nasconde da quando la camorra lo ha minacciato di morte nel 2006.

Le riprese della serie nei turbolenti quartieri napoletani sono state interrotte dalla violenza locale.

La cosa che più colpisce dei camorristi è la loro bravura negli affari. La camorra ha superato la mafia siciliana diventando la principale organizzazione criminale italiana, in parte grazie alle azioni dello Stato italiano volte a reprimere Cosa nostra dalla metà degli anni ’90. Anche la strategia della Camorra di concentrarsi sulla droga, in particolare sulla cocaina, ha dato dei risultati. Il gruppo gestisce la gran parte del traffico europeo di stupefacenti e controlla il più grande mercato a cielo aperto di stupefacenti del continente, che ha sede a Secondigliano, a nordest di Napoli.

La camorra sembra essere organizzata come una tipica società, con livelli decrescenti di potere.

Al livello più alto vi sono i capi che determinano le strategie e stanziano le risorse, vi è poi un secondo livello di manager intermedi che acquistano il prodotto e lo lavorano, un terzo livello di capi del settore commerciale che coordinano la distribuzione e un quarto livello di venditori di strada che consegnano il prodotto direttamente ai clienti. Il gruppo utilizza tutti i metodi tradizionali di gestione della catena di approvvigionamento. I suoi leader prendono le droghe da tutto il mondo (la cocaina dall’America Latina, l’eroina dall’Afghanistan e l’hashish dal Nord Africa) e si assicurano che vi siano delle alternative in caso di difficoltà.

Fanno diverse cose in modo impeccabile. Siccome opera al di fuori delle limitanti norme italiane sul lavoro, la camorra può muoversi velocemente. Grazie a una rete di alleanze di circa 115 bande, con circa 500 membri per ognuna e numerosi associati, i camorristi possono organizzare rapidamente una forza lavoro delle dimensioni necessarie, oppure passare da un ramo di attività ad un altro in un batter d’occhio. Sono i migliori quando si tratta di rinnovare talenti e idee. Ogni volta che dei capi ostinati si rifiutano di lanciarsi in nuovi mercati, come fecero i vecchi boss della camorra quando negli anni ’80 comparvero le droghe, questi vengono sostituiti da una generazione più giovane.

Paolo Di Lauro, ex boss di uno dei clan più potenti e modello per Don Pietro in “Gomorra”, è senza dubbio uno degli imprenditori più innovativi che l’Italia abbia prodotto negli ultimi anni (dal 2005 è detenuto in una cella d’isolamento presso un carcere di massima sicurezza). Oltre a coordinare il commercio di stupefacenti con la Colombia, ha ideato il riuscito sistema di franchising del gruppo, in cui i distributori sono trattati come imprese responsabili dei propri territori, piuttosto che come semplici dipendenti. Ciò li incentiva a reclutare più persone e a smerciare più prodotti.

La camorra dà una propria interpretazione alle tecniche di gestione standard. I camorristi sono esperti di team-building. Le nuove reclute vengono iniziate con cerimonie quasi religiose. Alle stelle nascenti vengono dati soprannomi accattivanti come Carlucciello ‘o mangiavatt (Carlo il mangiagatti) oppure Urpacchiello (un frustino ricavato da un pene di asino essiccato).

Si prendono cura delle famiglie di coloro che muoiono sul lavoro. I membri della banda che svolgono il ruolo di “sottomarino” inviano soldi e alimenti alle famiglie in lutto durante i venerdì. Gli sforzi del gruppo per la responsabilità sociale d’impresa vengono ripagati. La gente del posto si schiera invariabilmente con i delinquenti durante i raid di polizia, formando barricate umane, lanciando spazzatura addosso alle forze dell’ordine e incendiando le loro auto.

È vero, questa è una responsabilità sociale d’impresa immersa nel sangue, piuttosto che in altro. Saviano stima che le gang siano state responsabili di 3.600 morti tra il 1979 (anno in cui è nato) e il 2006 (quando è stato pubblicato il suo libro). Sono inoltre la causa di un cerchio crescente di devastazione economica. Il traffico di stupefacenti che riempie le loro casse rovina anche delle vite. Napoli, una delle città più belle d’Italia, sarebbe un’attrazione turistica ancora più grande se non fosse per la sua reputazione causata dai crimini violenti.

Anche la camorra paga un prezzo elevato. I soldati di strada vivono vite miserabili e generalmente finiscono morti, feriti o in galera prima di raggiungere la mezza età. Quelli che si trovano in cima vivono costantemente in guardia, temendo di venire uccisi dai rivali o arrestati dalla polizia. Molti di loro si nascondono costantemente, in soffitte o in complessi sotterranei. Il business di Di Lauro ha prodotto un fatturato di 200 milioni di euro l’anno, ma non ha vissuto esattamente alla grande: era un recluso, protetto da sbarre d’acciaio e cancelli sprangati e ha inoltre dovuto passare degli anni in fuga.

Ciononostante, l’organizzazione prospera, in parte perché i compensi sono enormi e in parte perché le alternative sono molto poche. L’economia italiana è rimasta ferma da più di un decennio. Il Paese è al 45° posto nel ranking della Banca Mondiale che monitora la facilità di fare impresa, con il sud Italia che risulta essere un luogo particolarmente ostile per le imprese regolari.

Il 22 agosto, i capi di Stato delle tre principali economie dell’Eurozona (Angela Merkel per la Germania, François Hollande per la Francia and Matteo Renzi per l’Italia) si sono incontrati su un’isola al largo di Napoli per discutere del rilancio del progetto europeo.

Per potere riuscire, qualsiasi piano del genere deve rendere più semplice la creazione di attività regolari; e di conseguenza è molto probabile che il talento nel management mostrato dai camorristi venga finalizzato al lato creativo della distruzione.

Fonte: Economist

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