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24 agosto 2016

Il referendum italiano di novembre potrebbe mettere in moto un meccanismo distruttivo per l'Ue.

L’Europa sembra aver reagito bene al recente shock Brexit, ma adesso all’orizzonte si intravede la possibibilità che l’Italia possa dirigersi fuori dall’eurozona. E ciò dovrebbe essere fonte di grande preoccupazione per i protagonisti della politica europea e mondiale.

Sebbene sia possibile pensare a un’Europa senza il Regno Unito, viene difficile concepire che l’Ue nella sua forma attuale riesca a sopravvivere all’addio dell’Italia, il terzo membro più grande dell’eurozona. Inoltre è difficile immagine che il disfacimento europeo non si trasformi in un evento economico sistemico a livello globale.

La prospettiva che l’Italia potrebbe avvicinarsi a un’uscita dall’Ue entro un anno o due è tutt’altro che campata in aria. Dopo tutto, la performance economica dell’Italia all’interno dell’Unione europea non è stata certamente delle migliori, anzi. A otto anni dalla grande recessione economica del 20008-2009, l’economia italiana è ancora al di sotto dei massimi precedenti il 2008 di circa il 6% e il suo tasso di disoccupazione resta sopra all’11%.

Le stime del Fondo monetario internazionale, secondo cui la debole economia italiana ritornerà ai livelli di produzione del 2008 solo nel 2025, sono ugualmente preoccupanti.

Perché l’economia italiana sta per crollare

L'autunno sta arrivando

Le conseguenze politiche di anni di prestazioni altamente deludenti da parte dell’economia italiana verranno presto messe alla prova alle urne.

A novembre si dovrebbe tenere un referendum su una riforma costituzionale, che si occupa principalmente di una semplificazione del bicameralismo perfetto attualmente in atto. Dato che il primo ministro Matteo Renzi ha promesso di dimettersi qualora il referendum non passasse, le opposizioni lo hanno trasformato in un voto di sfiducia nei confronti del governo.

Un periodo prolungato di incertezza è l’ultima cosa di cui ha bisogno ora l’economia italiana. Il suo sistema bancario è appesantito da crediti deteriorati che ammontano a circa il 18% dei suoi crediti in sospeso e il debito pubblico è cresciuto al 135% del PIL. E nel caso in cui Renzi finisca col perdere il referendum di novembre, ad attendere l’Italia non ci sarebbe altro che incertezza politica.

Gli investitori si preparano all’autunno italiano

Come minimo una vittoria del No al referendum rinforzerebbe il Movimento 5 Stelle, il principale partito populista del paese, che è già quasi sullo stesso livello del Partito Democratico di Renzi, stando ai sondaggi, e che è deciso a portare l’Italia fuori dall’eurozona.

Difficilmente tutto ciò riuscirebbe a instillare fiducia in chi ha depositato i propri soldi nelle banche italiane o nei creditori del debito pubblico del paese.

L'Italia non è la Grecia

Hannibal Hanschke/Reuters

La ragione per cui i leader europei dovrebbe temere un periodo di prolungata incertezza politica in Italia non è solo data dal fatto che l’economia italiana è già molto debole e le banche sono al limite di una crisi conclamata. Semmai il motivo è che l’Italia, a differenza di Grecia, Irlanda e Portogallo, è semplicemente troppo grande per essere salvata attraverso i prestiti del Sistema monetario europeo o attraverso l’acquisto di bond da parte della Banca centrale europea.

In parte l’Italia è troppo grande per essere salvata proprio perché è il terzo mercato di titoli di stato al mondo, con più di 2 mila miliardi di euro in debito pubblico in sospeso. A questo si aggiunge che le banche italiane hanno asset per oltre 4 mila miliardi di euro e circa 360 miliardi di euro in crediti deteriorati. Queste cifre superano di gran lunga i dati corrispondenti degli altri paesi periferici all’interno dell’economia europea.

Alla fine l’Italia potrebbe avere fortuna e Renzi potrebbe vincere il referendum in qualche modo. Se dovesse accadere, si spera che riuscirà a trarre vantaggio dalla finestra di stabilità politica concessagli da un simile risultato. Potrebbe utilizzarla per accelerare sul fronte delle riforme economiche strutturali che sono sono così attese e necessarie per far muovere ancora l’economia italiana.

Senza crescita economica, c’è ben poca speranza che l’Italia riesca a far guarire il suo sistema bancario o a tagliare il suo debito pubblico.

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