In mezzo alle crisi a cascata dell’Europa, l’unico paese stabile del continente ne era il più potente. Era troppo bello per durare.
La Germania avrebbe dovuto essere l’eccezione al futuro distopico descritto da Michel Houellebecq in “Sottomissione”. Ambientato nella Francia del 2022, il romanzo immagina una campagna presidenziale in cui i partiti istituzionali hanno perso l’elettorato e l’estrema destra sta per conquistare l’Eliseo. La violenza terroristica insanguina le strade, con fascisti che si scontrano con salafiti ad ogni angolo e un politico islamico che infine appare come ultimo baluardo contro una presa del potere autoritaria.
Poco prima della sua pubblicazione, Sottomissione sembrava una provocazione oltraggiosa molto lontana dalla realtà. Da quando è stato messo in vendita (è stato pubblicato il 7 gennaio 2015, il giorno in cui degli uomini armati a volto coperto hanno fatto irruzione negli uffici di Charlie Hebdo, uccidendo la maggior parte dei suoi redattori perché avevano osato raffigurare il profeta Maometto), è sembrato essere tutto il contrario.
Oggi, l’economia del continente è in crisi, la destra populista è in ascesa da Atene fino a Oslo e la Gran Bretagna sta precipitando verso un’uscita caotica dall’Unione Europea. In mezzo a tutto questo, la Germania era sembrata l’ultimo baluardo di stabilità del continente.
Le imprese del paese basate sull’esportazione sono in buona forma, i politici centristi tengono le redini del governo e la maggior parte degli elettori sembra aver conservato la propria sudata avversione nei confronti degli esperimenti politici.
Sembrava inoltre che il paese stesse svolgendo un lavoro relativamente buono di integrazione dei nuovi arrivati. Sebbene il rapporto tra nativi tedeschi e gli immigrati turchi nel paese resti teso, nessuna zona del paese ha conosciuto le forti tensioni viste nei sobborghi di Parigi, Londra o Malmö. E nonostante i terroristi abbiano colpito in Francia, Belgio e Danimarca, hanno in qualche modo risparmiato la grande regione in mezzo. Nel complesso, sembrava quindi più probabile che in Germania, più che in qualsiasi altro luogo del continente, l’integrazione degli immigranti potesse riuscire con successo; che persone ordinarie avrebbero acquisito gradualmente un sentimento d’identità davvero multietnico; che, in definitiva, le varie catastrofi predette da Houellebecq sarebbero rimaste immaginarie.
Negli ultimi mesi, la crisi dei rifugiati ha iniziato gradualmente la sensazione che la Germania fosse un’isola di pace in mezzo ad acque sempre più burrascose. L’impegno di Angela Merkel di lasciare aperte le porte del paese a chiunque fosse in fuga dall’Iraq o dalla Siria è presto divenuto malvisto. Dopo che, nel giorno di capodanno, una folla composta principalmente da immigrati aveva derubato e aggredito sessualmente molte donne ad Amburgo e Colonia, il partito di estrema destra Alternativa per la Germania (AfD) era salito alle stelle durante i sondaggi nazionali, andando a ottenere successi da record in importanti elezioni regionali.
Per la prima volta nella sua storia del dopoguerra, un sondaggio nazionale aveva rivelato che la percentuale combinata di sostegno popolare per i maggiori partiti era inferiore al 50%. La logica di base del movimento politico – un’intensa paura degli immigrati, l’indebolimento del centro politico, l’ascesa della destra autoritaria – aveva iniziato a mostrare la sua brutta faccia.
Eppure, la Germania restava, se non una felice eccezione, probabilmente il luogo con più possibilità di trovare una via d’uscita dalla crisi.
Poi è iniziata una serie di attacchi sanguinosi, caotici e confusi. Lo scorso lunedì, in un treno regionale vicino alla città di Würzburg, un diciassettenne afghano ha attaccato i passeggeri con un’ascia, ferendone cinque. Lo scorso venerdì, un ragazzo tedesco di estrazione iraniana è andato fuori controllo in un centro commerciale di Monaco, uccidendo nove persone e ferendone 35.
Domenica mattina, nella città di Reutlingen, un rifugiato siriano ha attaccato i passanti con un machete, uccidendo una donna incinta e ferendo altre due persone. E per concludere, domenica sera, un altro rifugiato siriano ha ferito quindici persone dopo essersi fatto esplodere in un bar di Ansbach, in quello che è stato il primo attentato suicida islamico sul suolo tedesco.
Non vi è praticamente alcun dubbio che gli attacchi faranno il gioco della destra populista. Sin dall’inizio della crisi dei rifugiati, la paura per la sicurezza dei tedeschi è stata il fulcro della resistenza populista alla politica delle Porte aperte della Merkel. Le insinuazioni secondo cui alla cancelliera importi più del destino degli stranieri che della sicurezza dei suoi stessi cittadini è sempre stata l’accusa più viscerale contro di lei.
È per questo che AfD ha ottenuto così tanto supporto quando hanno iniziato a circolare le notizie di aggressioni sessuali perpetuate da rifugiati – alcune vere, altre inventate. Ed è sempre per questo motivo che il partito stia apprezzando il fatto di poter finalmente fare riferimento a una prova concreta a sostegno della sua tesi secondo cui il benvenuto concesso ai rifugiati renda la Germania un bersaglio più facile per i terroristi.
Gli eventi recenti indeboliranno la Merkel anche in un altro modo, che ha a che fare con la complessità del sistema partitico tedesco. Durante il suo mandato come leader del partito tradizionalmente conservatore Unione Cristiano-Democratica di Germania (CDU), e per il dispiacere di molti attivisti di base, la Merkel ha saldamente ancorato il partito nel centro politico. Le lamentele contro la Merkel sono giunte soprattutto dall’Unione Cristiano-Sociale (CSU), che per la maggior parte degli scopi e degli intenti funziona come affiliato bavarese al partito nazionale, sebbene resti formalmente indipendente.
Negli ultimi mesi, alcuni commentatori hanno persino iniziato a chiedersi se la CSU potrebbe rompere ufficialmente con la Merkel in quella che equivarrebbe a una divisione di partito senza precedenti. Questo resta molto improbabile. Eppure, il fatto che tre dei quattro eventi recenti abbiano avuto luogo in Baviera amplificherà la voce di Horst Seehofer, il Primo ministro antistranieri dello stato, e critico più influente all’interno del partito nei confronti della Merkel.
Sta diventando sempre più difficile prevedere come la Merkel sarà in grado di resistere alla pressione. Al momento ci sono due scenari possibili: o devierà verso destra per soddisfare il suo partito, oppure continuerà su questa strada rischiando di venire destituita dai suoi stessi sostenitori. In ogni caso, i giorni del suo dominio apparentemente privo di sforzi sul sistema politico tedesco sono contati. Sta assomigliando sempre più a una reliquia di un passato lontano che ha sfidato la morte politica tramite un’inerzia totale. Ciò che verrà dopo che questa sarà andata incontro al suo inevitabile destino nessuno può saperlo.
Dati questi sviluppi, avrà poca importanza il fatto che alcune delle situazioni sul campo siano più complicate di quelle che appaiono da lontano. Si è scoperto che David Sonboly, il criminale di Monaco, non fosse un islamico, ma piuttosto un sostenitore dell’AfD. Nato a Monaco da genitori iraniani, odiava i musulmani e i “Kanaken”, un termine dispregiativo spesso applicato agli immigrati turchi. Era stato ispirato da Anders Breivik, il neonazista norvegese che uccise 77 persone nel quinto anniversario del suo stesso attacco. Durante la furia dell’assassino, Thomas Salbey, un operaio edile con un forte accento bavarese aveva provato a distrarlo scagliandogli insulti dal suo balcone. “Dovrebbero tagliarti la testa, stronzo”, gridava.
“Fanculo i turchi” aveva urlato il criminale.
“Fanculo i kananen” aveva risposto l’uomo dal balcone.
“Sono tedesco” aveva insistito l’assassino.
Nonostante tali proteste, è andato incontro alla morte con quello che avrà ritenuto essere un affronto finale. Volendo, da ciò che possiamo dire a questo punto, commettere un atto di terrorismo di estrema destra contro gli stranieri, il paese lo ha interpretato come un altro straniero in attacco contro i tedeschi. Per questo motivo le sue vere intenzioni sembrano a malapena cambiare il risultato politico delle sue gesta. Intervistato per un giornale pochi giorni dopo la sua famosa provocazione nei confronti dell’assassino, Salbey ha identificato la vera colpevole della violenza: “La Merkel sta facendo entrare chiunque nel nostro paese. L’unica cosa che dice è: ‘Possiamo farcela. Possiamo farcela’”.
In Sottomissione, ad un certo punto, il narratore prende in giro gli opinionisti benpensanti che paragonano a Cassandra chiunque osi far notare la profondità della crisi politica europea. Come fa notare, dal rapimento di Elena fino al saccheggio di Troia, Cassandra aveva predetto accuratamente il disastro imminente in ogni occasione. “Era un esempio di previsioni pessimistiche continuamente avverate e quindi gli era sembrato che, come i troiani, i giornalisti del centro-sinistra non volessero vedere la verità”.
Houellebecq, è ovvio, incarna non troppo velatamente una Cassandra europea. Finora, si è rivelato essere al livello dell’antica eroina a cui ha reso omaggio. Eppure, è improbabile che la conclusione che immagina si avveri. In Germania, come nell’intera Europa, il grande dibattito su come gestire gli immigranti musulmani sta lentamente giungendo al culmine – e saranno probabilmente gli aspiranti dominatori, non quelli che esortano alla sottomissione, a trionfare. Alla fine, l’unica beneficiaria della recente escalation della tensione sarà l’estrema destra.