Muhammad Alì, più che un semplice pugile
AP Photo/Kurt Strumpf
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Pugile, uomo di spettacolo, mago, comico, eroe del popolo: i tanti volti di Muhammad Alì.

Muhammad Alì è morto venerdì all’età di 74 anni. Anche se verrà ricordato principalmente come uno dei migliori pesi massimi mai visti sul ring, la boxe era solo un aspetto della sua vita. Come ha scritto nella sua autobiografia del 2004, "Con l'anima di una farfalla":

“Vorrei essere ricordato come un uomo che ha vinto tre volte il titolo dei pesi massimi, che era umoristico e che trattava tutti con giustizia. Come un uomo che non disprezzava quelli che si riferivano a lui… che si è levato a difesa delle cose in cui credeva… che ha cercato di unire tutta l’umanità mediante la fede e l’amore. E se questo è troppo, beh, penso almeno di essere ricordato solo per essere un grande boxeur divenuto un leader e un campione del suo popolo. E non mi importa se la gente si dimenticherà di quanto io ero bello”.

Ha vissuto la sua vita danzando attorno ai pugili che provavano ad attaccarlo. Mentre il mondo lo piange, ecco alcune descrizioni che hanno catturato la complessità di Alì.

Lo showman

Muhammad Alì, più che un semplice pugile
AP

La spacconeria di Alì era leggendaria, ma per quelli che lo hanno intervistato, la sua baldanza apriva le porte per comprendere come Alì era all’altezza del grande atleta che si proclamava. Tom Wolfe fece notare in un profilo uscito l’ottobre del 1963 su Esquire che l’essere un showman era una performance costruita con cura:

Cassius [Clay] ti lascia capire in molti modi che il suo gran parlare è una recita. Lo dice in maniera diretta. Lo dice in maniera ambigua con un po’ di “Faresti meglio a non farmi iniziare”. Lo dice ironicamente, e forse inconsciamente, quanto siede in una suite d’hotel da 160 dollari al giorno, a guardare le luci della città, e convince una serie di ragazze newyorkesi alla moda a mettersi in piedi ed essere trattate alla stregua di pane e fagioli, come apostrofate da un cantante di strade di cui nessuno ha mai sentito parlare. Ma è anche vero che adesso ha avuto la visuale alla dalla cima della montagna, come dice il proverbio. È difficile che sia capace di accontentarsi di qualcosa di meno, dal punto di vista psicologico. Ha solo 21 anni, ma la carriera degli ultimi giorni di Cassius Clay sta diventando uno dei casi più intriganti del pugilato americano o dello spettacolo o del simbolismo popolare o di qualsiasi cosa in cui lui in questo momento è realmente coinvolto.

Muhammad Alì, più che un semplice pugile
AP/Gordon Parks

Nel 1966, all’interno del numero di Life di settembre, il fotografo Gordon Parks notò che la recita di Alì non era solo per il pubblico.

In un momento storico in cui veniva chiamato “traditore” per essersi rifiutato di combattere in Vietnam, e definito come un intollerante anti-bianchi per aver dichiarato il suo amore incrollabile verso la gente di colore, la sua spacconeria era una sorta di rassicurazione per Alì stesso:

"Hey, Angelo, avrei potuto battere Jack Johnson ai suoi tempi?"

"Baby, tu avresti potuto battere chiunque in qualsiasi era."

"E quella è la meravigliosa verità, fratello," tagliò corto Rahaman, il suo sparring partner. Quelle domande, quelle risposte. Mi resi conto che significavano per lui più di quanto avessi immaginato.

Muhammad sembrava incoraggiare tutto questo. Spesso mi aveva chiesto “Perché una grande rivista come la vostra vorrebbe una storia su di me? Sono davvero così importante? Le persone vogliono davvero sapere su di me? Si aspettava risposte affermative e le riceveva quasi sempre. Aveva chiaramente bisogno di rassicurazioni contro la cattiva pubblicità che aveva.

Nel 1998, David Remnick scrisse qualcosa di simile sul New Yorker:

Quasi tutti gli scrittori consideravano la magniloquenza di Clay, in prosa e versi, alla stregua dei deliri di un lunatico. Ma non solo Clay sapeva come riempire il taccuino di un reporter, e quindi anche l’arena di un promoter; aveva anche coscienza di sé. La verità (ed era una verità che non condivideva con quasi nessuno) era che sapeva che, nonostante tutta la sua abilità, la sua velocità e scaltrezza, non aveva mai incontrato un combattente come Sonny Liston. In Liston, Clay affrontava un uomo che non sconfiggeva semplicemente i suoi avversari, ma gli faceva male, li danneggiava, li umiliava in k.o. vergognosamente veloci. Liston poteva abbattere un uomo con il suo diretto; non era adatto a danzare; ma allora non lo era neppur Joe Louis. Quando colpiva un uomo nella parte alta dell’addome, sembrava che il guanto fosse insensibile alle manette; era troppo potente per il clinch; niente gli faceva male. Clay era troppo intelligente, aveva guardato troppi filmati, per non saperlo. “Questo perché ho sempre saputo che quel darsi le arie di Clay era un modo di convincere se stesso di poter fare quello che diceva che avrebbe fatto” mi disse Floyd Patterson anni dopo. "Non mi è mai piaciuto tutto quel suo vantarsi. Ci volle molto tempo perché capisse a chi stava parlando Clay. Clay stava parlando con Clay."

Il mago

Muhammad Alì, più che un semplice pugile
AP

Alì era un maestro dell’illusione. Danzava attorno i suoi avversari. Ma era famoso per i suoi trucchi di magia. Nel suo articolo “My Dinner with Ali” del 1989, Davis Miller scrisse:

“Hai mai visto della magia?” [Alì] chiese.

"Tu piace la magia?"

No, da molti anni," dissi.

Si alzò e camminò fino al retro del suo camper, muovendosi meccanicamente. Si spostò affinché lo seguissi. C’era una triste sebbene amabile, nobile qualità nei suoi movimenti.

Fece circa 10 trucchi. Quello che mi colpì maggiormente il mio interesse non aveva bisogno di attrezzi. Era un inganno molto semplice.“Guarda i miei piedi”, disse stando circa a 2 metri e mezzo di distanza, dandomi le spalle e con le braccia perpendicolari ai suoi fianchi. Dopo, anche se aveva davvero dei problemi a camminare, sembrò cominciare a levitare di circa 7 cm dal pavimento. Dopo si voltò verso di me e con la sua voce lenta e forte disse: “Sono un negro cattiiivo” e mi fece il vecchio caro sorriso alla Alì.

David Maraniss, sbalordito dallo spettacolo di magia di Alì, nel 1997 scrisse nel suo profilo sul Washington Post perché la magia era una parte integrante dell’eredità di Alì:

Che sta succedendo qui? In parte è solo Alì che si diverte con dei trucchi di magia che ha performato nel corso di tanti anni per chiunque viene a vederlo. Ma sta anche, come sempre, puntando il dito a qualcosa di più importante. Ha trasferito le sue vecchie abilità pugilistiche e la sua poesia e la sua semplice filosofia a un altro reame, dalle parole alla magia. Il mondo lo vede adesso, un po’ barcollante, un po’ biascicante, mentre invecchia, tremolante e ricorda il grande e meraviglioso e loquace giovane uomo che era una volta. Lui capisce quel contrasto. Ma, sta dicendo, niente è come appare. La vita è sempre una questione di percezione e inganno.”

Poeti e filosofi riflettono su questo e i pugili lo sanno intuitivamente. (Alì mentre si allenava prima dell’incontro con Foreman: “Vieni a prendermi, idiota. Sto danzando! Sto danzando! No, non sono qui, sono lì! Sei fuori, idiota!”)

Quando era Cassius Clay, faceva finta di essere pazzo prima di combattere Sonny Liston perché aveva sentito dire che le uniche persone che avevano spaventato in prigione il grosso e cattivo Sonny erano i pazzi. Facendo il matto, non solo instillava una dose di paura in Liston, ma ne faceva uscire fuori da sé. La vita è un trucco.

Il comico

Muhammad Alì, più che un semplice pugile
Bettmann/Corbis

Il senso dell'umorismo era una parte innegabile del fascino di Alì, specialmente quando diceva la sua sulla società. “La commedia è un modo divertente di essere seri” disse su Esquire. "Il mio modo di scherzare è dire la verità. Quella è la battuta più divertente al mondo”. Ne è un esempio la storia di quando Alì affrontò il razzismo a una cena a Louisville dopo essere tornato con una medaglia d’oro olimpica:

Tornai a Louisville dopo le Olimpiadi con la mia luccicante medaglia d’oro. Andai in un ristorante dove i neri non potevano mangiare. Pensavo di metterli in imbarazzo. Mi sedetti e chiesi da mangiare. Il campione olimpico che indossava la sua medaglia d’oro. Dissero: “Qui non serviamo negri.” Io dissi: “Va bene, io non li mangio.” Ma mi buttarono fuori sulla strada. Allora me ne andai verso il fiume, l’Ohio River, e ci buttai dentro la mia medaglia d’oro.

Il campione della gente

Muhammad Alì, più che un semplice pugile
AP Photo/Ed Kolenovsky

Alì era intensamente consapevole delle ingiustizie ed era franco senza timore senza alcun timore. Il critico cinematografico Roger Ebert ne dà l’esempio quando i due guardarono insieme Rocky II nel 1979:

"Una grande mossa" disse [Alì]. "Un grosso successo. Ha tutti gli ingredienti. Amore, violenza, emozione. L’eccitazione non si spegneva mai."Cosa ne pensi del modo in cui è terminato il combattimento?"Far emergere superiore l’uomo nero” Alì disse, “sarebbe contro gli insegnamenti dell’America. Sono stato così grande nella boxe che hanno dovuto creare un immagine come quella di Rocky, un’immagine bianca sullo schermo, per neutralizzare la mia immagine nel ring. L’America deve avere le sue immagini bianche, non importa dove le prende. Gesù, Wonder Woman, Tarzan e Rocky."

In un saggio del 2009, il presidente Barack Obama ricorda come questa forza rese alla fine Alì “una forza di riconciliazione e pace attorno al mondo”:

Noi ammiriano l’uomo che ha un debole per i bambini, che, mentre visita un ospedale in Philadelphia molti anni fa, prese da parte un ragazzo senza gambe. Guardando il bambino negli occhi, Alì disse: “Non arrenderti. Stanno spedendo uomini nello spazio. Un giorno tu camminerai e farai questo” e andò avanti con il suo famoso Alì Shuffle con il ragazzo che rideva tra le sue braccia.

Noi ammiriamo l’uomo che non ha mai smesso di usare la sua fama per fare del bene: l’uomo che ha aiutato il rilascio di 14 ostaggi americani dall’Iraq nel 1990; che ha viaggiato in Sud Africa per il rilascio dalla prigione di Nelson Mandela; che viaggiato in Afghanistan per aiutare le scuole in difficoltà in qualità di Messaggero di Pace delle Nazioni Unite; e che visita regolarmente i bambini malati e i bambini con disabilità attorno al mondo, dandogli il conforto della sua presenza e l’ispirazione del suo esempio.

E ammiriamo l’uomo che, anche se la sua voce è diventata più tenue e il suo movimento limitato dall’avanzata del morbo di Parkinson, non ha mai perso l’abilità di creare una connessione profonda e significativa con le persone di tutte le età.

Quando gli si chiede perché sia così universalmente amato, alza una mano tremante, con le dita che si allargano, e dice: “È a causa di questo. Sono più umano adesso. È il Dio nella gente che li connette a me.”

Muhammad Alì, più che un semplice pugile
REUTERS / Andreas Meier

La poetessa Maya Angelou scrisse in Muhammad Alì: Through the Eyes of the World che la sua salda dedizione alla moralità era il testamento definitivo della sua grandezza:

Muhammad Alì non era solo Muhammad Alì the il più grande pugile afroamericano; lui apparteneva a tutti. Questo significa che il suo impatto non riconosce nessun continente, nessun linguaggio, nessun colore, nessun oceano. Appartiene a tutti noi, così come Muhammad Alì appartiene a tutti noi. Non era solo quello che diceva e non era solo come lo diceva; era entrambe queste cose, e forse ce n’era una terza, lo spirito di Muhammad Alì, che diceva: "Vola come una farfalla, pungi come un’ape." Voglio dire, come poeta, mi piace! Se non ci avesse messo il suo nome, avrei potuto scegliere di usarla!

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