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Il muro che in via Sonnenallee divideva Berlino in est e ovest è caduto decenni fa. Ma oggi c’è il pericolo che un nuovo muro sorga: la barriera tra due culture.

In quella che è conosciuta localmente come "Arab Street", le donne siriane con il velo selezionano le mandorle verdi e la molokhia, simile a spinaci, di cui hanno bisogno per cucinare stufati e fare ritorno a casa ad Aleppo e Homs. Gli uomini fumano pipe ad acqua negli shisha bar. Una pasticceria pubblicizza specialità da Idlib. In poco più di un anno da quando il primo grande afflusso di richiedenti asilo siriani si è trasferito nella capitale tedesca, gli Arabi hanno sostituito i tedeschi e i turchi.

"Non ho mai visto qualcosa di simile prima", ha detto Mohammed Zamout, 40 anni, manager in un ristorante di pollo dal Libano. Ha vissuto a Berlino per metà della sua vita e ha visto Via Sonnenallee trasformarsi da una fetta di Beirut o Damasco ad una reliquia della Repubblica Democratica Tedesca.

In seguito agli attacchi da parte di estremisti islamici a Parigi e Bruxelles, la collisione tra profughi devoti e i loro ospiti laici ha generato sospetto e diffidenza reciproca. Mentre la scena benigna di Berlino riflette il mix di culture e cucine che si trova nella maggior parte delle grandi città, essa rappresenta anche la sfida per le democrazie liberali dell'Europa del dopoguerra nel bilanciare gli obiettivi strategici e umanitari con le richieste dei loro elettori sempre più inquieti e risentiti.

Un terreno fertile

Mentre gli avversari invocano la chiusura dei confini della Germania dopo che più di 1 milione di rifugiati sono arrivati ​​l'anno scorso, il Cancelliere Angela Merkel ha detto che l'integrazione è la più grande sfida del paese.

Le interviste con i musulmani a Berlino, Bruxelles e Vienna hanno dimostrato come molti non sono in grado di integrarsi, non sono disposti a farlo, o semplicemente non sanno come fare. Alcuni dicono di temere che la loro fede venga indebolita e i loro bambini danneggiati, e ciò ha portato ad una proliferazione di asili islamici in molti luoghi. Altri hanno detto che si sentono in colpa per le azioni violente di pochi. Markus Ziener, un accademico a Berlino il cui amico ha tolto il proprio figlio dalla scuola elementare di Sonnenallee perché li gli altri bambini non parlavano tedesco, ha detto:

"Dobbiamo evitare a tutti i costi la creazione di subculture o ghetti perché, nel peggiore dei casi, questi possono diventare il terreno di coltura ideale per il radicalismo. Sotto un certo punto di vista abbiamo già fallito se guardiamo ad alcune zone di Berlino o altri luoghi."

E' qualcosa che il siriano e richiedente asilo Firas Alshater sta cercando di contrastare. Egli divenne noto come "l'uomo che abbraccia" a Berlino, dopo che un giorno rimase bendato nella piazza centrale occupata di Alexanderplatz con in mano un cartello che diceva che era un rifugiato musulmano e che chiedeva alla gente di abbracciarlo. E molti lo hanno fatto, ha detto lui.

Dimostrazioni di affetto in pubblico

Ciò che è più difficile è convincere i nuovi arrivati dal mondo arabo che l'integrazione non è un compromesso, ma una necessità. Alshater, 25 anni, arrivato in Germania tre anni fa, ad esempio ha detto:

"Molti di coloro che sono venuti qui hanno partecipato ad una rivoluzione a casa propria. Vogliono la libertà e la democrazia, ma contemporaneamente non daranno alla loro gente libertà e democrazia."

Uno dei problemi principali, dicono, i musulmani è che la maggior parte degli imam provenienti da fuori dell'Europa, compreso il Medio Oriente, non parlano la lingua locale e non hanno familiarità con le questioni che i musulmani in Europa affrontano ogni giorno. Passano dal tollerare manifestazioni pubbliche di affetto all’alcool e le droghe, sebbene in una società che dà loro riparo e che dà ai rifugiati adulti uno stipendio mensile di almeno 400 euro.

Hasna Fadl, una donna siriana richiedente asilo, è arrivata a Berlino pochi mesi fa. C'è un aspetto della normale vita europea che essa teme possa influenzare la mentalità di sua figlia di 4 anni. Era in metropolitana un giorno, quando la sua bambina rise e indicò una coppia tedesca che si baciava. Nel suo villaggio fuori Damasco, una scena del genere sarebbe inimmaginabile.

Non avendo nessuno a cui rivolgersi per l’educazione Fadl, 42 anni, le ha insegnato a dire "nicht gut,", che in tedesco significa "non va bene", "ogni volta che vede uomini e donne abbracciarsi."

"Insegnano loro queste cose ovunque, per strada, in televisione, nell’educazione sessuale nelle scuole", ha detto Fadl in un centro sociale di Berlino dove si riunisce con gli altri siriani.

La voce di Allah

Sakina Ali, 45 anni, un’altra rifugiata siriano, pensava di aver trovato una soluzione alla mancanza di muezzin a Berlino, i servitori della moschea che chiamano i fedeli alla preghiera in tutto il mondo musulmano: essa ha scaricato un app apposita sul suo telefonino. Un giorno, in metropolitana, era seduta accanto a un uomo tedesco, la cui musica risuonava attraverso le cuffie. Quando il suo telefono l’ha chiamata alla preghiera, l'uomo si è alzato e l’ha invitata a tacere. «Perché si ha il diritto di ascoltare la musica e non si ha il diritto di ascoltare la parola di Allah?", ha detto Ali mentre sedeva con Fadl sotto un albero presso il centro sociale. "Ero molto arrabbiato."

Hassan Abied, un educatore belga di origine marocchina, ha detto che vede un sacco di giovani alle prese con gli stessi problemi a Bruxelles. Sorseggiando tè marocchino dall'altra parte della strada nel suo appartamento nel quartiere di Schaerbeek, dove sono stati ritrovati materiali per fabbricare bombe, Abied detto che c'è un forte conflitto tra la vita dentro casa e quella fuori.

I giovani gli chiedono se sia un bene essere in scuole miste perché a casa che gli viene detto che i sessi diversi non dovrebbero mescolarsi. Gli chiedono se devono lasciare il tavolo quando un amico ordina alcool, o se le elezioni andrebbero vietate come alcuni chierici dicono. Finiscono poi per rivolgere le proprie domande ad Internet e li hanno maggiori probabilità di incorrere in radicali, ha detto. Sempre Abied ha poi aggiunto:

"Alcuni giovani chiedono se il loro Islam è carente perché non vivono in un paese musulmano e fanno cose che sono in contraddizione con a loro religione. Non c'è dialogo tra i bambini e i loro padri in casa e nelle moschee durante i sermoni si parla solo di preghiera e di digiuno senza affrontare le questioni sociali".

“Queste cose potrebbero essere risolte più facilmente se si spiegasse loro, ad esempio, che Islam che ha radici europee”, ha detto Khalid El Abdaoui, 43 anni, che sta studiando per un dottorato in studi islamici presso l'Università di Vienna, a 400 miglia a sud di Berlino.

Il problema è l'idea che "spaventa molte persone perché pensano che la luce dell'Islam finirà”, ha detto El Abdaoui sorseggiando una cioccolata calda in un caffè nel centro di Vienna, dove un tempo sedevano anche Sigmund Freud e Leon Trotsky. "Altri dicono che si tratti di un complotto americano-ebreo. Questa paura è irrazionale. "

In Austria, dove il governo richiede corsi di orientamento per i rifugiati, l'attenzione è ora sulla necessità di garantire che l'educazione della prima infanzia non favorisca quella nozione e distinzione tra loro-e-noi.

Scuole materne del radicalismo

AP Photo/Christian Bruna

In un recente rapporto del governo finanziato dalla Ednan Aslan, un professore turco-austriaco che si occupa di studi islamici presso l'Università di Vienna, ha dimostrato che ci sono più di 150 asili islamici in città. Alcune delle scuole che ricevono finanziamenti statali indottrinano gli studenti con idee estremiste, come ad esempio considerare gli europei come infedeli, ha detto.

Il problema con gli asili è che l'integrazione è frenata dall’ideologia, ha detto Martin Kienl, un alto funzionario del Ministero per l'Integrazione. La religione può svolgere un ruolo positivo nel ridurre la radicalizzazione, ha detto.

Nato in Austria da genitori egiziani, Ranja Ebrahim, 31 anni, tenta di insegnare ai religiosi e insegnanti musulmani a Vienna che l’Islam può essere compatibile con l'essere un austriaco. Durante una conferenza all'università di Vienna dove sta completando un dottorato in studi islamici egli ha spiegato che

"Non è utile avere questi asili, essi danneggiano solo l'integrazione perché questi ragazzi non entreranno mai a fare parte della comunità austriaca, non impareranno mai la lingua, non accetteranno mai la cultura europea".

Zamout, direttore di un ristorante in via Sonnenallee, ha respinto il confronto con Molenbeek, dicendo che i musulmani in Germania vengono trattati meglio che in altri paesi europei. "Secondo la legge, qui essi sono uguali ai tedeschi", ha detto Zamout. "Non mi sento vittima di alcun razzismo. Mi sento a casa."

Marko Babe, 49 anni, che ha visto di persona il cambiamento di questa strada in più di 25 anni, ha detto che anche se respingere i richiedenti asilo in Germania "è sbagliato", l'emergere di società parallele non è molto positivo per gli affari.

"Ci sono alcune donne di 80 - 90 anni, che hanno persino paura di attraversare via Sonnenallee. Vedono un altro popolo, si sentono a disagio", ha detto Babe. "L’unica soluzione", ha aggiunto, "è l'accettazione da entrambe le parti."

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