5 cose che abbiamo imparato dalle elezioni presidenziali in Austria
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Il risultato delle elezioni presidenziali in Austria non dice molto solo su un paese diviso a metà, ma sulla situazione politica dell’Europa in generale.

Il verde austriaco Alexander Van der Bellen, dopo una rimonta nella corsa alle elezioni presidenziali di domenica, ha raggiunto una vittoria che pochi credevano possibile.

Il risultato finale, annunciato lunedì pomeriggio dopo lo spoglio dei voti per corrispondenza, ha messo Van der Bellen 31.000 voti davanti il suo Norbert Hofer del Partito della Libertà Austriaco ( FPÖ). Van der Bellen ha vinto il 50,3% dei voti, mentre il 49,7% è andato a Hofer.

Con l’Austria al centro della crisi dei rifugiati, la campagna ha attratto un interesse intenso in Europa. Il paese ha accolto più rifugiati pro capite della maggior parte degli altri membri Ue e le politiche dell’immigrazione così come il ruolo dell’Islam sono stati molto prominenti nella campagna.

Hofer, che ha dominato il primo turno, vincendo il 35 % in un campo affolato, sembrava in procinto di vincere le elezioni, un risultato che lo avrebbe reso il primo capo di stato di estrema destra in Europa.

Temendo quel risultato, un’ampia coalizione si è unita dietro a Van der Bellen, finendo con un photo finish in una delle competizioni elettorali più drammatica delle storia europea recente.

Eccp cinque cose che abbiamo imparato da queste elezioni.

1. L’establishment politico dell’Europa del dopoguerra si sta sgretolando

Sopra ogni cosa, il risultato austriaco mostra che i partiti di centro-destra e centro-sinistra che hanno dominato la politica del Continente dalla fine della Seconda Guerra Mondiale sono in ritirata.

I blocchi del Partito Social Democratico e del Partito Popolare Austriaco che hanno assicurato stabilità per decenni stanno perdendo velocemente il loro appeal nella regione. Il primo turno dell’elezione, nel quale i partiti dell’establishment sono finiti agli ultimi posti, ha avuto il valore di un ripudio della loro amministrazione.

Austria, come la Germania, è governata di una grande coalizione, una costellazione che se lasciata al potere troppo a lungo non fa che alimentare il supporto per l’estremismo politico.

2. La polarizzazione è la nuova norma

I giorni paati dei dibattiti politici benedeucati nell’Europa occidentale sono finiti. Gli scambi tra Van der Bellen e Hofer sono stati tra i più caustici nella storia recente.

Con i candidati fuori dal mainstream che cedono sempre di più alla zuffa politica (nel primo turno rientravano sei candidati) il tono del dibattito si è fatto via via più affilato. Anche se gli abitanti dell’Europa dell’est sono famosi per andare alla giugulare (a volte letteralmente), la politica nell’Europa occidentale è stata per la maggior parte seria e compassata. Con l’ascesa di Alternative für Deutschland in Germania e il ritorno della destra in Francia, Olanda e Scandinavia, le cose stanno cambiando.L’Austria sottolinea un aspetto più preoccupante di quel trend: una divisione di classe che si allarga a dismisura.

Mentre i cittadini istruiti hanno supportato Van der Bellen, gli austriaci meno abbienti provenienti dalla classe lavoratrice e dalle campagne hanno appoggiato Hofer. Il paese non ha visto divisioni così nette nel suo elettorato dagli anni ‘30, quando le lotte tra forze di destra e sinistra hanno quasi innescato una guerra civile.

3. I benestanti non sono immuni al richiamo dei populisti

Secondo qualsiasi indicatore oggettivo, l’Austria conta come una delle nazioni più ricche d’Europa e del mondo. La disoccupazione è bassa, rispetto alla maggior parte dei paesi europei, e la crescita è stabile, anche se non spettacolare. Il fatto che il Partito della Libertà abbia comunque raggiunto il successo nel sovvertire la politica del paese mostra che il cuore degli elettori del partito potrebbero non essere ricchi, ma non sono neppure poveri.

Il messaggio del Partito della Libertà è che l’Austria sta andando nella direzione sbagliata. Anche se gli austriaci adesso credono di stare bene, l’Islam, l’Ue e le forze della globalizzazione minacciano di distruggere il loro futuro, avverte il partito.

Mentre altri paesi in Europa registrano confronti simili all’interno delle loro società, è probabile che altri partiti in Europa occidentale saranno influenzati dal Partito della Libertà.

4. I liberal d’Europa potranno pur essere a terra, ma non sono fuori dai giochi

La vittoria con rimonta di Van der Bellen mostra che quando c’è la resa dei conti, le forze liberal del continente pro-Ue possono unirsi e trionfare.

Nel corso del ballottaggio, Van der Bellen ha vinto 1,3 milioni di voti in più che nel primo turno, a indicare che la paura di una vittoria da parte del Partito della Libertà portasse grandi quantità di elettori conservatori nel suo campo. Inoltre, l’affluenza è stata alta, al 73%, con molti elettori che non si erano presentati al primo turno ma che hanno riempito le urne al ballottaggio.

5. La sincerità vende

Amateli od odiateli, una qualità che avevano in comune entrambi i candidati nella corsa alla presidenza era la genuinità. A differenza dei partiti principali, che erano indecisi su una miriade di temi, Van der Bellen e Hofer hanno lasciato pochi dubbi su come la pensavano sugli argomenti chiave del giorno.Van der Bellen non ha mai ritrattato la sua posizione sull’accoglienza dei rifugiati, il suo supporto all’Ue e la convinzione che il trattato di Schengen sia centrale per la stabilità dell’Europa.

Hofer, d’altro canto, ha parlato con uguale chiarezza dell’urgenza di mettere al sicuro i confini dell’Austria e di impedire all’Ue di violare troppo la sovranità austriaca.

Fonte: Politico

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