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L'accordo Europa-Turchia continua.

Mercoledì la Commissione europea proporrà l’esenzione dal visto per i cittadini turchi in Europa, ponendo le basi per un aspro dibattito in merito alla possibilità che l’UE abbia scambiato un principio come espediente per salvare il suo accordo sui migranti con la Turchia.

Salvo delle complicazioni dell’ultimo minuto, la Commissione presenterà una raccomandazione “qualificata” per la liberalizzazione dei visti, hanno dichiarato i funzionari.

Ciò significa che l’approvazione della Commissione è subordinata all’adempimento da parte di Ankara dell’intero elenco dei 72 “parametri” richiesti ai paesi candidati. La Turchia ha rispettato la maggior parte dei criteri, sebbene non tutti, una lista che comprende ogni cosa, a partire dall’introduzione di passaporti biometrici fino al rispetto dei diritti delle minoranze.

La raccomandazione della Commissione, che si è affrettata a completare, è un passo cruciale. La decisione finale in merito alla concessione di esenzione dal visto per i cittadini turchi, prevista per la fine di giugno, spetta ai leader dei paesi membri.

Il punto è se la proposta arriverà mai a tanto.

Gli ostacoli all’accordo tra Unione Europea e Turchia

La repressione del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan contro le critiche sia in patria che all’estero ha rafforzato l’opposizione all’accordo, creando un’improbabile coalizione tra forze di destra e di sinistra che vogliono sabotarla.

Hanno una buona possibilità di farlo nel Parlamento europeo, che deve approvare il piano prima che arrivi ai leader. I recenti attacchi di Erdogan contro i turchi e contro gli oppositori politici e i giornalisti non lasciano all’Europa altra scelta che respingere l’accordo, sostengono gli oppositori.

“Ci sono molte motivazioni per dire di no: il mancato rispetto dei diritti umani, della democrazia, della libertà di espressione, la repressione delle minoranze” ha dichiarato Fabio Massimo Castaldo, deputato del Movimento 5 Stelle, durante un dibattito della scorsa settimana, sostenendo che l’accordo sia “illegale”.

La risposta pubblica della Commissione è stata duplice: per prima cosa, ha dichiarato che non vi sia una valida alternativa all’accordo con la Turchia se l’Europa vuole contrastare il flusso di rifugiati ed evitare che la Grecia diventi un enorme campo profughi; in secondo luogo, pur condannando gli attacchi di Erdogan contro i giornalisti ed altri oppositori, la Commissione sostiene che ignorare la Turchia, come ha fatto l’Europa negli ultimi anni, renderebbe la situazione ancora peggiore.

Frans Timmermans, vice presidente della Commissione, ha domandato giovedì durante un dibattito al Parlamento europeo:

“A cosa ci hanno portato questi anni di non intervento? Cosa hanno fatto questi anni per i diritti umani in Turchia? Per la posizione della stampa in Turchia? Nulla”.

L’argomentazione non è priva di fondamento. Erdogan dovrà fare una serie di scomode concessioni su questioni come i finanziamenti elettorali e il diritto alla privacy per potere siglare l’accordo.

In molti casi, la conformità è negli occhi di chi guarda. Tuttavia, nulla induce a pensare che Bruxelles stia diluendo le condizioni che Ankara deve rispettare, in termini di disposizioni legislative e adozione di norme UE. Se poi Erdogan rispetterà davvero questi standard nella pratica è un altro discorso.

Le recenti iniziative del leader turco contro gli oppositori suggeriscono che non lo farà. I funzionari europei sono rimasti perplessi da quelle che loro chiamano “le provocazioni” di Erdogan.

La principale controparte dell’UE nei negoziati è stato il primo ministro Ahmet Davutoğlu, considerato una voce moderata nel Partito per la giustizia e lo sviluppo di Erdogan. Secondo una teoria, Erdogan starebbe tentando di mostrare la sua volontà di tenere il fronte europeista del partito sotto controllo.

In ogni caso, non ci sono dubbi che alcune iniziative come il raid contro il giornale dell’opposizione Zaman avvenuto a marzo, pochi minuti dopo che il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk aveva lasciato il paese, abbiano lo scopo di inviare il messaggio che Erdogan non ballerà sulle note di Bruxelles.

Sembra che Erdogan abbia provato piacere nel ricordare all’Europa che Bruxelles: “Necessita della Turchia più di quanto la Turchia necessiti dell’Unione Europea”, come ha riferito lo scorso mese.

Questa è in parte una spacconata. Con la cosiddetta via dei Balcani verso il nord Europa effettivamente chiusa, i rifugiati hanno meno motivi per lasciare la Turchia per la Grecia. Se l’accordo tra UE e Turchia dovesse crollare, Ankara affronterebbe inoltre un onere maggiore. Ai sensi dell’accordo, questa riceve aiuti finanziari per affrontare l’afflusso e può inoltre trasferire alcuni rifugiati siriani in Europa.

E mentre la libertà di spostamento è soltanto una delle numerose concessioni che l’Europa ha fatto alla Turchia nel mese di marzo per garantire l’accordo sui rifugiati, è di gran lunga la più significativa.

La Turchia ha negoziato con Bruxelles riguardo alla liberalizzazione dei visti per un po’ di tempo ed era vicina al completamento del processo entro la fine dell’anno, ma Ankara ha temuto che l’accordo potesse deragliare e ha presentato l’argomento durante le discussioni sui rifugiati. L’UE ha acconsentito a regolare la questione entro la fine di giugno, purché la Turchia soddisfi i requisiti.

Per i turchi, la promessa di un ingresso in Europa senza visti è molto più che semplice convenienza. Innanzitutto, è il riconoscimento che la Turchia sia un partner rispettato, una potenza del primo mondo che sta fianco a fianco con l’occidente.

In Europa, davanti a un forte aumento del populismo di destra, i politici dell’establishment osservano l’iniziativa con trepidazione. La preoccupazione è che l’Europa possa vedere un’ondata di richiedenti asilo turchi e di migranti economici. Sebbene l’accordo includa un “freno di emergenza”, consentendo all’UE di sospenderlo, avverrebbe comunque un danno politico.

Il fatto che i leader dell’UE abbiano accettato l’esenzione dai visti di fronte a queste preoccupazioni riflette quanto fosse disperato il blocco, e in particolare la Germania, per ottenere l’assistenza della Turchia.

Adesso, con l’accordo che mostra le aspettative iniziali, i funzionari hanno dichiarato di essere determinati ad andare fino in fondo. Non c’è un piano B.

In privato, i funzionari europei riconoscono il vuoto di credibilità che l’accordo con la Turchia ha creato.

“Non li trasformeremo in una democrazia modello entro mercoledì”, ha dichiarato un funzionario. “Sarà molto difficile”.

Allo stesso tempo, insistono nel sostenere che la crisi non possa essere risolta senza l’aiuto della Turchia.

Alcuni funzionari hanno iniziato a paragonare la crisi dei rifugiati alla crisi del debito dell’eurozona. L’accordo tra UE e Turchia, sostengono, rappresenta lo stesso genere di svolta decisiva dell’impegno del presidente della Banca centrale europea Mario Draghi a fare “qualunque cosa sia necessaria” per salvare l’euro. All’epoca controversa, l’iniziativa di Draghi riuscì a placare i timori degli investitori secondo cui la moneta comune fosse sull’orlo del tracollo.

Da quando l’accordo con la Turchia è entrato in vigore, il numero dei rifugiati arrivati in Grecia è passato dai 10.000 al giorno nello scorso autunno a una somma più gestibile.

“È impressionante”, ha dichiarato il funzionario. “È vero, la Turchia è un partner difficile, ma non ci sono alternative”.

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