L’Unione europea è ancora lontana dalla sua fine
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Da più parti viene pronosticato un cupo avvenire per l’Ue, che secondo molti crollerà sotto il peso di una crisi multisfaccettata. Bisogna crederci?

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Le profezie abbondano di timori sull’economia, orde di rifugiati, terrorismo, populismo, i recinti di filo spinato posti ai confini, il risentimento anti-Germania, il Brexit, la belligeranza della Russia e l’indifferenza americana - e la lista va avanti: tutte cose che smembreranno l’Ue in blocchi regionali più piccoli o, all’estremo, in 28 stati nazione indipendenti.

Ci sono germi di verità in queste storie che parlano della fine dell’Ue: la Gran Bretagna potrebbe votare di uscire dall’Unione in giugno, un altro shock potrebbe spingere la Grecia fuori dall’euro, e i carichi che si accumulano potrebbero aggravare il sentimento anti-Europeo in Germania, il paese più grande e geograficamente centrale nel blocco di 500 milioni di persone e che finora ha ricoperto il ruolo di guardiano del sistema.

Spesso, comunque, le profezie dicono di più riguardo sui pregiudizi e le propensioni dell’industria dei pronostici e l’infatuazione dei media nei confronti della negatività.

Le previsioni multi-scenario - tre scenari nella maggior parte dei casi, mentre un recente esercizio dell’agenzia Ue per la gestione dei confini hanno immaginato sette futuri alternativi possibili - sono destinate a includere l’apocalisse come un’opzione.

Per Roubini Global Economics c’è una probabiltà del 40%che l’Ue non sopravviva nella sua forma attuale fino al 2025 - abbastanza probabile, dato che la Gran Bretagna potrebbe lasciare presto, tentando gli altri paesi di imitarla. Ma ha anche sostenuto che ci sarà una probabilità del 40% che l’Unione finisca con il cavarsela in qualche modo e del 20% che ne possa uscire più unita, attraverso un’eurozona integrata fiscalmente.

Una storia di guerre

Brunello Rosa, il principale autore della previsione di Roubini, ha detto di non essere specializzato nel “vedere tutto nero”, anche se vede un rischio crescente di incidenti come un’uscita da parte della Gran Bretagna, la chiusura dei confini interni, la crisi della leadership tedesca oppure il fallimento nel rianimare l’economia dell’euro da parte della Banca centrale europea.

“Non che tutto stia andando in fumo” ha detto Rosa. “Si tratta di descrivere in maniera abbastanza specifica i canali che potrebbero portare in primo luogo l’Unione europea a essere meno funzionale fino ad arrivare alla potenziale disintegrazione.”

Il problema delle previsioni di che parlano di questa scomparsa è che per far sì che avvenga c’è bisogno che non un uno, ma tutti e 28 i paesi Ue procedano verso la secessione, e che tutti i 19 utilizzatori dell’euro tornino alle loro valute nazionali.

Nemmeno i maggiori detrattori dell’Unione europea si aspettano qualcosa del genere. Una volta sciolti i legami tra di loro, gli stati nazione dovrebbero trovare un modo di organizzare gli affari di un continente che genera un prodotto interno lordo di circa 17 mila miliardi di dollari (15 mila miliardi di euro), poco meno degli Stati Uniti d’America. È ragionevole pensare che troverebbero un accordo intorno a qualcosa di simile all’Unione europea di oggi che, con tutti i suoi problemi, batte le alternative in cui l’Europa ha vissuto nel suo passato frammentato e bellicoso.

Il favore popolare nei confronti dell’euro, del mercato unico e della mobilità interna dell’Unione europea resta soldio; sebbene il 55% degli europei intervistati in novembre abbia detto di non avere fiducia nell’Ue, il 66% ha detto di non avere fiducia nei loro governi nazionali.

Unione Fantasma

Questo lascia aperta la possibilità di quello che Mark Fleming-Williams, analista a Stratfor, una società di consulenza di Austin, Texas specializzata in rischi politici, chiama “Ue fantasma”, ovvero con il blocco che resiste dal punto di vista formale, ma non della funzione.

Fleming-Williams prevede un processo graduale nella prossima decade che porterà a un nocciolo duro i cui punti di riferimento saranno Germania e Francia, con collegamenti che varieranno verso blocchi di paesi in Scandinavia, Europa nord orientale ed Europa centrale. La Gran Bretagna (ipotizzando che resti parte dell’Unione, il che non è così scontato) e l’Irlanda formeranno un tandem, così come Spagna e Portogallo, mentre l’Italia si anniderà dietro le Alpi.

Fleming-Williams ha detto che l’asse Ue Germania-Francia resisterà a tutto questo.

“Ci sono ragioni geopolitiche su perché Germania e Francia devono rimanere legate insieme; e le ragioni geopolitiche sono tre guerre in 70 anni prima del 1945. Non è passato poi così tanto tempo, bisogna prenderlo in considerazione.”

La futurologia con contorno di disastro non è solo un settore privato dell’intrattenimento. Gli scienziati dell’Ue fanno lo stesso, con previsioni che variano dall’Armageddon al nirvana.

C’era un report dal nome “Global Europe 2050”, pubblicato dalla dal dipartimento di ricerca della Commissione europea nel 2012, che andava dalla frammentazione alla stasi al “rinascimento dell’Ue”.

In marzo, mentre i leader dei paesi membri prendono in considerazione l’idea di dare maggiori poteri all’Ue per rispondere alla crisi dei rifugiati, Frontex, l’agenzia europea per la supervisione dei controlli, è passata all’azione, fornendo le sue previsione.

Lo scenario peggiore, “Attrito”, prevede un restringimento dell’Ue e la diminuizione di diritti come la possibilità di spostarsi all’interno senza passaporto nella prossima decade; lo scenario migliore ricorda paesaggi immaginari multilaterali che furono brevemente in voga negli anni ‘90.

Giurare fedeltà all’Ue

Uno studio datato 1999 del think thank interno della Commissione europea annuiva in direzione del futuro idealizzato di un’economia di mercato al contempo sociale e competitiva integrata in un mondo basato sulle regole, ma anche cosciente dei crimini che si consumano oltre confine, del terrorismo e dell’immigrazione senza controlli che sono diventati da allora dei promemoria giornalieri dei lati negativi della globalizzazione.

Anna Michalski, co-autrice di quello studio e ora professoressa associata all’Università di Uppsala in Svezia, ha detto che è facile prendersela con l’Unione Europea perché nessuno di coloro che vi sono nati hanno dovuto giurarle fedeltà.

L’Ue “è stata immaginata, costituita e creata da alcuni leader lungimiranti” ha detto Michalski. “Ovviamente qualcosa che hai creato ti può essere strappato. È più difficile che uno stato nazione potrebbe essere fatto facilmente a pezzi, ma anche quello è possibile.”

La Gran Bretagna può testimoniare riguardo la veridicità dell’ultimo punto, ricordando quando la Scozia nel 2014 tenne un referendum per decidere se separarsi dal Regno Unito. In parecchi scommettono che gli scozzesi favorevoli all’Ue ci riproveranno nuovamente se la Gran Bretagna esce fuori dall’Unione. L’ironia di una situazione simile e della campagna Brexit sarebbe infatti vedere il Regno Unito smantellarsi prima dell’Unione europea.

Alex Salmond, ex capo del Partito Nazionale Scozzese, ha detto martedì a una commissione parlamentare nel Regno Unito:

“Se l’Ue non esistesse già, noi cercheremmo di crearla”.

Fonte: Bloomberg

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