Lunedì, lo stesso giorno in cui i colloqui di pace per la Siria sono ripartiti a Ginevra, il presidente russo Vladimir Putin ha fatto un annuncio che ha sorpreso tutti: ritirerà immediatamente le “principali” forze russe dalla Siria, sei mesi dopo il suo primo intervento nella guerra.
Cosa voleva Putin in Siria e come lo ha ottenuto
Nonostante tutti i discorsi di Putin sulla Siria e i paragoni con la guerra contro i nazisti, i suoi obiettivi sono sempre apparsi abbastanza ristretti:
- Impedire il collasso del leader siriano Bashar al-Assad
- Far acquisire alla Russia un po’ di peso politico sui colloqui di pace
C’è una strana tendenza nell’Occidente a trattare la Russia come una superpotenza che sta risorgendo in una terrificante marcia verso la dominazione globale, ma a Mosca è chiaro che il potere russo è molto più limitato. È spesso indirizzato a mantenere quel poco che resta dell’influenza globale della Russia e questo sembra proprio il caso in Siria.
La Russia ha basi militari in un solo paese al di fuori dell’ex Unione Sovietica e quel paese è la Siria. Militarmente e politicamente, la Siria è il suo punto d’appoggio e d’influenza nel Medio Oriente e, in parte minore, nel Mediterraneo. Così, quando sembrava che
Bashar al-Assad fosse destinato a cadere, Mosca si è disperatamente lanciata in suo aiuto.
E in quello Putin ha avuto successo. L’intervento russo, insieme a un intervento da parte dell’Iran ancora più pesante, ha aiutato Assad a riprendersi abbastanza territori per sopravvivere - anche se per nulla vicino al territorio che Assad spera di conquistare vincendo la guerra.
Quindi la Russia ha dato un mano nella guerra, sebbene sia da notare che la guerra della Siria ha, sin dall’inizio, oscillato tra avanzate dei ribelli e avanzati di Assad. La Siria è in stallo, uno stallo con una significativa presenza esterna, il che significa che i due fronti stanno costantemente intensificado i loro sforzi.
L’intervento della Russia è apparso come qualcosa di radicalmente differente, perché è la Russia. Ma altri paesi - tra cui stati come l’Arabia Saudita e la Turchia che appoggiano i ribelli - sono intervenuti in Siria per anni, facendo oscillare l’esito della guerra da un parte o dall’altra.
Questo per dire nessun intervento (tra cui quello dell’America) è stato abbastanza per risolvere il problema alla radice della guerra in Siria: è in stallo, il che vuol dire che gli scontri continueranno per anni e a danno di tutti, a meno che non ci sia un accordo nato da negoziati per la pace.
Questo ci porta al secondo obiettivo di Putin in Siria: giocare in ruolo nella guerra in Siria abbastanza importante da far ottenere alla Russia un posto al tavolo dei negoziati.
Appena prima che la Russia intervenisse, c’era il forte sentore che la Russia stesse perdendo la sua influenza sul governo siriano, sempre più dominato dalla crescente presenza iraniana a Damasco. In effetti alcuni report suggeriscono che Assad ha persino invitato la Russia a controbattere l’influenza iraniana. Anche se in teoria Russia e Iran sono alleate, entrambe competono per l’influenza nella regione.
Ma adesso nessuno, non a Damasco e non a Ginevra, può negare la Russia è un fattore significativo nella guerra per procura siriana. Deve essere inclusa nei colloqui di pace. La Russia ha il suo posto al tavolo, che può usare per mantenere le sue basi militari in Siria e i suoi contatti di alto livello nell’esercito siriano.
Perché la Russia si vorrebbe ritirare adesso?
Il tempismo della scelta dice questo: i colloqui di pace stanno iniziando di nuovo. E forse per la prima volta in assoluto, i negoziati di pace per la Siria sembrano se non promettenti o anche particolarmente sostenibili, almeno molto meno spacciati.
Questo di deve al fatto che la Siria ha avuto a che fare con un cessate il fuoco di recente, e sebbene ci siano state delle violazioni, e il cessate il fuoco sia molto fragile e potrebbe infrangersi in qualsiasi momento, la violenza degli scontri è diminuita drasticamente.
Ciò ha salvato molte vite, ha permesso l’accesso agli aiuti umanitari in aree altrimenti off limits e ha fatto apparire i colloqui di pace un po’ più reali.
Questo è, per Mosca, un buon momento per fare un passo indietro. La Russia ha raggiunto i suoi obiettivi immediati, quindi vincerebbe poco combattendo di più. Lo status quo va bene a Putin e lo userà come base per i negoziati.
Ma ancora più importante potrebbe essere qui il segnale della Russia alla Siria.
La Russia ha mostrato ancora una volta che ha davvero poca influenza sul regime di Bashar al-Assad, che si è dimostrato inconsciente, spesso provocando lo scontro in momenti in cui non era saggio estrategicamente. Se Mosca vuole congelare lo status quo in Siria, deve convincere Assad a negoziare finalmente in buona fede e non infrangere palesemente il cessate il fuoco.
Putin quindi deve fare di più che semplicemente dire ad Assad di provare a fare pace: deve obbligarlo. La Russia, rimuovendo porzioni significative della sua forza militare in Siria, indebolisce Assad e rende così i negoziati più attraenti. Se non credete che Putin coercirà il suo alleato, prendete in considerazione il fatto che Assad è venuto a conoscenza della decisione di Putin oggi stesso.
La strategia più saggia da parte di Putin, secondo alcuni analisti, sarebbe rimuovere le forze che abbastanza forze da far sentire Assad sotto pressione per negoziare un accordo per la pace, ma tenere abbastanza forze russe in Siria per scoraggiare le forze anti-Assad (Arabia Saudita, USA) di aumentare il livello dello scontro, minacciando implicitamente che la Russia le affronterebbe ad armi pari intervendo nuovamente con nuove truppe. E sembra essere quello che Putin sta facendo.
I costi dell’avventura della Russia in Siria stavano superando i benefici
Vladimir Putin sembra aver dichiarato missione completata in Siria e in effetti c’è del vero in questo: ha raggiunto i suoi immediati, sebbene impliciti, obiettivi in Siria. Ma si tratta di una vittoria superficiale e sotto la superficie ci sono state vere e proprie battute d'arresto.
Putin non è riuscito a raggiungere i suoi due obiettivi dichiarati in Siria: la vittoria militare di Assad e condurre un coalizione globale contro gli estremisti siriani.
Here are Syrian battle lines before the Russian campaign, and today. Don't know if this is "mission accomplished." pic.twitter.com/Z7jZ5txT0H
— DavidKenner (@DavidKenner) March 14, 2016
Una simile coalizione, che Putin cercò di evocare lo scorso anno nel suo primo discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in dieci anni, non avrebbe solo assicurato gli interessi della Russia in Siria ma avrebbe anche terminato l’isolamento della Russia dall’Occidente - un problema molto più costoso per la Russia e molto più importante per Putin di qualsiasi cosa che potrebbe accadere in Siria.
Assad non riesce ancora a vincere in Siria e la Russia è ancora isolata dall’Occidente, che non ha mai risposto alle sue richieste implicite di un grande affare, nel quale l’Occidente accetta il suo aiuto in Siria e perdona le sue azioni in Ucraina. Il suo ritiro dalla Siria adesso (se si verificherà veramente) è allo stesso tempo una dichiarazione di sconfitta quanto di vittoria.
La Siria non ha rappresentato neanche la vittoria politica domestica in cui Putin sperava. Nel 2014 era intervenuto in Ucraina e si rivelò così popolare tra i Russi che la popolarità di Putin andò alle stelle - qualcosa che non era solo un momento positivo per Putin ma che aiutò effettivamente il suo regime a sopravvivere l’opprimente crisi economica.
Ma l’euforia della Russia nei confronti dell’intervento in Ucraina scemerà inevitabilmente e l’economia russa è ancora spazzatura da bruciare, quindi se Putin vuole essere sicuro che del suo governo deve raggiungere un'altra grossa vittoria politica. La Siria non lo sarebbe mai stata. Il supporto pubblico alla guerra era inizialmente basso e, anche se dopo è cresciuto, non è mai stato popolare come contro l’Ucraina. I media di stato, spesso dei buoni indicatori del pensiero del Cremlino, stanno dipingendo la guerra come una vittoria - ma anche come alla sua conclusione.
A fronte di tutti i suoi guai, la Russia è, nel migliore dei casi, tornata alla situazione del 2014: quando il suo alleato Bashar al-Assad non stava né vincendo né perdendo nello stallo in Siria; quando la Russia, con la sua economia che affondava e l'influenza che scemava, era isolata e sanzionata, dall’Occidente; e quando Putin aveva solo una guerra all’estero di cui preoccuparsi. Quella è la linea di fondo a cui la Russia ha voluto tornare così duramente. Ma sembra esserci riuscita.