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Il Regno Unito potrebbe creare una reazione a valanga nell’Unione Europea.

Se David Cameron se ne andrà dal summit dell’Unione Europea, in programma la prossima settimana, portandosi a casa un patto per ridimensionare i termini dell’adesione britannica, molti dei suoi omologhi tireranno un sospiro di sollievo – ed estrarranno dal cassetto le proprie liste dei desideri.

Mentre le forze populiste e antieuropee dilagano in tutto il vecchio continente, la strategia di successo del primo ministro, basata sulle richieste di cambiamento e sulla minaccia di uscire dall’Europa in caso di risposta negativa, ha impressionato i suoi omologhi secondo quanto affermato da due alti funzionari UE. Alcuni considerano il suo approccio come un modello da seguire per patrocinare le proprie cause, hanno dichiarato i funzionari, che hanno chiesto di rimanere nell’anonimato trattandosi di discussioni private.

“Il fatto che David Cameron abbia sollevato una serie di preoccupazioni e che queste preoccupazioni siano tutte state accolte sta creando un precedente politico” ha affermato Vincenzo Scarpetta, analista politico presso il gruppo di esperti Open Europe di Londra.

“La rinegoziazione britannica deve essere vista come un percorso nel lungo periodo: Cameron ha sollevato questioni esistenziali riguardanti il futuro della UE.”

Le fondamenta economiche dell’Europa sono state sbriciolate dalla crisi del debito e oggi oltre un milione di rifugiati sta mettendo a dura prova il suo tessuto sociale, rinfocolando i movimenti populisti da Madrid a Helsinki e instillando un sentimento antieuropeo nei paesi dell’ex blocco sovietico. Tutto ciò farà in modo che, quando Cameron spingerà per un accordo al summit del 18 e 19 febbraio per ridimensionare l’influenza della UE nei confronti del Regno Unito, l’onda d’urto potrebbe ripercuotersi ben più lontano della Manica.

“Tutti gli occhi sono puntati sulla Francia,” ha dichiarato John Springford, ricercatore senior presso il Centre for European Reform di Londra. Le autorità europee si sono premurate di “mandare segnali” alla leader del Front National, Marie Le Pen, e a tutto l’elettorato francese per avvertirli che “questo trucchetto non funzionerà,” perché “se la Francia diventa euroscettica, allora l’intero progetto europeo è spacciato.”

Da un allentamento delle possibilità da parte della UE di interferire con la legiferazione nazionale a una maggiore integrazione a livello di politica economica, i progetti individuali dei paesi membri appaiono polemici e contraddittori. Il paradosso, secondo le autorità europee, è che mentre l’unione sarebbe più forte se il Regno Unito decidesse di restare, qualsiasi tentativo di emulare la strategia di Cameron avrebbe un effetto destabilizzante. Con tutti questi scenari riguardanti la possibile evoluzione europea, i prossimi potrebbero rivelarsi anni difficili per l’unione secondo Kevin Featherstone, docente di politica europea presso la London School of Economics.

“I partiti populisti di Francia, Ungheria e altri paesi avanzerebbero diversi tipi di richieste, così ne verrebbe fuori un’Europa à la carte,” ha dichiarato. Ciò implicherebbe la complessità (o il caos) di riuscire a gestire richieste molto diversificate.”

Ecco una lista di questioni che potrebbero portare a richieste di cambiamento molto più forti a livello europeo.

Italia

Alle prese con un crescente consenso nei confronti dell’euroscettico movimento Cinque Stelle e sotto pressione per via del bilancio, il governo del primo ministro Matteo Renzi mira a rendere più profonda l’integrazione dei paesi dell’eurozona, con una maggior flessibilità sulla spesa pubblica. Una più stretta integrazione potrebbe rendere necessari dei cambiamenti nei trattati UE – qualcosa che, nell’immediato, Cameron sembra non essere riuscito a ottenere con la sua rinegoziazione.

Renzi ha dichiarato questa settimana nel corso di un’intervista a Roma:

“L’Unione Europea è come l’orchestra del Titanic. Oggi abbiamo fatto le riforme e siamo nella posizione di dire ai nostri partner europei: ‘amici, possiamo cambiare questo approccio burocratico sbagliato.’”

Ungheria

Il primo ministro Viktor Orban non vede l’ora di ridurre la vigilanza europea – o, come la ritiene lui, interferenza – sulla politica interna, dalle leggi finanziarie alla forza della democrazia. Nella sua visione l’Unione Europea dovrebbe diventare un’area di libero scambio molto meno regolamentata.

Polonia

Dopo aver trascorso gran parte dell’ultimo decennio sotto la guida di un governo fortemente europeista, alle elezioni dello scorso anno il grande paese dell’Europa orientale ha decretato vincitore il partito conservativo Legge e Giustizia. Il partito verosimilmente si opporrà a qualsiasi tentativo di legare ancor più strettamente tra loro i membri UE, rifiutando ogni approccio verso una politica di difesa comune europea. In futuro potrebbero persino esserci tentativi di sovvertire qualsiasi obbligo legale da parte dei paesi (oltre a Regno Unito e Danimarca) nei confronti dell’adozione dell’euro.

Finlandia

La visione predominante della Finlandia nei confronti dell’Europa è agli antipodi rispetto alle ambizioni dei paesi dell’est. Se la Finlandia volesse spingere sulle riforme, lo farebbe per rafforzare il potere centrale della Commissione Europea al di sopra del processo decisionale intergovernativo. Ciò renderebbe più semplice per la UE punire i paesi che sforano i bilanci, permettendo così ai contribuenti finlandesi di tirare un sospiro di sollievo.

Francia

Marine Le Pen lega a doppio filo l’ostilità verso l’Europa con il sentimento popolare di avversione nei confronti degli stranieri presenti nel paese. Qualsiasi influenza riuscisse a esercitare sulle politiche UE verso la Francia, le conseguenze sarebbero su larga scala. E anche se non ci riuscisse, i leader dei principali partiti transalpini continuano ad accarezzare l’idea di rendere ancor più compatta e unita l’eurozona.

Danimarca

Il partito anti-immigrati della Danimarca ha conquistato oltre un quinto dei voti alle elezioni dell’anno scorso. La visione danese dell’Europa è simile a quella del Regno Unito, e se quest’ultimo dovesse avanzare nuovamente richieste di un maggior controllo sui sussidi ai migranti, i danesi sarebbero al suo fianco.

Spagna

La minaccia del Brexit sta rinvigorendo le speranze dei separatisti, che la considerano una dimostrazione che la UE sta diventando più flessibile. Come riferito dal presidente catalano Carles Puigdemont in un’intervista rilasciata la scorsa settimana a Barcellona, l’accordo di Cameron mostra che l’Unione Europea “ha la capacità di formulare delle proposte in grado di soddisfare la realtà politica.”

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