Una nuova minaccia per il petrolio
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Per buona parte della sua storia, il petrolio si è spostato in una sola direzione: dai paesi in via di sviluppo, dove viene prodotto, alle nazioni industrializzate, dove viene consumato. Questo modello ormai non corrisponde più a verità, e il cambiamento potrebbe generare un’altra forza economica in grado di esercitare pressioni sui prezzi globali del greggio.

Dalla metà del 2014 a oggi i prezzi del petrolio sono crollati in concomitanza con l’eccesso di offerta globale, coi prezzi USA scesi di 1,75 dollari, pari al 5,9%, che martedì hanno raggiunto quota 27,94 dollari al barile al New York Mercantile Exchange.

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, dal 2014 la maggior parte del consumo globale di petrolio è avvenuta nei mercati emergenti.

La domanda da parte dei paesi in via di sviluppo ha rappresentato oltre la metà del 95 milioni di barili consumati su base giornaliera nel quarto trimestre 2015.

Questo cambiamento segna un’inversione di tendenza dopo decenni in cui gli USA e gli altri paesi sviluppati dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico hanno dominato la domanda.

Coi produttori di petrolio di Medio Oriente, America Latina e altre aree geografiche responsabili del consumo della fetta più grande della torta, i prezzi bassi del petrolio potrebbero innescare un circolo vizioso in cui la domanda scende insieme ai prezzi mentre i valori delle esportazioni di questi paesi calano, pesando quindi sulla crescita economica.

Sostiene Richard Soultanian, copresidente della società di consulenze energetiche NUS Consulting Group:

“I mercati emergenti sono mercati ampiamente basati sulle materie prime. Considerando gli enormi stress che stanno affrontando a seguito del crollo globale delle materie prime… è difficile reperire fonti significative di domanda.”

La preoccupazione principale è stata l’indebolimento della crescita economica in Cina, responsabile di una parte consistente della domanda di petrolio nei mercati emergenti. Ma altri consumatori di greggio dei paesi in via di sviluppo stanno facendo passi indietro, nel solco della fiacca crescita globale. In Medio Oriente alcuni paesi hanno tagliato i sussidi a causa della riduzione dei profitti legati al petrolio, provvedimento che potrebbe far calare la domanda interna.

Nel 2015 le economie di Brasile e Russia, entrambi esportatori di petrolio, hanno subito contrazioni e anche i loro consumi di petrolio si sono ridotti. L’inaspettata debolezza della crescita nei paesi emergenti potrebbe rivelarsi uno dei principali ostacoli al rimbalzo dei prezzi del petrolio, sostengono gli analisti.

Per quanto riguarda la produzione, molti analisti prevedono che il surplus di petrolio che ha innescato la diminuzione dei prezzi a metà del 2014 potrebbe allentarsi entro la fine del 2016. Ci si attende per quest’anno un rallentamento della produzione di USA e altre aree geografiche mondiali, che permetterebbe così alle abbondanti scorte di iniziare a ridursi.

Ma numerosi esperti ammettono che quest’anno sia difficile fare ipotesi sulla crescita della domanda. Se i consumi saranno inferiori al previsto a causa della debole crescita economica, in particolar modo nei mercati emergenti, qualsiasi possibile ripresa dei prezzi di mercato del greggio potrebbe essere rinviata al 2017 o persino oltre.

La banca d’investimento ha recentemente tagliato a 800.000 barili al giorno le sue previsioni riguardanti la domanda globale di petrolio nel 2016, il che corrisponderebbe a una crescita dello 0,8%. La cifra è ampiamente inferiore alle previsioni dell’Agenzia Internazionale dell’Energia e della U.S. Energy Information Administration, che si attendono una crescita della domanda pari rispettivamente a 1,2 e 1,4 milioni di barili al giorno.

Tuttavia la crescita della domanda è rallentata negli ultimi mesi, sollevando preoccupazioni sul fatto che i prezzi bassi non siano più in grado di incoraggiare gli acquisti come fecero l’anno scorso, quando i prezzi erano già crollati in modo significativo. I consumi globali sono cresciuti di 800.000 barili al giorno nel quarto trimestre rispetto all’anno precedente, secondo l’AIE, con un crollo del 64% nel tasso di crescita rispetto al terzo trimestre.

Parte del rallentamento verificatosi nel quarto trimestre è imputabile alle temperature miti in USA ed Europa, che hanno limitato i consumi di petrolio per il riscaldamento. Ma l’AIE ha incolpato anche “l’indebolimento delle condizioni macroeconomiche in Cina, Brasile, Russia e altre economie basate sulle materie prime,” si legge nel suo report di gennaio.

A differenza dei paesi sviluppati, in cui i prezzi ridotti dei carburanti incoraggiano gli automobilisti a compiere più viaggi su strada o acquistare veicoli più grossi, i prezzi bassi del greggio non necessariamente si traducono in carburanti più a buon mercato nelle economie emergenti.

Secondo il report AIE, poiché in Arabia Saudita e in altri paesi mediorientali i sussidi che avevano ridotto per i consumatori i prezzi del carburante sono stati tagliati, l’agenzia si aspetta che la domanda di petrolio nella regione crescerà meno velocemente quest’anno. In altri paesi, un indebolimento della valuta ha eroso i risparmi ottenuti dal calo dei prezzi del petrolio.

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