Isis, il sentiero delle munizioni
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Come funziona il sistema con cui lo Stato Islamico si procura le munizioni.

In quanto noto trafficante di armi per i ribelli che combattono l’ISIS nella sua città natale a est della Siria, Abu Ali era certo che i suoi giorni fossero contati quando, un anno fa, due comandanti jihadisti scesero dal loro furgone e si diressero verso di lui.

Restò perplesso quando gli porsero un foglio. “Si leggeva: ‘A questa persona è concesso l’acquisto e la vendita di tutti i tipi di armi all’interno dello Stato Islamico’”, ricorda Abu Ali. “Recava anche il timbro ‘Centro di Mosul’”.

Invece di essere trattenuti o espulsi come avevano temuto, quando lo scorso anno il gruppo jihadista aveva devastato la Siria orientale, molti commercianti del mercato nero come Abu Ali furono corteggiati dallo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (ISIS). Costoro vennero assorbiti in un complesso sistema di domanda e offerta che rifornisce di munizioni il gruppo jihadista più ricco del mondo in un ‘califfato’ auto-proclamato che abbraccia metà della Siria e un terzo dell’Iraq.

Abu Ali che, così come altri che hanno operato nei territori dell’ISIS, ha chiesto di non essere identificato con il suo nome reale, dice:

“Comprano come pazzi. Fanno acquisti ogni giorno: mattina, pomeriggio e notte”.

L’ISIS ha sequestrato l’equivalente di centinaia di milioni di dollari in armi quando si è impadronito della seconda città irachena, Mosul, nell’estate del 2014. Da allora, in ogni battaglia che ha vinto, ha acquisito sempre più materiale. Il suo arsenale include carri armati Abrams fabbricati negli USA, fucili M16, lancia granate MK-19 da 40 mm (confiscati all’esercito iracheno) e cannoni russi M-46 da 130 mm (acquisiti dalle forze siriane).

Ma i commercianti affermano che, nonostante questo, vi è una cosa di cui l’ISIS ha ancora bisogno: munizioni. I più richiesti sono i colpi per i fucili d’assalto kalashnikov, per mitragliatrici di medio calibro e per cannoni antiaerei da 14,5mm e 12,5mm. L’ISIS compra anche lanciarazzi e proiettili per cecchino, ma in minor quantità. È difficile calcolare la somma esatta che costituisce il multimilionario commercio di munizioni dell’ISIS. All’inizio di quest’anno, gli scontri lungo i fronti vicini alla città di Deir Ezzor a est del paese – soltanto uno dei molteplici campi di battaglia dell’ISIS – hanno richiesto ogni mese l’equivalente di almeno 1 milione di dollari in munizioni, secondo le interviste rilasciate dai combattenti e dai commercianti.

Un’offensiva a dicembre della durata di una settimana, avvenuta esclusivamente nelle vicinanze dell’aeroporto, ha richiesto un altro milione di dollari, secondo le loro dichiarazioni.

La necessità delle munizioni da parte dell’ISIS riflette le sue tattiche belliche: il gruppo fa grande affidamento su autobombe, giubbotti esplosivi ed esplosivi improvvisati sia durante le avanzate che nelle ritirate. Ma i frenetici avvenimenti che avvengono nel mezzo – soprattutto con kalashnikov e mitragliatrici montate su autocarri – possono consumare decine di centinaia di proiettili in un solo giorno. I combattenti hanno affermato che i mezzi dotati di munizioni riforniscono diversi fronti ogni giorno. Per garantire tale rifornimento, l’ISIS gestisce una complessa operazione logistica, che i combattenti definiscono essere talmente critica da essere direttamente controllata dal consiglio superiore militare, che è parte della massima autorità del gruppo. In modo simile controlla anche il commercio del petrolio, principale fonte di reddito del gruppo.

Le migliori fonti di munizioni sono i nemici dell’ISIS. La milizia filogovernativa in Iraq vende alcuni rifornimenti ai trafficanti, che a loro volta li vendono ai fornitori dell’ISIS.

E soprattutto, i combattenti dell’ISIS fanno affidamento sui loro rivali nella triplice guerra tra le forze del presidente Bashar al-Assad e i ribelli che combattono per rovesciare sia lui che l’ISIS. Ed è qui che i trafficanti d’armi siriani hanno un ruolo determinante. Quando gli hanno chiesto di unirsi a loro Abu Ali è scappato, ma Abu Omar, un trafficante veterano sui sessant’anni, si è lanciato in tale commercio.

Ha dichiarato Abu Omar:

“Potevamo acquistare dal regime, dagli iracheni, dai ribelli – se potevamo comprare dagli israeliani a loro non importava, purché avessero le armi”.

Parlando al Financial Times mentre manda giù del whisky in un bar della Turchia, racconta il suo anno come trafficante d’armi per l’ISIS. Costui ha abbandonato il commercio ad agosto, ha affermato, dopo aver deciso che l’ISIS fosse “oppressivo”. I comandanti dell’ISIS forniscono dei tesserini identificativi per i commercianti che sono stati approvati ufficialmente da due membri dei settori di sicurezza dell’ISIS. Dopo di ciò, il gruppo impone una clausola di esclusività: i trafficanti d’armi possono muoversi liberamente ed esercitare il loro mestiere – purché l’ISIS sia il loro unico cliente.

Gli oppositori dei jihadisti sono affascinati dall’abilità del gruppo di spostare in fretta enormi quantità di munizioni durante i combattimenti. Nell’Iraq settentrionale, i peshmerga curdi hanno ritrovato documenti dettagliati riguardanti carichi di armi e munizioni in cui si delineavano ordini che erano stati fatti per battaglie appena concluse.

Un funzionario per la sicurezza iracheno, che ha chiesto di non essere menzionato, ha detto:

“In 24 ore le munizioni venivano portate loro tramite un’auto”.

I combattenti e i commercianti devono tale rapidità al sistema di comunicazioni dei jihadisti.

Un “comitato” vagante nominato dal massimo consiglio militare in Iraq si tiene costantemente in contatto con i “centri” di armi di ogni provincia, che a loro volta prendono nota delle richieste degli emiri militari.

A volte gli scambi tra gli emiri e questi “centri” possono essere uditi sulle frequenze di qualche radiotrasmittente dai loro nemici. Dal confine siriano-iracheno, i peshmerga curdi si affollano attorno a un apparecchio sintonizzato su una frequenza crepitante dell’ISIS, mentre i combattenti urlano termini come “kebab”, “chicken tikka” e “insalata”.

“Kebab sta probabilmente per mitragliatrice” afferma Abu Ahmad, un comandante delle forze ribelli della Siria orientale che ha combattuto per l’ISIS fino a quest’estate, quando è fuggito in Turchia. “L’insalata sarebbero le munizioni per i kalashnikov. Ci sono proiettili esplosivi, quelli perforanti – un mix, proprio come lo è l’insalata”, ride.

Abu Omar ha dichiarato che contattava i centri tramite Whatsapp, il servizio di messaggistica. Ogni pochi giorni, il comitato vagante emette un listino dei prezzi che il centro utilizza per i proiettili e le granate, i più richiesti. Il centro di cui Abu Omar ha riferito gli inviava messaggi con tutti gli aggiornamenti sui prezzi. I commercianti affermano che le loro commissioni variavano dal 10 al 20%.

Da quando una coalizione di combattenti sotto tutela americana sta conducendo il gruppo sempre più lontano dal confine turco, i prezzi stanno aumentando, limitando le potenziali rotte del contrabbando, ha dichiarato Abu Ahmad al Financial Times. Un trafficante si è lamentato del fatto che l’ISIS abbia emesso più licenze per incoraggiare la concorrenza e abbassare i prezzi, portando i commercianti d’armi a spintonarsi per ottenere gli stessi accordi. La maggior parte delle munizioni provengono dalla Siria, adesso fonte di armi per l’intera regione. I finanziatori del golfo inviano i loro carichi di munizioni dei gruppi ribelli preferiti oltre il confine turco. I combattenti corrotti ne dirottano alcuni per i negozianti locali; le province di frontiera di Idlib e Aleppo sono adesso diventate il più grande mercato nero del paese, dichiarano i locali.

L’ideologia ha poca importanza dopo cinque anni di guerra, riferisce Abu Ahmad.

“Alcuni (commercianti) addirittura odiano l’ISIS. Ma questo non importa quando si tratta di ricavarne un profitto”.

I commercianti usano una rete di autisti e contrabbandieri per nascondere le munizioni in mezzi che trasportano beni civili come ortaggi e materiali edili. “Ci sono mezzi che vanno avanti e indietro come pazzi. Utilizzano sempre cose che non destino sospetti” dichiara Abu Ahmad. “I camion della benzina vengono utilizzati molto perché tornano dai territori dell’ISIS vuoti”.

Le munizioni provenienti da Mosca e Teheran sono per Assad un’altra importante fonte di armamenti acquistati sul mercato nero, spesso in zone come la Suwayda. Riferisce Abu Omar:

“A loro piacciono i prodotti russi. Comprano anche roba iraniana, ma solo a basso costo”.

In una zona con poche opportunità economiche restanti, fermare il commercio diventa sempre più impegnativo. Ogni volta che un trafficante di armi scappa, molti altri sono alla disperata ricerca di una possibilità di guadagno.

“Oggi tutto ruota attorno al denaro. A nessuno importa chi sei… importa soltanto del dollaro” ha concluso Abu Omar.

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