La visione del mondo dell’Isis contiene una fascinazione per l’approssimarsi della fine dei tempi.
Dal momento in cui lo scorso anno Abu Bakr al-Baghdadi indossò abito e turbante neri, salendo sul pulpito di una moschea irachena e proclamando la propria supremazia sugli 1,6 miliardi di musulmani presenti nel mondo, il leader dello Stato Islamico si è circondato di simboli apocalittici.
Oltre al suo abbigliamento, Baghdadi ha battezzato la pubblicazione in lingua inglese dell’organizzazione con il nome della città siriana dove, secondo la tradizione sunnita, avrà luogo l’armageddon islamico. Molti dei combattenti stranieri arruolatisi nelle file dell’Isis sono stati adescati, dall’autodichiarato califfato di Siria e Iraq, con la promessa di un posto d’onore nel giorno della fine del mondo.
Con gli attacchi di Parigi che stanno radunando le potenze mondiali nella risposta allo Stato Islamico e nel rovesciamento della sua espansione territoriale, anche l’occidente sta giocando il proprio ruolo nella sempre più apocalittica visione del gruppo jihadista e del suo leader.
L’uccisione di almeno 129 persone da parte di militanti legati al gruppo, le bombe esplose a Beirut e Ankara e l’abbattimento di un aereo civile russo sui cieli dell’Egitto mostrano come Baghdadi stia incitando proprio quella risposta che potrebbe determinare un’escalation della sua guerra.
“Tutti gli attacchi fanno parte di una strategia provocatoria,” ha affermato Charlie Winter, studioso di propaganda Isis e nominato recentemente senior research associate presso la Georgia State University. “Così facendo, acquisiscono anche credibilità nelle vesti di organizzazione jihadista.”
Bombardamenti a Raqqa
Gli estremisti hanno dichiarato che il massacro in Francia è stato “solo l’inizio della tempesta” e ora la coalizione contro di loro appare sempre più ampia e determinata.
La Russia e gli Stati Uniti, che in precedenza avevano visioni contrastanti riguardo alla guerra civile siriana, stanno rispondendo all’appello di François Hollande per formare un fronte unito mentre il presidente francese sta inasprendo la campagna di bombardamenti contro Raqqa, la capitale di fatto dell’Isis situata nell’est della Siria. Almeno 33 combattenti dello Stato Islamico sono stati uccisi in tre giorni di raid aerei, riferisce il Syrian Observatory for Human Rights con sede nel Regno Unito.
“L’Isis vorrebbe costruire un califfato, ma al tempo stesso anche innescare un’apocalittica guerra di civiltà,” ha detto Shadi Hamid, membro senior del Center for Middle East Policy della Brookings Institution americana.
Il Messi della moschea
Sotto il comando di Baghdadi, lo Stato Islamico ha cercato di dotarsi di tutti gli orpelli per apparire come uno stato funzionante avente Raqqa come capitale, tra cui anche il conio della propria valuta. Sfruttando la subdola macchina della propaganda per promuovere la costruzione della propria immagine, e contando sul denaro derivante dall’estorsione e dal petrolio illegale, ha eclissato al-Qaeda per trasformarsi nel più ricco e brutale dei gruppi terroristici.
A differenza dell’auto-propagandistico leader di al-Qaeda Osama bin Laden, si sa relativamente poco di Baghdadi il cui vero nome è Ibrahim Awad Ibrahim al-Badri.
Nacque nel 1971 da una famiglia devota nella cittadina irachena di Samarra. I vicini di casa lo ricordano come un adolescente timido, secondo il profilo di William McCants, autore del libro “The ISIS Apocalypse: The History, Strategy and Doomsday Vision of the Islamic State.” Quando era a scuola pregava o studiava il Corano; da qui il soprannome di “Il Credente”.
Alla scuola di calcio della moschea, di cui Baghdadi era la stella, successivamente divenne famoso con il nomignolo “il nostro Messi”, in riferimento all’ex giocatore dell’anno del Barcellona e della nazionale argentina Lionel Messi. I suoi compagni di squadra lo ricordano per il suo dare spesso in escandescenze quando falliva un goal, riferisce McCants.
Il Califfo
Dopo l’invasione in Iraq del 2003 da parte degli USA, Baghdadi contribuì alla fondazione di un gruppo di insorti e trascorse anche un periodo di prigionia presso Camp Bucca, struttura detentiva americana. Successivamente si unì a un’organizzazione ombrello di gruppi jihadisti, guidata da al-Qaeda, che attraverso una serie di trasformazioni assunse infine le sembianze dello Stato Islamico.
Nel percorso di consolidamento della propria posizione all’interno del gruppo, Baghdadi conseguì un dottorato in studi religiosi. Nel giugno 2014 lo Stato Islamico lo presentò come “Califfo Ibrahim”, dopo che i suoi combattenti avevano messo a fuoco e fiamme l’Iraq settentrionale innalzando le loro bandiere nere sopra Mosul.
Nonostante le sue capacità di mantenere unito un gruppo formato da diverse fazioni, la vera domanda è se riuscirà o meno a soddisfare le aspettative dei propri seguaci, ha affermato Matthew Levitt, direttore del programma di controterrorismo presso il Washington Institute for Near East Policy.
“Ogniqualvolta in una religione si professa un culto di tipo apocalittico, più tempo passa senza che le profezie si avverino e più evidente diventa il fatto che tali profezie non si compiranno,” ha dichiarato Levitt.
Alcune fonti riferiscono che Baghdadi indossi una maschera in presenza di chiunque non faccia parte di una ristretta cerchia di devoti. Quella presso la moschea di Mosul è stata sinora la sua unica apparizione. Quel giorno, il suo turbante nero evocò l’immagine di alcuni governanti Abbasidi che, nella Baghdad dell’ottavo secolo, profetizzarono la fine del mondo dopo aver conquistato il potere.
“È considerevole l’attrattività esercitata da questo tipo di persona e dal suo modo di dire ‘ehi, facciamolo, adesso è giunto il nostro momento’,” ha commentato Scott Stewart, vicepresidente del settore di analisi tattica di Stratfor, compagnia di intelligence di Austin (Texas).