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Il successo dello Stato Islamico nel colpire al di fuori del Medio Oriente ha fatto sì che Washington e l'Europa considerino le alternative su come reagire.

Trenta minuti di terrore per le strade di Parigi sembrano essere diventati il catalizzatore per un vasto cambiamento nella politica internazionale, con implicazioni che potrebbero durare anni.

Nel corso dell'ultimo anno, gran parte della messa a fuoco in Occidente era rivolta alla percezione di una crescente minaccia dalla Russia. Il terrorismo era considerato un problema reale ma contenibile. D'altra parte, sembrava essere una minaccia più grave la recente posizione militare aggressiva di Mosca rispetto all'Ucraina e oltre.

Ma con una serie di colpi ben coordinati, lo Stato Islamico ha messo la minaccia del terrorismo nuovamente al centro dell'agenda internazionale.

Invece che rappresentare un nemico dotato di armi nucleari, la Russia si è presentata subito come un partner - con un piano per schiacciare la minaccia senza indugio.

La strategia di Mosca - nel sostenere il regime del presidente siriano Bashar al-Assad, almeno temporaneamente, considerandola il modo migliore per affrontare lo Stato Islamico - è risultata sgradevole agli Stati Uniti e, fino ad ora, alla Francia, il che ha generato le più feroci critiche internazionali di Assad. Le posizioni attuali ora potrebbero cambiare.

Le atrocità di venerdì hanno aumentato drasticamente la posta in gioco geopolitica sulla Siria, dove quasi cinque anni di guerra hanno mandato centinaia di migliaia di rifugiati verso l'Europa. Ora è certo che lì si intensificheranno gli sforzi militari e diplomatici occidentali.

Ciononostante, nelle capitali occidentali, soprattutto a Washington, rimane piccola la voglia di inviare un gran numero di truppe sul terreno siriano, con la memoria fresca delle esperienze in Iraq e Afghanistan.

Sono stati fatti i paragoni con l'11 settembre 2001, data degli attacchi terroristici a New York e Washington, ma le potenze europee non hanno la portata militare degli Stati Uniti; rendendo decisiva la reazione di Washington.

Domenica, nella riunione del G20, il presidente Barack Obama ha promesso di "raddoppiare" la campagna militare guidata dagli USA contro lo Stato Islamico, così come lo sforzo diplomatico per giungere ad una soluzione politica nella guerra in Siria.

Si è notato un recente aumento delle attività tra gli ufficiali della Casa Bianca, tra cui gli attacchi degli Stati Uniti al comando dello Stato Islamico, l'intensificazione della campagna aerea e il dispiegamento di forze speciali in Siria, come anteprima di un approccio più vigoroso. Domenica, gli ufficiali hanno inoltre confermato la consegna, da parte degli Stati Uniti, di una seconda spedizione di munizioni per una coalizione recentemente formata delle forze arabe e curde che combattono lo Stato Islamico.

Gli Stati Uniti hanno anche incrementato le informazioni condivise con la Francia, per aiutare il paese a colpire meglio lo Stato Islamico in Iraq e Siria.

Inoltre, gli ufficiali della Casa Bianca dichiarano che, dopo un incontro in Turchia, Obama e il presidente russo Vladimir Putin hanno accordato un ampio processo per risolvere la guerra in Siria, con un notevole cambio di tono, ad uno meno critico, per quanto riguarda l'azione militare della Russia lì.

Tuttavia, gli ufficiali della Casa Bianca affermano che Obama non è alla ricerca di un cambiamento radicale della strategia degli Stati Uniti. Rimane contrario nell'espandere il coinvolgimento degli Stati Uniti, che prevede possa potenzialmente invischiare il ​​paese in un'altra guerra in Medio Oriente, o nello stabilire una zona di esclusione aerea in Siria, tema su cui hanno fatto pressione alcuni alleati degli Stati Uniti, come la Turchia.

Ben Rhodes, vice consigliere per la sicurezza nazionale, ha detto:

"Noi non crediamo che le truppe Usa siano la risposta al problema. Francamente, è più sostenibile ed efficace avere forze di opposizione sul terreno siriano e alleati in Iraq che sono in grado di riprendere e mantenere questo territorio nelle loro comunità".

Le morti di Parigi hanno confermato la capacità dello Stato Islamico di uscire dalla sua base nelle dure terre di Siria e Iraq per attaccare le grandi potenze. In seguito ai recenti attacchi terroristici di Ankara e Beirut e all'abbattimento di un aereo di linea russo; il tutto attribuito a questo gruppo terroristico ben finanziato.

Il presidente del Comitato di informazione del Senato, Richard Burr (Carolina del Nord) ha detto alla rete televisiva Cbs di sperare che il presidente francese François Hollande invochi il trattato NATO per cercare una nuova coalizione antiterrorismo, come fecero gli Stati Uniti in seguito agli attacchi del 2001.

Burr ha detto:

«Allora forse metteremo insieme una coalizione che potrà attaccare una volta per tutte quest'orribile gruppo terrorista, prima che abbiano la possibilità di effettuare un altro attacco coordinato".

Ha poi suggerito uno scambio di informazioni più intenso e la necessità di una presenza maggiore delle forze speciali statunitensi in Siria.

A seguito di ciò che Hollande ha descritto come un atto di guerra da parte dello Stato Islamico, Parigi si prepara a triplicare il numero dei suoi aerei in Medio Oriente per le operazioni contro i militanti dello Stato Islamico.

Gli ufficiali francesi hanno enunciato che la Charles de Gaulle, portaerei che trasporta 24 aerei, era già pronta per uscire dal porto questa settimana, una tempistica fortuita che gli ha permesso di agire sulle informazioni che stavano sviluppando.

"Di sicuro, ottenendo più informazioni saremo in grado di condurre ulteriori attacchi", ha detto un ufficiale francese.

All'interno dell'Europa, sono prevedibili delle polemiche ulteriori sul tema dell'immigrazione, nonché la reintroduzione, in alcuni luoghi, di controlli sistematici alle frontiere; il che molte persone vedevano già come una cosa del passato.

È anche probabile che causi delle scelte difficili per i governi su fino a che punto ignorare la tipica attenzione europea ai diritti umani e se avranno bisogno di rispondere con una sorveglianza elettronica maggiore o altre tattiche simili, contro le forti opposizioni che sottolineano il diritto alla vita privata delle persone.

Marc Pierini, ex ambasciatore dell'Unione europea in Medio Oriente, ora con l'organizzazione Carnegie Europa, ha dichiarato:

"Sarà molto difficile per i governi occidentali combattere questo tipo di terrorismo, rispettando le nostre preferenze politiche e mantenendo... i nostri valori nativi".

Un’area in cui possa essere necessario effettuare un compromesso scomodo è con la Russia, con la quale i rapporti sono stati logorati dal suo intervento in Ucraina. Alla riunione del Gruppo dei 20 in Turchia, Putin ha esortato l'Occidente nel partecipare a una lotta comune contro il terrorismo internazionale.

Apparentemente, Mosca spera in un accordo in cui la cooperazione sulla Siria porti ad un alleggerimento delle sanzioni occidentali sull'Ucraina. Finora, gli ufficiali europei hanno resistito a tale legame.

"In Siria, la Russia sta combattendo quelli che hanno fatto saltare Parigi e hanno dichiarato guerra all'Europa. È tempo che l'Occidente smetta di criticare Mosca e crei una coalizione comune", ha ribadito Alexei Pushkov, capo della commissione sulle relazioni estere alla Duma, la Camera bassa del Parlamento russo.

Tuttavia, qualsiasi coalizione di fatto con Mosca rafforzerebbe probabilmente il regime di Assad, un passo che alcuni esperti credono possa ritorcersi contro, spingendo in un angolo i musulmani sunniti che gli si oppongono. Assad appartiene alla minoranza alawita, legata agli sciiti.

"Quanto più si sostiene Assad, tanto più si peggiore la posizione dei sunniti, lasciandoli con una sola opzione - supportare Daesh", ha dichiarato François Heisbourg, francese specialista della sicurezza, usando un altro termine per indicare lo Stato Islamico.

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