L’ultimo referendum tenutosi nell’Unione europea ha avuto, per usare un eufemismo, ramificazioni estese. E anche il prossimo potrebbe avere un impatto simile.
Il 4 dicembre, gli italiani saranno chiamati al voto sulla riforma costituzionale presentata dal primo ministro Matteo Renzi, che tra le varie cose vuole limitare il potere del Senato.
Al centro della riforma sta la gestione del paese che si ritrova nel bel mezzo di una crisi del suo sistema bancario, di una stagnazione economica e diverse contese (tanto interne quanto nei confronti dell’UE) legate ai flussi di migranti.
Il destino politico dello stesso Renzi è in bilico, dato che ha promesso di dare le dimissioni qualora venga sconfitto nella consultazione popolare. Questo lo rende il prossimo bersaglio dell’onda populista che ha portata Donald Trump al potere.
1. Cose succederà probabilmente in Italia?
Gli ultimi sondaggi di opinione hanno mostrato gli elettori schierarsi contro la riforma costituzionale di Renzi. Una vittoria del fronte del “No” in vantaggio rappresenterebbe una grossa spinta per il Movimento Cinque Stelle all'opposizione, che ha obiettivi ancora più ambiziosi: un referendum nazionale in cui sull'abbandono della moneta unica da parte dell’Italia.
2. Quali sono le conseguenze di una vittoria del “No”?
Alcuni osservatori prevedono un periodo di turbolenza politica ed economica, in maniera simile a quando Renzi ha preso l’incarico a inizio 2014. Se Renzi si dovesse dimettere, lui o un altro premier potrebbero guidare un governo tecnico fino ad elezioni anticipate, forse nel 2017. Il M5S, che nei sondaggi è alla pari con il Partito Democratico, di sicuro spingerebbe verso nuove elezioni mentre Confindustria dice che l’economia cadrebbe in recessione.
3. Cos’è il Movimento Cinque Stelle?
Fondato nel 2009 come movimento della rete e guidato dal comico Beppe Grillo, il partito è diventato una forza politica di primo piano, con il sui mix di posizioni euro-scettiche simile a quelle di partiti populisti come il National Front in Francia e proposte più progressiste in tema di ambiente. Durante le elezioni amministrative ha vinto nelle città di Roma e Torino.
4. Su cosa si vota esattamente?
Una proposta di riforma secondo la quale il Senato non possa più bloccare la legislazione a tempo indeterminato, venga consultato su un numero minore di questioni e perda il suo potere di far cadere l’esecutivo tramite un voto di sfiducia al governo. Gli attuali 315 senatori elettori sarebbero rimpiazzati da 100 consiglieri e sindaci eletti direttamente o nominati.
A questo si aggiunge l'abolizione del CNEL, l’introduzione del referendum propositivo (con relative modifiche al quorum per leggi di iniziativa popolare) e la modifica del Titolo V.
5. Che risultati spera di ottenere questa riforma?
Renzi ritiene che le modifiche ridurrebbero quell’instabilità che ha portato l’Italia ad avere 63 dopo la Seconda Guerra Mondiale, dimezzando la sua capacità di rispondere alle sfide politiche ed economiche. Una processo legislativo più semplificato potrebbe anche riuscire a riformare la burocrazia da stato bizantino e il sistema giudiziario tormentato dai ritardi per cui è famosa l’Italia.
6. Cosa ne pensa l’opposizione?
Che le riforme di Renzi darebbero ai primi ministri - e a lui, in particolare - troppo potere. L’ex premier Silvio Berlusconi ha dichiarato che le riforme contribuirebbero ad una “svolta autoritaria”.
7. Quali sono i prossimi campi di battaglia per i populisti?
Il 4 dicembre, lo stesso giorno del referendum italiano, l’Austra tiene un elezione per la carica di presidente, una posizione cerimoniale per lo più. Alla fine dell’anno il paese potrebbe anche portare all’elezione del primo premier di estrema destra in paese europea dal Dopoguerra, Norbert Hofer del Freedom Party.
Le elezioni parlamentari del 15 marzo in Olanda saranno un test per Geert Wilders, capo del Freedom Party, che ha posizioni anti-Islam e vuole emulare la Gran Bretagna con un voto sull’adesione all’UE.
Il National Front in Francia avrà un’altra occasione di testare la sua popolarità al secondo turno delle elezioni presidenziali del 7 maggio.
8. Perché i mercati sono preoccupati?
Una sconfitta per Renzi, che ha proposto il voto e inizialmente ha giurato di dimettersi in caso di sconfitta, potrebbe condurre ad elezioni anticipate e a un aumento del supporto per il Movimento Cinque Stelle. Questo partito ha promesso di portare avanti un referendum sulla permanenza dell’Italia dentro l’eurozona.
Alcuni investitori stanno già prevedendo la fine dell’Unione europea, oltre che della moneta unica. “Pensiamo che l’UE si spezzerà e che l’Italia abbandonerà la moneta unica” ha detto Jim Smigiel, gestore di denaro per la statunitense SEI Investments Co. “Fino a poco tempo questo fa tutto questo era impensabile e implausibile, ma adesso stiamo cominciando a vedere mettersi in moto il processo che porterà a tutto questo”.
9. Perché i timori degli investitori sembrano esagerati?
Perché un’uscita dall’euro richiede tempo e negoziazioni complesse. Come ha scoperto la Gran Bretagna dopo il referendum Brexit, non si tratta di un processo così facile e diretto.
“L’idea che l’Italia lascerà l’euro il giorno il giorno dopo il referendum, o anche un po’ dopo, è davvero esagerata” ha detto Antonio Villafranca, dell’Istituto per gli studi di politica internazionale a Milano. Anche se venissero richieste elezioni anticipate dopo la sconfitta di Renzi, le possibilità dei Cinque Stelle di salire al potere dipenderebbero dalle modifiche alla legge elettorale. Vincere le elezioni potrebbe non essere abbastanza, dato che il partito “potrebbe avere difficoltà a trovare alleati per formare una maggioranza parlamentare” ha detto Villafranca. E inoltre ci sono degli impedimenti legali circa l’abbandono dell’Ue.
10. Quali sono gli ostacoli legali?
La Costituzione italiana vieta l'abrogazione dei trattati internazionali tramite una votazione popolare, quindi potrebbe essere necessario un emendamento costituzionale, anche prima di indurre un referendum. Tale modifica richiederebbe una maggioranza dei due terzi tra i due rami del parlamento, e forse ancora un altro referendum solo per spianare la strada all'adesione all'euro. E anche se gli italiani votassero "sì" per uscire dall'eurozona, il risultato potrebbe comunque venir bloccato dalla Corte Costituzionale, una delle corti supreme del paese.
11. Quanto negativa sarebbe la reazione del mercato ad un'uscita dell'euro da parte dell'Italia?
La sola intenzione politica di abbandonare la moneta unica produrrebbe una reazione negativa da parte del mercato, secondo gli economisti di JPMorgan Chase & Co. "Qualsiasi voce credibile circa l'uscita dall'euro causerebbe una fuga di capitali e gravi turbolenze nel mercato, in modo che la pressione del mercato potrebbe costringere i partiti che che sostenevano l'uscita dall'eurozona a rivedere rapidamente i propri piani", hanno detto in una nota gli economisti Gianluca Salford e Marco Protopapa, con sede a Londra.
I mercati stanno mostrando sollecitazioni in vista del referendum del 4 dicembre anche a causa di ciò che esso potrebbe scatenare. Oltre ad un calo dell'euro di più del 3% di questo mese, il livello più basso dal marzo del 2015, il rischio elevato è stato segnalato anche dall'aumeto del rendimenti dei titoli di Stato italiani con scadenza a 10 anni al di sopra del 2% per la prima volta in più di un anno.
12. Gli italiani vogliono lasciare l'euro?
Apparentemente no. Un sondaggio pubblicato il 21 novembre da La Stampa, e realizzato dalla Comunità Media Research e da Intesa Sanpaolo SpA, ha rilevato che solo il 15,2% della popolazione è a favore dell'abbandono della moneta unica, mentre il restante 67,4% si dichiara un vero sostenitore dell'euro.
13. Quindi non c'è nulla di cui preoccuparsi?
Queste sono incognite sconosciute. Quello che è certo è che se Renzi perderà il referendum del mese prossimo, ciò causerebbe delle turbolenze politiche ed economiche. Quale che sia il loro impatto, è tutto da vedere.