Secondo Citi Research, il referendum costituzionale non finirà in tragedia, ma assomiglierà più a una commedia di Shakespeare.
Il referendum in Italia, che secondo alcuni rappresenta uno dei rischi più grandi per l’Europa nel 2016 insieme al Brexit, non è altro che “molto rumore per nulla” secondo gli analisti di Citi Research.
I recenti sviluppi nella politica italiana indicano che il referendum non sia più un evento decisivo per il paese, o il continente, secondo gli analisti di Citi Giada Giani, Guillaume Menuet, Christian Schultz e Antonio Montilla.
Gli italiani andranno alle urne tra il 15 novembre e il 5 dicembre per votare su una serie di modifiche che riguarderanno il funzionamento delle istituzioni in Italia.
Se vince il ‘Sì’, il potere del senato sarà ridotto significativamente e vaste quantità di potere di potere saranno tolte alle regioni per essere ricentralizzate a Roma.
In precedenza il primo ministro Matteo Renzi, che è stato il fattore guida dietro alle riforme proposte, aveva detto che in caso di vittoria del ‘NO’ al referendum si sarebbe dimesso da primo ministro, una mossa che ricorda le dimissioni dell'ex primo ministro britannico David Cameron a seguito del voto a favore del referendum di giugno sul Brexit.
Gli scenari possibili
Ad ogni modo nelle ultime settimane Renzi ha cominciato a fare retromarcia circa quella promessa, dicendo per esempio ai media italiani che non ci saranno elezioni anticipate nel 2017, qualunque sia l’esito del referendum.
In caso di elezioni anticipate è probabile che il governo di Renzi subisca in qualche modo il risultato negativo del referendum.
Ecco cosa accadrebbe secondo Citi Research con la vittoria del ‘No’ contro le riforme di Renzi:
“Niente cambierebbe l’assetto istituzionle dell’Italia e la riforma costituzionale sarebbe accantonata. La complicazione di un Senato regolato da un sistema elettorale proporzionale e da una Camera regolata da un sistema maggioritario dovrebbe comunque essere affrontata per evitare di ritrovarsi un parlamento senza maggioranza assoluta prima del 2018.
Tutto ciò fa sì che le probabilità di elezioni anticipate nel 2017 siano abbastanza basse, secondo noi, anche se l’attuale governo dovesse cadere.
È possibile che anche se il primo ministro Renzi si dimettesse, finirà comunque con l’essere nominato capo di un governo temporaneo anche solo per cambiare la legge elettorale dell’Italicum e accompagnare la transizione del paese fino alle elezioni del 2018. Oppure Renzi potrebbe decidere lo stesso di non dimettersi o di chiedere un voto di fiducia per il suo governo, che sarebbe comunque in grado di ottenere tenuto conto della mancanza di un’alternativa ovvia come primo ministro dentro l’attuale maggioranza parlamentare.”
Dall’altro lato, se dovesse vincere il ‘Sì’ si tratterebbe di un grande passo in avanti per l’Italia, sostiene Citi:
“Con l'approvzione della sua riforma principale tramite referendum, sicuramente la posizione di Renzi nei confronti dei partiti di opposizione e anche contro la minoranza dello stesso PD ne uscirà rafforzata. La riforma potrebbe migliorare la stabilità politica e la capacità di attuare le riforme, sebbene potrebbe ancora presentare dei punti di debolezza da affrontare successivamente. Una vittoria del ‘Sì’ sarebbe benvenuta da parte delle capitali europee e dalla Commissione europea, come un segnale di progresso delle riforme e potrebbe anche far ottenere a Roma una maggiore flessibilità di bilancio (ma non molta, secondo noi).”
Anche se Citi sostiene che un voto a favore ‘No’ non sarà catastrofico per l’Italia, e al contempo Renzi si dice sicuro del proprio successo e di quello del suo governo per quanto riguarda la riforma del senato, l’economista premio Nobel Joseph Stiglitz ritiene che la migliore opzione per la stabilità futura dell’Europa sarebbe di accantonare il referendum.
Al contrario di Citi, secondo l’economista l'opzione migliore secondo sarebbe quella di “rinunciare a questo referendum e ammettere che il Brexit ha portato ad un intero cambiamento nel dibattito sul futuro della democrazia in Europa, e che abbiamo bisogno di riesaminarla in questi termini". Aggiungendo:
"La mia impressione è che per evitare un esito disastroso bisogni fare marcia indietro. In caso contrario andremo verso un altro evento catastrofico."
A prescindere dagli impatti a lungo termine del referendum, Citi nota che i sondaggi recenti nota che la distanza tra ‘Sì’ e ‘No’ è più ristretta che mai, con il ‘No’ che continua a guadagnare terreno.
Qualunque sia il risultato finale del referendum in Italia, ci saranno certamente conseguenze politiche ed economiche, ma non così disatrose come si pensava, se Citi avrà ragione.